Sono passate ormai alcune settimane da quel 20 maggio in cui ho smesso di fare il sindaco di Molfetta. Ma non è bastata l’estate a lavare via la scia di polemiche e maldicenze corrosive che cerca di sporcare quella che è stata, comunque la si voglia leggere, una stagione di convinto, ostinato e radicale cambiamento della città. Ci lasciamo alle spalle un’estate triste. Il Paese è stato colpito da un terremoto che lascia sgomenti, la città da una alluvione, quella del 16 luglio, senza precedenti. La comunità del centrosinistra, intanto, è stata scossa da un lutto terribile, su cui ho preferito e preferisco risparmiare le mie parole, anche e soprattutto per rispetto alla famiglia di Guglielmo che mi ha chiesto espressamente di astenermi da ogni commento. Quel che è certo è che viene difficile impostare una ripartenza. E se c’è un punto esatto da cui bisogna provare a rimettersi in piedi io credo che quello sia uno e uno solo: riprendere la parola, ristabilire il dialogo interrotto con la città, spiegare e rispiegare ancora cosa ha portato alle dimissioni di maggio, mettere a fuoco le sfide iniziate e sospese, provare a portarle avanti comunque, ricominciare lentamente a scrivere ancora e più di prima un nuovo progetto di buongoverno di questa città. Ne sento tante, tantissime. Troppe, davvero. PIERO DE NICOLO CONSAPEVOLE DELL’INFONDATEZZA DELLE SUE TESI Dalle pagine di un altro giornale il segretario del Pd Piero de Nicolo - che ha smesso ormai di convocare direttivi e assemblee di partito e che ha promesso di celebrare il congresso senza mai farlo almeno una decina di volte - afferma che avrei lasciato Molfetta non per le pressioni ormai insopportabili di una parte del suo partito, ma per paura di affrontare le decisioni sul Porto Commerciale e, in particolare, per la paura di sciogliere il contratto tra il Comune e l’ATI costruttrice, responsabile dei lavori, guidata dalla Cmc di Ravenna. La risoluzione del contratto con una società che non può più onorarlo, perché di fatto i lavori del Porto sono fermi dall’ottobre 2013 per disposizione della Procura, è un scelta ormai obbligata per il Comune, quale che sia il sindaco o il Commissario al governo. Perché mai avrei dovuto avere questo moto di terrore, che De Nicolo mi attribuisce con la consueta gagliarda spavalderia, per giunta dopo che tale scelta è stata messa nero su bianco da un pool di avvocati di prima fascia? Forse consapevole della piena infondatezza della sua tesi, De Nicolo aggiunge che ancor più chiara ragione della mia “fuga” sarebbe data dalla mia candidatura alla segreteria di Sinistra Italiana, il nuovo partito erede della Sel di Nichi Vendola, area politica nell’ambito della quale ho da sempre militato. Faccio parte del comitato operativo nazionale di Sinistra Italiana ed è cosa nota che ho partecipato con passione a Human Factor e a Cosmopolitica, perché credo nella necessità della costruzione di una nuova sinistra nazionale, che sfidi il conservatorismo pattizio del Pd di Renzi e il populismo spesso immaturo dei 5Stelle, e credo che tra Pd e 5 Stelle ancora ci sia spazio per coltivare, abitare e far crescere una alternativa politica. Ma è cosa nota, notissima che io non mi candiderò alla segreteria nazionale del nuovo partito – notizia che De Nicolo dà per certa e che è chiaramente frutto della sua sconfinata e notoria fantasia – e che anzi sono al servizio con molta convinzione dell’ascesa sul piano della leadership nazionale di un politico giovane, capace e innovativo come Marco Furfaro. Ciò non vuol certo dire che mi ritiro dalla politica dopo l’esperienza di Molfetta. Non intendo ritirarmi né dall’impegno su Roma né da quello su Molfetta, anzi. Perché sento il dovere esattamente opposto: dare continuità, nazionale e locale, al laboratorio di buona politica inaugurato insieme. Con Marco Furfaro, Maria Pia Pizzolante di Tilt, e i parlamentari Michele Piras, Lara Ricciatti e Stefano Quaranta abbiamo organizzato non solo le giornate di Monopoli di 8, 