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Molfetta in una cronaca del 1880 sulla prima pagina del “Corriere della Sera”
15 giugno 2016

In questi tempi di non esaltante situazione politica locale, offro ai lettori un bel articolo pubblicato sul CORRIERE DELLA SERA il 19 - 20 settembre 1880 n.259, in cui la nostra città viene indicata come esempio di vivacità politica, commerciale, scolastica e civile, ecc. tanto da meritare la pubblicazione in prima pagina. Quanto onore per Molfetta ad appena 20 anni dall’Unità d’Italia. LETTERE MERIDIONALI Molfetta dalla Puglia, settembre. La chiamano la Manchester della Puglia per amore all’iperbole, e davvero la bella città meriterebbe questo nome, se la Puglia fosse Inghilterra. Ma Molfetta è un’eccezione nelle provincie napoletane. Posta a mezza strada fra Barletta e Bari, sopra una delle urbetose spiagge del mondo, ha 25,000 abitanti, gente tenace e industriosa, che sul mare e nelle officine, coltivando il suolo e lavorandone i prodotti, vi porta uno spirito d’intraprese, che non è della nostra razza, una attidudine tutta propria, e una meravigliosa pertinacia. Le maggiori calamità delle provincie meridionali sono l’ozio e l’usura, e Molfetta n’è immune; le altre contrade del mezzogiorno non hanno classi dirigenti, e Molfetta le ha; sono oziose , e incolte altrove, e a Molfetta sono operose e civili. Il buon esempio lo dà anche il clero, non formato da ecclesiastici rozzi e cattivi, ma da buoni preti, molti dei quali insegnano ed educano; preti usciti da quel Seminario, che fino al 1880 fu nelle provincie napoletane il miglior istituto d’istruzione, certo il più liberale, e che ancora è degno della sua fama. La fortuna di Molfetta sta nelle classi dirigenti. Sono i ricchi a capo del movimento economico e morale, promotori di ogni civile iniziativa, solleciti del bene pubblico e del proprio. Il Municipio è modello di buon governo. Ogni sindaco è rammentato per aver fatto del bene alla città; tutti per la rettitudine, e la parsimonia nell’amministrare. Il sindaco Panunzio fè costruire una spaziosa banchina, che aggiunse bellezza alla piazza principale, originariamente bella per il mare, che s’inzinua dentro, e forma un seno, o porto naturale, in cui ormeggia la piccola e intrepida flotta paesana, che fa il cabotaggio con Trieste, con la costaillirica e la dalmata. Il sindaco Fontana, che gli successe, arricchì la campagna di strade vicinali, una campagna ch’è un giardino, e in cui la coltura intensiva raggiunge il suo maggior grado di perfezionamento. Allo stesso Fontana, cittadino di rara attività, è dovuto il primo monumento colossale a Vittorio Emmanuele, eretto dopo la sua morte, Re Vittorio è in piedi, in divisa di generale, col capo scoperto e la mano destra sul cuore. Ci è troppa fierezza di espressione nel volto del gran Re, un certo sforzo di posa, ma nell’insieme il monumento è maestoso, sebbene la base mi sembri piccola rispetto alla statua. Il monumento, ch’è in marmo di Carrara, costò parecchie migliaia di lire, che furon date dal Comune e dai cittadini. Il sindaco attuale, succeduto al Fontana, ha raccolto il frutto dell’opera dei suoi predecessori, avendo il municipio di Molfetta adempiuto a tutto ciò che impone la nuova legge sull’istruzione primaria. Le scuole primarie municipali raccolgono 1600 fanciulli d’ambo i sessi, e sono forse le meglio ordinate della provincia. Buone le scuole tecniche, nelle quali insegna un mio vecchio amico, il Samarelli, autore del Canzioniere edito dallo Zanichelli, elzeviro di azzardi veristi e d’innocenti reminiscenze giovanili.Sopra una popolazione di 25,000 abitanti. 