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Lucia Sgherza parla della poesia di Prévert all'Associazione Eirène di Molfetta
10 marzo 2015
MOLFETTA
– La materia amorosa, la più incandescente della nostra esistenza, costituisce dal punto di vista poetico il più convenzionale dei temi. Nonostante i cambiamenti introdotti nello stile lirico e nei contenuti della poesia del ‘900, l’amore resta senz’altro uno degli argomenti più ricorrenti ed affascinanti che travalica il tempo e lo spazio per rimanere sempre attuale e vivo più che mai. La celebrazione dell’essenza di un sentimento così puro e totalizzante è stato oggetto di discussione durante l’incontro organizzato presso la Parrocchia Madonna della Pace dalla prof.ssa
Lucia Sgherza
, relatrice e presidente dell’Associazione Eirène. Attraverso una vera e propria
lectio magistralis
, l’oratrice ha condotto il pubblico nei meandri della lirica d’amore di
Jacques Prévert
(
Neuilly-sur-Seine
, 4 febbraio 1900 – Omonville-la-Petite, 11 aprile 1977), sommo poeta e sceneggiatore francese. Definito come il poeta della vita immediata, in un mondo oltraggiato dalla guerra e delle barbarie dell’umanità, trova spazio per scrivere componimenti controcorrente che si svincolano ferocemente dalla rigidità legata allo schema metrico e all’utilizzo della rima, tipici dell’800 e che invece incontrano la semplicità di espressione che a volte, ad un lettore superficiale, può sembrare sfiorare la banalità. Dal gioco attento dell'intelligenza al controllo della sensibilità, dall'uso scanzonato dell'ironia ai toni duri del motivo polemico, partecipa in modo sentimentale ai climi poetici del suo tempo con una rigorosa obbedienza ad un
simbolismo
di alta scuola francese, sempre però alla ricerca di un ritmo che non si discosti mai dal
linguaggio
comune.
Difatti – come ha ricordato la prof.ssa Sgherza - la sua «
è una poesia scritta per essere detta e quindi più parlata che scritta, fatta per entrare a far parte della nostra vita
». Una produzione poetica venuta alla luce sotto l’influenza del Surrealismo e modificatasi poi nel corso degli anni con una ricchezza di ritmi interni e giochi di parole che rispecchiano la personalità di questo grande maestro francese. Da una attenta analisi di alcune delle poesie di Prévert, ciò che viene fuori con prepotenza è il concetto di amore come unica fonte di salvezza per il mondo, un amore sognato, respinto, minacciato, votato al ricordo, sventurato, implorato, sofferto, tradito ma alla fine sempre ricercato: una gioia che coincide con la nascita e con la vita.
Come uno dei massimi esponenti dell’avanguardismo del Novecento, anche Prévert rifiuta la realtà falsa e cruda e il finto perbenismo sociale fatto di valori imposti da rispettare e abbraccia invece l’idea di una possibile libertà di espressione, raggiungibile solo ed esclusivamente attraverso il canale preferenziale dell’arte intesa come emotività e stato d’animo intimo e profondo dell’artista. Per questa ragione sfodera la sua
ars poetica
contro la borghesia del tempo, quasi fosse una lama tagliente puntata contro una società incapace di reagire al grido di dolore e sofferenza di una umanità ormai decaduta.
All’uomo che diventa una marionetta al servizio della produzione all’interno della catena di montaggio, il poeta francese contrappone i valori autentici dell’amore, della generosità e della cristianità. Autentici come i suoi versi in cui alla polemica contro la società si affianca il racconto della gioia di vivere come proposito di rinascita e di nuova vita attraverso l’amore che – secondo Prévert – non può essere vissuto in modo parziale perché è «
un sentimento che riempie le persone, una malinconia amorosa che caratterizza la visione stessa della vita
».
È un’intima forza rigeneratrice che domina contro le apparenze e le finzioni del mondo. Benché fu accusato ingiustamente di aver composto canzonette da catare per lo più in
birstot
o bar, il grande successo dell’autore di “Paroles” (1946) risiede nella capacità di narrare la poesia della vita quotidiana senza soffocarla ma regalandole il valore aggiunto della libertà e restituendole il dovere della memoria.
© Riproduzione riservata
Autore:
Angelica Vecchio
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