9 e 10 settembre del Tilt Camp nazionale, ma anche una bella iniziativa a Roma il prossimo 24 settembre che si chiama “Porte Aperte”, proprio per provare a spalancare il processo ancora stentato e chiuso di Sinistra Italiana. Voglio tornare a De Nicolo, però, e mi chiedo: cosa c’entra tutto questo con le mie dimissioni? Fa comunque davvero molto sorridere che la suggestione sballata che mi sarei dimessa per fare il segretario (immaginario) di Sinistra Italiana nazionale arrivi dal Pd di Michele Emiliano, che è stato segretario regionale del Pd senza doversi certo dimettere da sindaco di Bari o da Presidente della Regione. Senza parlare del fatto che il segretario nazionale del Pd non si è certo dimesso da fare il Presidente del Consiglio. LA FUGA DALLA VERITÀ DEL SEGRETARIO DEL PD A me sembra che Piero balbetti suggestivi scenari e pittoreschi per distrarre tutti ed evitare di ammettere la verità: Molfetta non ha più un sindaco perché il caos politico nel centrosinistra è stato, a un certo punto, insostenibile; Molfetta non ha più un sindaco perché il Partito Democratico di Annalisa Alto-mare, Lillino Di Gioia, Roberto La Grasta e dello stesso Piero ha di fatto sfiduciato l’amministrazione in cui il Pd era pienamente rappresentato. SONO INONDATA DI AFFETTO DAI MOLFETTESI Quando giro per strada la gente lo sa molto bene. Nessuno, quando vado in Villa a giocare con mio figlio o quando faccio due passi a Corso Umberto con le amiche, mi ferma per esprimermi rabbia o risentimento. Sono inondata da un affetto e da una gratitudine che mi fanno capire che la città diffusa ha colto i miei sforzi e ha compreso fino in fondo la mia frustrazione, i bastoni tra le ruote degli ultimi tempi e le bastonate che la vecchia politica ha inferto alla nostra rivoluzione gentile. Sia chiaro una volta per tutte: mi è costato molto fare di nuovo le valigie per Roma, all’improvviso. Non sono una che si piange addosso e ho ripreso subito a lavorare come autrice televisiva per un nuovo programma Rai, tornando a fare la giornalista, esattamente dal punto in cui avevo lasciato. Non vivo di politica ma del mio lavoro e di quello che ho imparato in anni e anni di studi e di gavetta. Ma questo non vuol dire che ho abbandonato Molfetta e i molfettesi. Certo, le ossa sono rotte e un nuovo progetto di cambiamento della città è tutto da rifare. IL NOSTRO IMPEGNO PER LA MITIGAZIONE IDRAULICA Una cosa è certa, però. C’è chi, anche a sinistra, vuole ripartire gettando fango su questi tre anni e sulla nostra amministrazione. E io questo non posso consentirlo. Non posso consentire a nessuno, ad esempio, di dire che sulla mitigazione il primo ad agire è stato il commissario Mauro Passerotti, con il nuovo bando di progettazione per le opere di mitigazione in zona PIP. Siamo stati noi a coinvolgere, ben prima dell’alluvione del 16 luglio, un esperto dell’Università della Basilicata per progettare opere di mitigazione in zona industriale e a Lama Martina, dotando l’area di un primo studio di fattibilità, dopo anni e anni di progetti inesistenti. E ho passato parte di quest’estate a lavorare in silenzio nel Consorzio Asi per rimettere la partita della progettazione Asi in piedi, partita che per mesi Antonio Azzollini ha tenuto inchiodata al binario morto del fantomatico “canalone”, come spiega nel dettaglio Rosalba Gadaleta nel suo contributo su questo giornale. LE BUGIE DI GRILLO E DI BATTISTA Non posso consentire a Beppe Grillo e Alessandro Di Battista di parlare di sostenibilità ambientale sfrecciando in moto cinque minuti a Torre Calderina per criticare la gestione del nostro depuratore senza cognizione di causa, quando i 2 milioni e 700mila euro di AQP investiti sull’ampliamento del nostro depuratore li abbiamo pretesi noi, salvando Molfetta da una vera e propria bomba ecologica che nessun gestiva da anni e anni. Non posso consentire a nessuno di dimenticare, a un anno da Expo, che la promozione del nostro territorio e del nostro mare, e di due comparti produttivi