1600 alunni di scuole primarie rappresentano un rapporto raggiunto soltanto in alcune delle principali città dell’Italia superiore. Né sono le sole, seminario, l’istituto Panunzio, l’istituto Salvemini, quelle delle figlie della Carità hanno classi elementari, imperocchè neppure nella colta Molfetta è vinto il pregiudizio, tutto meridionale, delle famiglie ricche ed agiate, di non mandare i figlioli nelle scuole pubbliche. Città industriosa, commerciale ed agricola, chiede l’aiuto del credito. I fratelli Fontana, giovani signori, hanno Banca e scontano a mite interesse; la Cassa di Risparmio, che in pochi anni ha triplicato il suo patrimonio e i cui depositi ascendono a 300,000 lire, sconta all’otto, e provvede principalmente ai bisogni della piccola industria. Essa è amministrata con intelligenza e coscienza, e n’è a capo un altro giovane e bravo signore, Corradino de Dato, di ricca famiglia. V’è anche la succursale di una Banca napoletana. A Bari poi sono le sedi del Banco di Napoli e della Banca Nazionale che aiutano alla loro volta gli arditi industriali di Molfetta. Accanto alla Cassa di risparmio sono due altre istituzioni di previdenza, la società di mutuo soccorso e la Banca popolare. La prima fu fondata non prima del 1875. furono quaranta operai soli che risposero all’invito, loro diretto dagli egregi signori Panunzio e Modugno. Il Panunzio appartiene ad una delle famiglie di molfetta più cospicue per censo e casato; ha copiosa coltura economica; è al corrente dei progressi delle scienze sociali; parla bene e se fosse nella Camera sarebbe uno dei più colti e stimati deputati di parte nostra. Il panunzio dunque ha dato alla Società Operaia, di cui è presidente onorario, così forte impulso, e così savio avviamento, che la Società in quattro anni già conta settecento e più soci, e un capitale di 25,000 lire. Nella statistica del 1876, le società operaie figuravano nel numero di 1262. Di esse soltanto 31 contenevano u numero di soci superiori a quelli, che ha Molfetta, e sole 94 un patrimonio superiore a 20.000 lire; ma nessuna aveva raggiunto così grandi risultati nel termine di quattro anni e quattro mesi. Il Panunzio attribuisce questi risultati a tre cause, cioè l’astensione assoluta dalla politica, che guasta e dissolve tutto; ad un’amministrazione esattissima ed economicissima; e ad una contabilità rigorosa a partita doppia, che permette di veder ogni istante il cammino della società, contabilità, che porta lui stesso, e i cui registri mi mostrò non senza un sentimento di legittimai compiacenza. E Giuseppe Panunzio che non ha quarant’anni, è assessore comunale, deputato provinciale, fondatore altresì della Banca popolare, ed è stato anche vice-pretore del mandamento. Secondo il criterio di queste contrade, egli sentirebbe il dovere di far nulla, perché ricco! Mentre la Società di mutuo soccorso sussidia i soci malati, e pensiona i vecchi e gli inabili al lavoro, la Banca popolare farà il credito ai suoi soci. La Banca è sorta nella Società istessa; i soci di questa sono gli azionisti di quella. Il Panunzio nel promuovere la nuova istituzione ebbe due concetti, quello di rendere accessibile il risparmio e la mutualità, l’altro che i risparmi accumulati presso la Cassa del mutuo soccorso fossero impiegati fra i soci stessi, senza correr troppo presto l’alea delle operazioni di credito. Il Panunzio è il direttore della Banca, che sorge con un capitale sottoscritto di lire 20,000, diviso in mille azioni di lire venti ciascuna, e posseduto da 247 azionisti. La Società di mutuo soccorso, ch’è è azionista alla sua volta, offre alla Banca la propria casa. Presidente effettivo della Società operaia è un bravo operaio, Mauro Mezzina. Vedete le cose