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Mandala risultante, incontro fra religioni
15 giugno 2008

Non ci pare che Molfetta sia città da grandi – e neppure piccoli – eventi, che offra occasioni a gogò e stimoli e nuovi spunti di rifl essione. La manifestazione “Il Mandala risultante”, organizzata dall'Istituto “Chan Tze Thosam” e da alcune associazioni molfettesi – gli scout dell'Agesci e gli adulti del Masci, l'Associazione Scuola di pace “don Tonino Bello”, la Casa per la Pace e Pax Christi – ha avuto il merito di provare a guardar oltre il nostro orizzonte ristretto, parlando di buddismo, di monachesimo tibetano, addirittura facendone venir qui otto di monaci, provando anche a spingere sul versante dell'incontro fra religioni, visto che tutto si è svolto nei locali dell'oratorio di San Filippo Neri. Ha avuto valore simbolico vedere i monaci, nelle loro caratteristiche vesti arancioni e brune, impegnarsi nella composizione dei disegni del mandala del “Budda della medicina” davanti ad un altare cattolico, sotto lo sguardo attonito di due angeli di cartapesta che più angeli non si poteva, certo non abituati a questo tipo di cerimonie. Un incontro e un rispetto reciproco assai evidente anche nel dialogo che ha aperto la manifestazione fra il Ven. Ghesche Tubthen Namgyal, guida spirituale del centro “Chang Tze Thosam” di Leporino e il teologo mons. Tommaso Amato, con il parroco del Cuore Immacolato di Maria a fare da padrone di casa. Pubblico di curiosi e di interessati al buddismo, forse rimasto deluso dal Ven. Ghesche Tubthen Namgyal che, in estrema sintesi, ha manifestato grande apprezzamento per il cattolicesimo, soprattutto per la sua pratica compassionevole e ha affermato essere inutile chiedersi quale sia la migliore religione da praticare, perché “lo scopo comune di tutte le religioni è di liberare gli esseri senzienti dalla sofferenza e condurli alla felicità; così come non vi è una medicina che guarisca ogni tipo di malattia, così è la maturazione spirituale che porta ad individuare qual è il sentiero migliore per la propria realizzazione”. Ghesche Tubthen Namgyal ha concluso il suo intervento, dopo aver chiarito quali sono i cardini del buddismo, invitando tutti alla pratica, precisando, per non uscire dal seminato, rivolto ai presenti: “Voi quella cattolica, anche perché avete a disposizione delle chiese molto belle, pratica che deve essere condotta in maniera graduale e costante, così da potersi giovare dei risultati”. Chissà, forse mons. Tommaso Amato pensava di dover difendere il proprio orto, tanto da confessare il “disagio a sentirmi rivolgere attenzioni nei confronti della pratica cristiana”, ma poi si è inoltrato sul sentiero della ricerca di elementi comuni, affermando che “buddismo e cristianesimo partono da una realtà simile, come risposta ad un'esigenza dell'uomo, la tensione è la stessa, quella di capire se questa nostra esistenza di sofferenza può trovare uno sbocco felice; il buddismo punta alla rottura del cerchio dell'eterno rinascere, il cristianesimo parla di resurrezione e di vita eterna, ma in fondo si tratta della stessa risposta”. Il clou della manifestazione è stato però la costruzione di un mandala da parte di otto monaci tibetani, ospiti delle associazioni organizzanti e dello stesso Oratorio di San Filippo Neri, e poi la sua distruzione fi nale. I mandala, termine che nel sanscrito signifi ca letteralmente “cerchio”, sono generalmente usati per rappresentare energie spirituali positive. Essenzialmente un mandala è considerato uno spazio sacro e protetto, in cui energie pure ed illuminate vengono rappresentate ed invocate. I mandala possono anche essere considerati come il simbolo della natura purifi cata della coscienza umana e gli elementi purifi cati all'interno dei nostri corpi, della nostra mente e dell'universo. A Molfetta in più di una giornata di lavoro paziente è stato composto il mandala del “Budda della medicina”, con la proprietà di possedere i mezzi per purifi care i corpi e gli ambienti dalle interferenze. Perlomeno al grosso del pubblico, digiuno delle minuzie della pratica buddista, era parso di capire che tutte le sabbie che hanno composto il mandala sarebbero state disperse nel mare di Molfetta, invece non è andata proprio così. Nella cerimonia conclusiva di sabato 19 maggio, dopo la preghiera, accompagnata dai canti e dai suoni di strumenti tibetani, i monaci hanno prelevato appena dei pizzichi di sabbia dai quattro lati del mandala, solo questi sono stati successivamente dispersi nel mare, inciso con uno strumento rituale le quattro porte del cerchio più esterno del disegno e infi ne, con una spazzola, prima sui quattro lati, poi alle diagonali, spazzata la via la sabbia, gesto accompagnato da un ohhhh assieme di dispiacere e di meraviglia del pubblico presente. Dopo, i monaci in disordinata processione si sono recati al tratto di spiaggia della parte terminale del lungomare, fra la curiosità di quelli che erano lì per una passeggiata e avrebbe avuto qualche diffi coltà a collocare il Tibet sull'atlante geografi co. Giornata ideale alla bisogna, mare increspato e vento insistente, c'è voluto davvero poco perchè i granelli fossero trasportati lontano. Il resto della sabbia servita per costruire il mandala è rimasto a disposizione di tutti coloro che sentissero la necessità di purifi carsi, ingerendola. Una purifi cazione che, ha affermato uno dei monaci nel saluto fi nale: “Si estenderà a tutta la comunità di Molfetta”. Ed ognuno sa quanto bisogno ve ne sarebbe.
Autore: Lella Salvemini
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