Una giovane donna con i capelli rossicci e la carnagione pallida, “dolce, timida, tenera e taciturna”, secondo lo scrittore Cingria. L'artista la dipingeva persa nei suoi pensieri, lontana dalla realtà e piena di grazia, nei suoi ritratti ottiene “un effetto armonico equilibrando costantemente l'eccesso di elementi curvi con l'introduzione di lunghe rette verticali e orizzontali. Modigliani assoggetta interamente Jeanne al proprio stile, lui è Jeanne sono in questi quadri una cosa sola”.
Jeanne Hébuterne nei ritratti di Amedeo Modigliani, descritti dallo storico dell'arte Krystof. Stessi protagonisti, prospettiva ribaltata nelle opere in mostra a Bari: Jeanne che ritrae il suo compagno di vita, ma medesima fusione. A sottolinearlo il direttore degli Archivi legali Modigliani di Parigi, Christian Parisot: “di assoluto valore storico artistico anche i lavori della moglie di Modigliani, meno famosa di lui ma egualmente dotata di indiscusso talento”.
La tragica e intensa storia d'amore tra i due, sullo sfondo degli ateliers sparsi sulle due colline, Montmartre e Montparnasse, della Parigi degli anni Venti, indiscutibilmente capitale della pittura d'avanguardia europea, è raccontata dalle opere in mostra al Castello Svevo di Bari, fino al 25 agosto.
L'esposizione comprende 180 lavori tra oli, tempere, disegni provenienti da tutto il mondo, oltre a una eccezionale sezione documentaristica raccolta dall'istituto Archivi Legali Modigliani di Parigi, diretto da Christian Parisot, curatore scientifico della mostra, organizzata da Terraculta onlus, sotto l'alto Patronato della Presidenza della Repubblica e il patrocinio delle Soprintendenze P.S.A.D. e B.A.P.di Barim, degli Enti locali e del Ministero degli esteri e della cultura francesi.
La mostra non vuole essere una retrospettiva di Modigliani, anche se sono esposte alcune sue opere del periodo di studio trascorso a Venezia dove il giovane artista livornese rimarrà alcuni anni, dopo aver trascorso un anno di studi a Firenze, affascinato dall'arte rinascimentale, e prima di trasferirsi nel 1906 a Parigi. È questo periodo a venire maggiormente messo in luce nelle opere in mostra, anni in cui maturò il “vero Modigliani”. Quando arrivò nella capitale francese mancavano soltanto otto anni allo scoppio della prima guerra mondiale, anni che nell'evoluzione artistica europea furono tra i più ricchi di stimoli. Dell'imminente crisi un giovane proveniente dall'Italia poteva notare ben poco, c'erano per lui cose ben più interessanti, la scena artistica si svolgeva a Montmartre ringiovanita da Picasso che, nell'ex fabbrica di pianoforti due anni prima aveva già dipinto “Les Demoiselles de Avignon”. Qui si riunivano tutti gli artisti da Utrillo a Chagall, da Kisling a Soutine, e lo stesso Modigliani non tardò ad inserirsi. “Giovane di bell'aspetto e indiscusso talento, condusse una vita sregolata nei caffè, nei teatri e nei locali da ballo, resi immortali dall'opera di Toulouse-Lautrec”, alla sua figura sono stati attribuiti i convenzionali modelli di vita della bohème.
Nelle ampie sale del castello federiciano, la prima parte della mostra racconta visivamente questo clima: olii su tela, incisioni e disegni tra realismo e cubismo, Andrè Derain, Max Jacob, Gabriel Fournier, Moise Kisling, Auguste Herben, per citarne alcuni. C'è anche un ritratto a penna di Max Jacob realizzato e autografato da Picasso.
In realtà nonostante Modigliani viva nel cuore dell'ambiente artistico parigino e ne conosca i principali fautori, segue un percorso artistico personale ma non ha immediatamente successo ed è talmente povero che può pagare i suoi conti nei leggendari bar all'incrocio dei boulevard Montparnasse e Raspail soltanto con i ritratti dei clienti buttati giù rapidamente.
I ritratti sono al centro della produzione artistica dell'autore, che nella sua breve carriera ha dipinto più di 400 opere. 43 sono i lavori che corredano la mostra di Bari, tra olii, tempere, disegni, acquerelli, inchiostri su carta. “Egli sviluppa nel corso degli anni una serie di tratti stilistici personali, come la forte accentuazione delle linee e delle superfici che questi racchiudono, l'elegante allungamento del corpo e la forma a mandorla degli occhi asimmetricamente resi”. Per citarne solo alcuni: “La giovane Lolotte” proveniente da una collezione privata di Zurigo, tra le opere più quotate dell'autore, un olio su tela del 1918 del valore di tre milioni e cinquecento mila euro, e “Ritratto di donna in nero”, opera scelta come immagine ufficiale della mostra barese, dipinto nello stesso anno e proveniente da Parigi.