utili, che possono compiersi in una di queste città pugliesi, quando si trovano ricchi, che ne danno l’esempio; quando questi ricchi sono virtuosi cittadini, premurosi del bene pubblico, e osservatori del precetto di Cristo: ama il prossimo tuo. Molfetta è al città modella dell’Italia meridionale, né solo la più colta. Ma la più operosa, la ricca per diffusione di ricchezza, e la più benefica. Gl’istituti di beneficenza sono molti e meritano particolare attenzione, il Ricovero di mendicità e l’Ospedale. Ancora uno sforzo della carità cittadina e del municipio, il Rico-mendicanti, in quella guisa che l’Ospedale amministrato con tanta carità e previdenza, raccoglie già tutt’ì malati indigenti. Altri signori amministrano queste Opere Pie, e ricordo tra gli altri il cav. Tommaso Panunzio, uomo di larga, indomata operosità, e il cui spirito industrioso egli, come il Fontana, ha trasmesso nei figlioli, uno dei quali attende al grande stabilimento, che provvede di farina Molfetta, e molti comuni della provincia. Questo giovane, che ha fatto i suoi studi a Trieste, e il quale sentirebbe il dovere di oziare, o di fare il progressista, non isdegna di essere negoziante di farine. Il Fontana, dopo aver fondato un grande opificio per l’estrazione dell’olio di sansa, e dopo aver contribuito a perfezionare gli oli di oliva, tenta un’altra industria, nuova affatto in Terra di bari, la fabbricazione cioè in grande di mattoni e tegole. Egli è instancabile. I suoi numerosi figlioli lavorano con lui, e sono modelli di attività. Uno di essi ha lasciato testè l’esercito e sopraintende ai lavori del nuovo stabilimento, grandioso diretto dal sagace ingegnere Minutilli. Un altro opificio che ha preso uno sviluppo immenso, è quello della ditta Pansini-Gallo, ed è affidato alle cure di Francesco Pansini, uomo di prodigiosa attività. Produce farine, pasta, pane, gallette, biscottini, dolci, olii di oliva e di sanza. Il Pansini impone ai suoi operai di appartenere alla Società operaia. Lo stabilimento Minervini produce farine, quelli de Gioia- Spadavecchia e Boccardi-Milella olio di sanza con applicazione del solfuro. Son tutti molfettesi, e molfettesi del pari i proprietari dei nuovi stabilimenti in costruzione, uno destinato alla fabbricazione delle paste, l’altro alla distillazione degli spiriti. Né si arresterà qui il provvido movimento di espansione. Fra dieci anni vi saranno chi sa quante altre fabbriche. L’esempio paesano già tenta gl’industriali forestieri. Un grande opificio è stato testè a Molfetta da una Società svizzera con la ditta Sulz-Berger e C. bellissimo e diretto altresì dall’ingegnere Minutilli. Lo stabilimento Sulz-Berger produce solfuro di carbonio, ricercatissimo adesso perché distruttore della filossera, sapone ordinario, trovando sul luogo la materia prima, e olio di ricino. Anche lo stabilimento Boccardi-Milella produce solfuro e saponi, che hanno trovato largo sbocco all’estero. Questi sono stabilimenti a vapore. Sarebbe opera ardua tener conto delle numerose piccole fabbriche di acquavite, e dei tanti frantoi e strettoi per la fabbricazione degli olii di oliva, che rappresentano la maggiore entrata dell’agricoltura. Quest’anno vi sarà ricolto straordinario di olive in tutta la Puglia, e specialmente in Terra di Bari. I danni delle recenti grandini sono limitati a poche zone. Molti di questi stabilimenti, conosciuti sotto il nome di trappeti, sono benissimo ordinati, e ricchi dei più recenti meccanismi. Gli oli sono eccellenti e conosciuti nel commercio sotto il nome di olii di Bari, e accreditati molto. Furono premiati nelle due Esposizioni di Vienna e di Parigi quelli dei Capocchiani, del Fontana e di