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Legambiente di Molfetta: Pip3, zona a rischio idrogeologico, ma il Comune continua a ignorarlo Il circolo ambientalista replica all'ing. Rocco Altomare, dirigente del settore Territorio del Comune di Molfetta
19 maggio 2009

MOLFETTA - Dopo il comunicato comparso sul sito del Comune di Molfetta, in cui l'ing. Rocco Altomare, dirigente del settore Territorio del Comune di Molfetta, intendeva chiarire alcuni aspetti relativi al PIP3 (piano insediamenti produttivi, la nuova zona artigianale) e alla richiesta di interruzione delle procedure relative all'espansione della Zona di Insediamenti Produttivi inviata dal Circolo di Molfetta di Legambiente il 15 dicembre scorso a tutti i consiglieri comunali, non si è fatta attendere la controreplica dell'associazione ambientalista, affidata a un comunicato. "Lo scorso 20 aprile l'Autorità di Bacino della Puglia ha modificato, ampliandola, la perimetrazione delle aree del territorio comunale di Molfetta comprese fra l'autostrada e la costa, ampliando l'individuazione delle zone ad elevato rischio idrogeologico", si legge nella nota inviataci. "Con questa delibera l'AdB, che non aveva mai approvato il Piano di espansione del Piano di insediamenti produttivi, comunemente noto come PIP3, quello, per intenderci, delle torri gemelle alte 100 metri, lo ha reso incompatibile con la presenza di vincoli idrogeologici e quindi non attuabile. La delibera dell'AdB è stata emanata in seguito allo studio idrogeologico che la stessa Autorità aveva effettuato negli anni scorsi e i cui risultati aveva invano cercato di condividere con il Comune di Molfetta, ottenendo in cambio una feroce opposizione. Altri Enti coinvolti, quali per esempio l'ASI, hanno avuto un atteggiamento assai diverso. Nei mesi scorsi con uno scambio di lettere, che alla fine ha assunto toni assai duri, l'Autorità di Bacino aveva cercato di dialogare con il nostro UTC ottenendo in cambio solo una netta, ma immotivata sul piano tecnico scientifico, opposizione: tutte le osservazioni formulate dal dirigente dell'Ufficio tecnico sono state confutate e rigettate perché “generiche e prive di alcun contenuto tecnico” e “derivate da una superficiale lettura dei documenti”, come si legge in una nota dell'AdB del 10 marzo, data dopo la quale nulla altro è stato prodotto dall'UTC a suffragio delle proprie tesi. Forte del parere dell'Avvocatura dello Stato, il Comitato Istituzionale dell'AdB, di cui fanno parte i presidenti delle Regioni Puglia, Campania e Basilicata e quelli delle Province di Bari, Brindisi, Foggia, Lecce, Taranto, Avellino e Potenza, non ha avuto altra scelta che procedere unilateralmente alla riperimetrazione. La ragione per la quale qualche giorno fa Rocco Altomare, dirigente del settore Territorio del Comune di Molfetta, abbia deciso di prendersela con il Circolo locale di Legambiente appare, dunque, del tutto misteriosa: il Circolo si era limitato, con una lettera inviata il 12 dicembre 2008 a tutti i consiglieri comunali, a segnalare quanto stava avvenendo e a chiedere la sospensione di ogni decisione e ogni procedura relativa all'ampliamento del PIP in attesa che la situazione si chiarisse. La situazione adesso però è chiarissima, ma non sembra che l'ing. Altomare si sia ancora reso conto di quel che è accaduto visto che continua a sostenere nei suoi “Chiarimenti”, pubblicati, come è noto, qualche giorno fa sul sito comunale e poi ripresi dagli organi di stampa, ragioni abbondantemente confutate dall'AdB e a esibire, a prova della sua correttezza istituzionale, una lettera inviata al dirigente del servizio Urbanistica della Regione che si conclude auspicando che osservazioni come quelle fatte dal nostro circolo siano “opportunamente supportate o sottoscritte da tecnici abilitati”, visto che quanto avevamo scritto non avrebbe avuto carattere di comprensibilità tecnica. I cittadini che vogliano sapere di più possono accedere facilmente alla documentazione presente sul sito dell'Autorità di Bacino, www.adb.puglia.it/: si tratta certo di documenti tecnici, ma, con un po' di pazienza e attenzione, alla portata di tutti quelli che vogliano impegnarsi a capire da che parte stia la verità. Da parte nostra daremo volentieri tutte le informazioni di cui disponiamo a quanti siano interessati a difendere il territorio da atti e provvedimenti che possano determinare grave danno ambientale e pericolo per la pubblica incolumità e intendano opporsi alle procedure espropriative che ad oggi costituiscono di fatto la vera violazione degli atti dell'AdB. Lo sportello del CeAG, il Centro di Azione Giuridica di Legambiente, che tramite i propri avvocati mette a disposizione gratuitamente le proprie competenze in conformità a quanto previsto dallo scopo associativo, è raggiungibile all'indirizzo di posta elettronica azione_giuridica@legambientemolfetta.it"
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Essendo stato chiamato in causa, rispondo. Per me normale cittadino, "idrologicamente a rischio", vuol dire la completa e incompleta - quasi a tradire le attese -, trasparenza dei rischi a cui siamo sottoposti quando l'acrobistite, confacendosi alle realtà irrompenti e prerompenti delle reali situazioni di assoluta compatenza volpina, tende sempre a nascondere la coda. Ecco quindi la fantomatica "coda della volpe". Dove si nasconde e in quale foresteria (un abominio) la sua coda potrà mai diventare una frittata, dando così inizio al desiderio tanto bramato dal S.S.P., anzi S.S.S.S.P.P.P.P.(tanto quanto ci costa?), scaricando poi tutto in una laguna, prima ancora che in un fiumiciattolo? Anche i corsari, i gaudi, i porcispini e i cantatori non si entusiasmano a questo progetto spontaneo dei vari comitati. Saremo tutti risucchiati come in un triangolo delle premute (ognuno potrà scegliere gli agrumi di suo piacimento), e piogge torrenziali, che non si registrano da tempo, scuceranno le bocche da tempo remoto cucite, per colpa dei pescherecci e di tutti gli equipaggi imbarcati e sbarcati nel periodo precedentemente, quando il costo del diesel era alto. Anche il prezzo del pescato continua ad essere poco abbordabile alle tasche dei consumatori. Dove sono andate a finire tutte le TUTELE e le Associazioni Tutelari sia dei produttori e consumatori dei prodotti ittici, lattici, fruttitici e profilattici? Sono queste le storie che si ripetono da anni, senza che nessuno sia capace di trasformarle e rinnovarle. Facciamoci un esame di coscienza tutti, e capiremo così il da farsi, altrimenti la posizione di tutti sarà sempre quella. Avanti scienziati idrologici, smentitemi se ne siete capaci.

