Manifesti elettorali, una marmellata senza buon gusto
I settecento candidati al Consiglio Comunale alla ricerca di visibilità
MOLFETTA - Per fortuna in inizio di campagna elettorale abbiamo assistito all'iniziativa mediatica dei cento volti per una Molfetta bella da vivere (e verrebbe da aggiungere, anche da vedere).
Al di là delle posizioni ideologiche e politiche di ciascuno bisogna ammettere che l'idea di collocare sulle plance elettorali quei volti di gente comune e non, è stata originale ed efficace sul piano comunicativo.
Chiunque è stato attratto da quelle facce messe le une accanto alle altre innanzittutto per scoprire di che si trattasse e poi per verificare se fossero di propria conoscenza.
Per non parlare dell'idea di affiancare a ciascun volto slogan che, se messi insieme e tradotti in azione amministrativa, basterebbero da soli a cambiare il volto di questa città.
Per il resto lo squallore più assoluto.
Si va da chi si presenta come paladina della famiglia (anche se a dir la verità è difficile capire che significhi nella realtà svolgere una politica della famiglia) collocando alle sue spalle in maniera patetica e deamicisiana il ritratto della propria famiglia e quello dei propri antenati (un po' alla maniera dei maiores romani), a chi forse non ha il coraggio a presentarsi con il proprio cognome, aggiungendo così quello del marito (non sapendo peraltro che le schede con quel cognome sarebbero tutte invalidate), a chi ha la faccia tosta di presentarsi come paladina della legalità (tanto sono quelle parole che si possono utilizzare ad uso e consumo).
Per non parlare di certi volti in bianco e nero che forse freudianamente vorrebbero ricollocarsi in un passato tradito.
E poi abbiamo assistito a certe pose decisamente improponibili (vero Giancola?).
Che dire, poi, della campagna mediatica di un personaggio che, pensando di essere spiritoso ed originale, ha presentato dieci liste fantasma riempite di slogan tra lo scontato ed il volgare (chiamare il proprio avversario politico con il suo soprannome non è proprio il massimo dello stile).
Dulcis in fundo certe gigantografie dell'”uomo solo al comando”, del deus ex machina, di chi, preso da un delirio di onnipotenza, pensa davvero di aver dato un volto alla città e ha avuto la sfacciataggine (ed usiamo un eufemismo) di trincerarsi dietro il volto di Gaetano Salvemini, lui che si è dimostrato un campione del trasformismo e della capacità di girare come una trottola ed assumere tutte le posizioni politiche a 360°.
Cari politici (si fa per dire) vi chiediamo troppo se la prossima volta ci risparmiate tutti quei manifesti elettorali?
Ce ne vorranno a male le tipografie molfettesi, ma ne trarranno giovamento i nostri occhi e le nostre coscienze.