altri. Tutti si tengono onestamente alla larga dalle adulterazioni, perché intendono che l’onestà commerciale è la più accorta delle speculazioni, e basta a trionfare di tutte le imposture. Non chiedono i produttori molfettesi protezione, né invocano stupide misure fiscali; lavorano sempre, e sono onesti. Onoriamo questa popolazione d’inglesi, questa popolazione così tenace, e invitiamo il governo ad affrettare i lavori del porto, per assicurare ai prodotti la grande via del mare. Nell’ultima legge sui porti è compreso quello di Molfetta. Il mare mi rammenta un’altra specialità di questo paese singolare: la sua flotta da pesca, ricca di 170 legni; barche schiacciate come zattere, ad un albero, piantato nel mezzo, e un’immensa leva latina. Ciascuna barca ha un equipaggio di otto marinari. Che audace e forte razza! Pescano in tutto l’Adriatico, penetrano nel mare Egeo, arrivano a Napoli, e provvedono di pesci quasi tutta la Puglia, ora che la ferrovia ha abbreviato le distanze. Razza gagliarda, religiosa, senza bigottismo. La festa della Madonna dei Martiri, che ricorre il giorno 8 settembre, è fatta da loro con tanta originalità di spettacolo, che meriterebbe una descrizione speciale. La Madonna è portata per mare dal santuario nella città. Due barche da pesca, insieme congiunte, sono trasformate in altare. Imbandierate e cariche di devoti, quasi tutti marinari, sono rimorchiate da piccoli battelli. Il mare è solcato da una moltitudine di canotti; tutta la gente è sul lido, sul porto, al punto dello sbarco, alle finestre, alle terrazze, che guardano il mare. Lo spettacolo ha del fantastico, e ricorda le nozze del mare, descritte nelle cronache veneziane. Le barche che portano la Madonna, pagano 60 ducati, ma hanno più fortuna nella pesca, anzi pescano lo storione. Il municipio di Molfetta non ha fatto debiti, ed ha il suo bilancio in pareggio, e non è stato sciolto mai in venti anni. Il potere municipale non è mai caduto nelle mani di cittadini indegni. Vi sono lotte municipali, ma come fra persone che hanno altro da fare. Le istituzioni di beneficenza che sono molte ( ci ha fra gli altri due istituti di sordo-muti di recente fondazione, l’asilo, e un Monte di pegni), non sono sfruttate dagli oziosi. Il quella fortunata città ciascuno è al proprio posto: c’è una gara nelle vie del bene, che non soffre stanchezza o pentimento; gara fra tutti, senza distinzione di classe; e se non manca qualche esempio di egoismo, è previdenziale che ci sia, per l’armonia dei contrasti, e per rammentare agl’iperbolici che non siamo in Inghilterra, ma in Puglia, dove come già dissi, i più ricchi sono i più tapini. Politicamente Molfetta è moderata, come Barletta e Bitonto, due altre grosse città della Puglia, che hanno classi dirigenti e vita propria, per cui hanno virilmente resistito a volgari tracotanza di prefetti senza cervello. Molfetta è rappresentata alla Camera da un suo ottimo cittadino, il Samarelli magistrato integro e galantuomo schietto, Siede a Destra, parla a proposito ed è udito. Se cadde nel 1876, la gran maggioranza dei suoi molfettesi gli restò fedele; gli altri comuni del collegio pagavano il tributo alla mobilità politica, e gli preferirono non so nemmeno chi. Questo era la Molfetta di una volta! L’operosità, l’intraprendenza, il coraggio di cambiare è stato sempre nell’animo dei molfettesi. E’ ora di riflettere, ma anche di agire. L’articolo non è firmato ma sicuramente l’autore, molfettese, riconosceva il progresso in atto comparandolo con altre città meridionali. Ringrazio l’amico Luca de Ceglie per avermi segnalato l’articolo.

Autore: Corrado Pappagallo
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