Caro G. Cantatore, per 28 anni, per due volte al giorno, ho attraversato il ponte che scavalca la famigerata Lama Balice, in agro di Palese Modugno (sulla riva della quale sono stati edificati quei casermoni enormi). Anche se si mormorava che la lama costituiva la "fogna all'aperto" di alcuni bassi di Bitonto, era molto frequentata da greggi di ovini che pascolavano beatamente e del tutto al sicuro sulle sue profonde sponde; ci si recava la domenica per raccogliere bietole, asparagi, ecc. Novembre del 2006: Ci furono tre giorni di piogge...sostenute: in uno di quei giorni, nel tornare dal lavoro, ho visto la FURIA dell'acqua che, per un caso si era incanalata nella Lama. (Eppure eventi di piogge torrenziali in zona, in 28 anni ce ne saranno stati!). Ti assicuro era uno spettacolo da far rabbrividire. Non sono un idrogeologo, ma sembra che, per ammissione generale, le Lame siano alvei di antichi corsi d'acqua a regime torrentizio. Siamo sicuri che fra "enne" anni non possa riverificarsi un simile evento, e con quali conseguenze? In Italia abbiamo esempi a bizzeffe di autentiche azioni criminali, alcune delle quali sono state "punite" dalla Natura (Sarno, la Valle del Bove sull'Etna, la diga del Vajont, Firenze e chissà quante altre). Per altre la Natura, prima o poi, ci presenterà il "conto" - mi riferisco ai criminali che hanno lottizzato le falde del Vesuvio (un autentico ordigno nucleare innescato, in attesa di esplodere, quando gli piacerà. Quello che mi sfugge è, perché non essendo ancora stato speso un cent, a fronte di un rischio REMOTO (per quanto esso sia), non si va sul sicuro, magari spostando i manufatti in terreni più consolidati? Per quanto attiene la domanda retorica di Porco spino circa la fine dei pescherecci in disarmo, ho le documentazioni foto-filmate della loro demolizione e trasporto delle risulte a discarica (come noto, il legno verniciato degli scafi non può essere utilizzato primariamente, proprio a causa della tossicità delle vernici nautiche e dei loro componenti).


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