come la pesca e l’agricoltura, in Italia e nel mondo, è iniziata con la nostra amministrazione, che ha lavorato sodo per portare il “marchio Molfetta” a Milano e oltre. Non posso consentire che si dimentichi che il ragionamento sul “sistema mare” e sulla centralità del dialogo con tutte le attività legate al mare è stata una delle sfide principali del nostro programma e della nostra azione di governo e che il concorso sul waterfront, il rilancio del Pirp e del quartiere Madonna dei Martiri, la riflessione dolorosa ma appassionata sui Cantieri Navali e sul loro sviluppo, l’ipotesi di un ecomuseo del Mare negli ex Cantieri Tattoli, il lavoro sulla vendita diretta del pescato e sulla tracciabilità del prodotto nel mercato ittico all’ingrosso sono tutte sfide, economiche e identitarie, lanciate e pensate insieme agli stakheolders nei mesi. Non posso non notare che l’estate 2016 sul terreno della cultura e del turismo è stata un ritorno al passato. Che l’assenza della pluralità di voci creative sempre assicurata negli anni quest’estate non si è vista e che la mancanza dell’energia appassionata di una coppia come quella di Betta Mongelli e Federico Ancona nella cabina di regia di politiche culturali inclusive e innovative si è sentita nell’aria, nelle piazze, nelle strade. LE RESPONSABILITÀ DI AZZOLLINI SULLA PISCINA COMUNALE Non posso nemmeno ascoltare il senatore Azzollini e i suoi (ex?) sodali parlare dello stato di degrado fisico della piscina comunale, dopo anni di opacità gravi nella gestione dell’impianto, di cui sono proprio Azzollini e i suoi a dover dar conto alla comunità, essendo gli estensori del bando di gestione precedente e non avendo mai riscosso i soldi della concessione, controllato le polizze fideussorie e il pagamento dei lavoratori come invece abbiamo fatto noi. La piscina deve riaprire, ma le acque della piscina devono essere limpide e trasparenti, in tutti i sensi ed è su questo che dobbiamo mobilitarci tutti insieme. Mettendo da parte chi non ha la credibilità di poter prendere parola sull’argomento. Non posso, infine, sopportare il rumore del silenzio sui tanti problemi di Molfetta che solo un governo onesto, forte, pulito e credibile può davvero riprendere in mano: i bandi del settore socialità (che stanno tenacemente andando avanti grazie alla tenacia di uffici che abbiamo, lasciatemelo dire, rivoltato e rimesso in piedi come quelli di via Cifariello e grazie alla leadership amministrativa di alto rango della dirigente Roberta Lorusso, assunta con concorso pubblico dalla nostra amministrazione); un nuovo corso nel settore Lavori Pubblici, che sciolga nodi pesanti come il Porto, il digestore anaerobico, Palazzo Tattoli e la pista d’atletica, appalti bacati che portano con sé ancora gravi errori del passato azzolliniano; un rilancio della pianificazione urbanistica che per primi dopo molti anni abbiamo assicurato con l’approvazione del Piano delle Coste, del Piano di Mobilità Sostenibile, del Piano di Azione Energetica e dell’atto di indirizzo sul nuovo Piano Urbanistico Generale. E ancora la raccolta rifiuti “porta a porta”, che finalmente riparte dopo una battuta d’arresto incomprensibile e preoccupante. La messa in sicurezza della Multiservizi, che con tutto il rispetto per il presidente uscente Leo Amato, con cui ho avuto un rapporto personale e professionale splendido, è frutto anche dell’operosità dell’assessorato, dei tecnici e dei consulenti e di un lavoro di squadra anche con lavoratori e sindacati che spero possa proseguire con la nuova governance. RISANAMENTO DEI CONTI PUBBLICI E LOTTA AGLI SPRECHI Ancora: il risanamento dei conti pubblici e la lotta agli sprechi. La riapertura dei parchi pubblici che prima del 2013 erano degradati e chiusi con i lucchetti: dopo Piazza Roma, piazza Mentana, Banchina San Domenico e la Villa Comunale attendono giustizia anche il Parco del Tombino e il Parco di via Achille Salvucci, per poi passare al rilancio anche dei parchi Levante e Ponente. Il dialogo