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Le doline di Molfetta
15 marzo 2022

La dolina del Pulo è una formazione ovoidale di origine carsica profonda circa 30 metri, sulle cui pareti verticali si aprono circa quaranta ingressi di grotte e un numero superiore di piccole aperture e cunicoli. Molti ingressi fanno capo a grotte comunicanti fra loro, alcune poste su più livelli: le più conosciute sono la grotta del Pilastro e la grotta Ferdinando e Carolina. In tutte le grotte è assente lo stillicidio delle acque e di conseguenza non si rinvengono stalattiti e stalagmiti. Grazie alla sua particolare conformazione, il Pulo rappresenta un’interessante oasi naturalistica con esempi di piante e formazioni vegetali uniche nel territorio come il boschetto di alloro, il cappero e la rarissima Micromeria nervosa. Il Pulo è quindi caratterizzato da una elevata biodiversità e un’interessantissima commistione tra vegetazione spontanea e piante introdotte dall’uomo nel corso dei millenni. La trasformazione della vegetazione originaria ha avuto infatti inizio già nel Neolitico. Da qualche decennio, con l’abbandono delle colture all’interno del Pulo, la vegetazione ha avviato una nuova fase di rinaturalizzazione della dolina, più accentuata nelle aree marginali, dove è molto diffuso l’alloro e la macchia mediterranea, mentre il fondo pianeggiante, è caratterizzato dalla diffusione di piante erbacee e alberi da frutto. Il sito ha rilevante interesse archeologico per una frequentazione umana che copre un ampio arco cronologico, a partire da 7.000 anni fa, fino al XIX secolo. L’età preistorica, in particolar modo il Neolitico, ha restituito abbondanti reperti ceramici, espressione di una importante cultura, definita nelle classificazioni scientifiche come “Civiltà di Molfetta”, e altri importanti reperti come gli idoletti sacri rinvenuti recentemente. Nella seconda metà del XVIII secolo il Pulo, con le sue grotte ricche di salnitro (nitrato di potassio), prezioso componente naturale della polvere da sparo, diventa il centro dell’interesse scientifico ed economico del regno di Napoli e dei Borboni, che favoriscono sopralluoghi e analisi per la costruzione di una nitriera. L’interesse per la nitriera declina rapidamente già alla fine del Settecento e la struttura cade progressivamente in rovina. Proseguendo lungo la strada rurale che porta all’ingresso dell’ex convento dei Cappuccini del XVI secolo, a circa 200 metri dal Pulo, si apre una seconda dolina carsica molto più grande ma meno profonda rispetto al nostro sito più conosciuto. Questa seconda dolina è profonda circa 28 metri, ha una forma a scodella e le pareti degradano dolcemente verso il fondo. Il perimetro è di circa 1 km, praticamente il doppio rispetto al Pulo. L’area è privata e coltivata prevalentemente ad ulivi ed altri alberi da frutto. Lungo i terrazzamenti e soprattutto in corrispondenza della parete est ci sono esemplari di lentisco, carrubo e viburno riferibili alla nostra macchia mediterranea. Numerosi sono i punti dove la roccia calcarea è affiorante ma non sono state rinvenute grotte, né sono stati mai effettuati scavi archeologici. Dal punto di vista geologico la formazione di queste doline è probabilmente collegata. Il Pulo, infatti, è una dolina di crollo, originata per il crollo di volte e pilastri di ampie cavità carsiche formatesi nel sottosuolo e per il successivo ampliamento della voragine originaria. La zona risulta quindi ricca di ulivi e macchia mediterranea, terrazzamenti, calcari affioranti, ville storiche, pagliai, piscine, edicole votive, insomma un sito di elevato interesse culturale e paesaggistico da conoscere e tutelare. A cura di Raffaele Annese Centro Studi e Didattica ambientale

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