All'autonomia stilistica Dedo, chiamato così da Jacob, approdò non con la pittura ma con la scultura, cui si dedicò tra il 1909 e il 1914. In ciò ebbe un ruolo assai importante lo scultore rumeno Bracusi, che viveva da diversi anni a Parigi e che creava sculture simili a idoli. “La forte stilizzazione delle teste, i lunghi colli, i nasi simili a frecce, e gli occhi resi soltanto come profilo si rifanno consapevolmente, nel loro trattamento arcaico, a quelle sculture dei cosiddetti primitivi che in quel periodo erano al centro dell'attenzione dell'avanguardia artistica parigina”, spiega Krystof.
Questi studi scultorei nell'esposizione barese sono rinvenibili in un disegno delle cariatidi, dall'accentuato carattere bozzettistico, dallo stile lineare, dalla superficie pittorica non completamente riempita e dalle forme arrotondate, lontane dalle scelte dei cubisti.
Gli ultimi anni della vita dell'artista sono accompagnati dalla grande storia d'amore con la pittrice diciannovenne Jeanne Hebuterne, di famiglia cattolica piccolo-borghese. Quando conosce Amedeo, se ne innamora perdutamente, anche un artista squattrinato come lui, e per giunta ebreo e malato (sin da giovane era affetto da tubercolosi), non era proprio il marito ideale che i coniugi Hebuterne immaginavano per la propria figlia. E infatti tentarono di ostacolare il matrimonio con ogni mezzo, ma invano. Alla fine Jeanne abbandonò la casa paterna per vivere con Amedeo in una stamberga sulla riva sinistra della Senna, alla Ruche, “l'alveare degli artisti” costruito con il materiale smontato dell'esposizione universale di Gustave Eiffel.
È l'inizio di una bellissima storia d'amore tra due personaggi accomunati non solo dalla passione, ma anche da una comune intuizione artistica, da un comune talento che non ha eguali nella storia dell'arte.
Infatti a Bari, per la prima volta in Italia si potranno ammirare una quindicina di quadri tenuti nascosti per anni in una cantina e ritrovati casualmente dalla figlia della coppia, Jeanne o Giovanna, come la chiamava Amedeo. E' il caso dell' “Autoritratto”, un olio realizzato su cartone nel 1917 e proveniente dalla collezione Wiegersma in Belgio, in cui si possono ammirare i lunghi capelli rossi e la pelle candida che ritroviamo anche nei ritratti eseguiti da Amedeo.
Perfetta come modella per incarnare quel modello di donna primitiva che tanto aveva sedotto Modigliani. Sorprende poi scoprire come anche lei fosse una fine artista, possiamo apprezzarla nella “Donna Bretone”, una guache su cartone firmato sul retro col doppio monogramma J.H. E poi il “Ritratto del fratello”, il “Ritratto del nonno” nel quale evidenzia Parisot “è rinvenibile, almeno osservando le lunghe dita affusolate e il tratto degli occhi, la mano del compagno livornese”. Infine il “Ritratto di Modigliani”, opera del 1919, a pochi mesi dalla tragedia che consumerà la loro storia d'amore e troncherà prematuramente le loro carriere artistiche. Nel ritratto si vede un Modigliani stanco, con il viso appoggiato sulla mano destra, lo sguardo spento e i lineamenti affaticati lontano dall'aria fiera che mostra nelle foto di Jean Cocteau che campeggiano nei pannelli che accompagnano la mostra.
L'epilogo è davvero tragico Modigliani muore il 24 gennaio del 1920 nella “sua Parigi” per complicazioni dovute alla malattia che lo affligge. Jeanne si suicida il giorno successivo, gettandosi dall'abitazione dei genitori portando in grembo un figlio maschio.
La costruzione della leggenda Modigliani cominciò dopo la sua morte. Il valore dei suoi quadri aumenta vertiginosamente. Nonostante non possa essere considerato un vero innovatore del linguaggio ed un elaboratore di nuove espressioni, come in quegli anni furono Picasso, Kandinskji e Mondrian, è riuscito a creare un proprio personalissimo stile.
Michele de Sanctis jr.