ripreso con i commercianti della città e con il mondo sportivo, con la vetrina nazionale della Città Europea dello Sport. Il progetto di una Molfetta onesta, pulita, sostenibile, rigenerata urbanisticamente e moralmente, innovativa nelle pratiche e nei processi, non si può fermare solo perché qual-cuno – non io – ha tradito lo spirito del 2013. Né può essere sottoposto a un revisionismo, anche interno, che sembra talvolta voler imbalsamare tre anni di fermento riponendoli frettolosamente sullo scaffale. Questi lunghi mesi di commissariamento possono essere utili a riflettere sugli errori che abbiamo fatto nel consentire che le vecchie volpi che non arrivavano all’uva ci infestassero la semina e impedissero il raccolto. Serve un progetto nuovo. La tentazione di ricorrere alla scorciatoia del grande centro moderato e di una leadership basata sulla rottamazione dei giovani e sull’affidamento incondizionato all’ “usato sicuro” non deve sfiorarci nemmeno. Bisogna dismettere l’amarezza e dedicarsi con cura a impostare una ripartenza. Più coraggiosa di prima. Che unisca le migliori energie del civismo con quel che resta di credibilità e presentabilità nelle formazioni politiche di area. Rifondazione, Sinistra Italiana, Linea Diritta, il Comitando, i Cinque Stelle e le realtà migliori dell’associazionismo cittadino lontano dagli interessi di parte hanno la responsabilità di trovare strade di dialogo e di rimettere in circolo le energie migliori cittadine per rilanciare la scommessa del buongoverno. CLASSE DIRIGENTE INADEGUATA E VETUSTA NEL PD E il PD? Secondo il mio punto di vista, con il vecchio Partito Democratico difficile, ad oggi, anche solo rivolgersi parola. Non c’è davvero più niente da dire e da dirsi con questa classe dirigente inadeguata e vetusta che lo ha portato allo schianto e ha portato oltre il ciglio del burrone tutto il centrosinistra in città. L’unica speranza di riscatto arriva dai giovani del partito, che ho incontrato, invece, e che ostinatamente cercano di costruire percorsi programmatici di impegno e di senso. Se riusciranno a mettere alla porta i trafficanti di sogni, avviliti dal cinismo pattizio e dal compromissivismo a ogni costo forse la partita del dialogo potrebbe riaprirsi. Altrimenti c’è da andare dritti e basta. Tenendosi anche lontani dalle primarie lanciate da Nicola Piergiovanni, senza garanzie precise e patti chiarissimi. Nicola ha voluto lanciare un sasso nello stagno troppo immobile e spaventato del centrosinistra cittadino e però, certamente in buona fede, forse non calcola (credo e spero), che nel Gange purificatore della “grande festa democratica” potrebbero volersi tuffare anche squali e pescecani. Le primarie come grande porta giubilare da cui passare per espiare tutti i peccati sarebbero una farsa indigesta, da boicottare con ogni energia. Aperte magari al Pino Amato di turno. Oppure ai nuovi fedeli discepoli di Michele Emiliano: Mariano Caputo, Ninnì Camporeale, Enzo Spadavecchia e il buon Saverio Tammacco. Parteciperebbe lo stesso, Nicola Piergiovanni, a delle primarie larghissime e chiaramente anticamera di nuove coalizioni centriste aperte anche agli ex amici del Senatore? Nel 2013 io misi i miei paletti e se mi sono dimessa è stato anche e soprattutto per non tradire quel patto di serietà, amicizia e coerenza, rifiutandomi di allargare la coalizione ai transfughi del centrodestra peggiore. Adesso chi si fa avanti parli alla città con altrettanta chiarezza e onestà. In questi anni Molfetta ha affinato bene gli strumenti della critica, del controllo democratico, ed è diventata giustamente esigente con la classe politica. Allora chi si candida a governarla dica senza trucchi su quali punti si impegna e con quali compagni di strada intende affrontare la navigazione. La città ha gli occhi per vedere e le orecchie per ascoltare, dissi nel mio discorso di insediamento nel giugno di tre anni fa. Se le parliamo tutti guardandola negli occhi Molfetta saprà scegliere, ancora una volta.