La verità sul dragaggio. Machiavelli a mezzo servizio per 200mila euro al giorno
Solo un porto turistico. Lo dimostra la profondità del dragaggio: soli -8 metri di profondità. Perché investire oltre 70milioni di euro, sprecando risorse pubbliche? Perché pagare 200mila euro al giorno la draga Machiavelli, che sta lavorando a mezzo servizio, secondo le testimonianze dei marinai? L’amministrazione Azzollini è a conoscenza che l’area del porto e del dragaggio è anche un sito di archeologia marina? Ne abbiamo parlato con il dott. Guglielmo Facchini, medico ricercatore, esperto anche della “vicenda porto”. È il porto dell’improvvisazione, secondo Facchini. «Si iniziano i lavori senza sapere, o ignorando, che si sta costruendo su un sito archeologico e sul Parco nazionale della Posidonia Oceanica San Vito di Barletta, che sul fondale sono disseminati ordigni bellici, che la struttura da realizzare distrugge l’attracco alle imbarcazioni del porto già esistente, che Molfetta è fuori dall’Autorità Portuale e dall’VIII Corridoio - ha esordito - un amministratore non può non ricordare, o far fi nta di non sapere. È opportuna anche una tirata d’orecchie per l’opposizione locale che non si è mossa prontamente». Dott. Facchini, questo porto sarà commerciale o solo turistico? Perché il dragaggio sarà di -8 metri, sapendo che per l’approdo delle grandi navi commerciali sono necessari -12 metri di profondità? «Sono domande su cui suppongo stia facendo luce l’autorità competente. Sono state investite ingenti risorse fi nanziarie per un porto che sarà solo turistico. Per un porto di prima classe, come promesso dal sindaco Azzollini, è necessario dragare a -12 metri, mentre la draga Machiavelli arriverà fi no a -8 metri a Molfetta, pur potendo scavare fi no a -34 metri. Insomma, il porto sarà identico all’esistente. Inoltre, in un comunicato stampa dello scorso 30 settembre, l’ing. Gianluca Loliva, direttore dei lavori, dichiara che sono stati dragati quasi 130mila m3 in appena quattro giorni (il dragaggio è iniziato il 26 settembre, ndr) su una volumetria complessiva di 300mila m3. Però, ho saputo da alcuni marinai che la draga funziona a singhiozzo, anche se costa alla città di Molfetta ben 200mila euro al giorno. È evidente che la draga non lavora a pieno regime, perché con questi ritmi avrebbe dovuto terminare il dragaggio in appena 8 giorni. Perché questo spreco di soldi pubblici? Come impiegheranno la draga nei restanti 22 giorni? Di questo gli amministratori presto ne daranno conto a chi di dovere.». L’uso della draga Machiavelli potrebbe provocare degli scompensi a livello strutturale per gli edifi ci viciniori all’area del dragaggio? «Per fortuna, il sito su cui opera la draga è in prossimità di Cala San Giacomo, distante dalle abitazioni. Fino ad oggi, è stato dragato il cosiddetto “cappellaccio”, quella parte di materiale lapideo, con alterazioni, spaccature e infi ltrazioni di sedimenti molli, massi adagiati, fratture, discontinuità, coperta di poche alghe residue in stato di decomposizione forse a causa dell’inquinamento bellico da bonifi ca, facilmente asportabile e adagiata sullo strato di roccia viva. Le attuali operazioni riguardano un’area denominata “Boxcut 1,2,3,4” di 150mila m2, ossia un’area di 15 ettari, zona distante dallo Scoglio delle monacelle. Se il cappellaccio è di 6-8 metri, quanto la profondità del dragaggio, non ci sarà bisogno di intaccare la roccia calcarea viva. Se, invece, si arriverà a dragare la roccia viva, le onde d’urto saranno trasmesse con moto sussultorio ondulatorio a lamelle su piani orizzontali a notevolissima distanza. Credo che le opere di dragaggio dovranno presto confrontarsi con la reale situazione geologica, anche questa superfi cialmente e dolosamente ignorata dall’amministrazione Azzollini. So anche che la draga ha intaccato la roccia monolitica dura, senza fratture nelle sue stratifi - cazioni, nei pressi dello Scoglio delle monacelle (zona antistante la nuova foresteria della guardia costiera, ndr). Ma le operazioni sono state interrotte perché tremavano tutte le case antistanti il porto e tutto il centro storico fi no a notevole distanza nell’interno. Anche in passato hanno tentato di eliminare questo scoglio con la dinamite, provocando diversi danni alle abitazioni. Sono state eseguite opportune indagini in ambito geomorfologico sull’area del porto e, soprattutto del dragaggio? «L’amministrazione avrebbe dovuto eff ettuare gli opportuni accertamenti geologici standard, o meglio, per dirla tutta, compiacenti geologi di noto scarso profi lo, hanno accontentato gli amministratori con relazioni omissive, incomplete, che, anche in questo caso, se dovessero essere sottoposte a verifi ca da parte di geologici non accondiscendenti e di parte, queste indagini saranno non ritenute valide dalla comunità scientifi ca dei geologi». Uno degli aspetti trascurati dalla letteratura del porto è anche l’archeologia marina. «È il caso della Cala dei crociati, antistante la Basilica (di fronte le palazzine popolari edifi cate negli anni ‘50, ndr), sul cui fondale erano adagiati molti relitti di epoca romana e medioevale, dalle crociate fi no ai nostri giorni. E dello Scoglio delle monacelle, dov’era possibile ritrovare sul fondale pietre lavorate che testimoniavano la presenza di una chiesa o di un convento in quella sede». Non è stato ritrovato nulla, nonostante le procedure di tutela e salvaguardia del patrimonio archeologico? «Ho molti dubbi in merito, perché da piccolo, durante alcune immersioni, quando l’acqua era chiara, ho visto queste pietre lavorate e anche la presenza dei relitti. Ma ci sono anche molte testimonianze e foto risalenti agli anni ‘70 e ‘80». Dunque, queste pietre lavorate e i relitti sono scomparsi da un giorno all’altro? «Anche dove dovrebbe essere costruito il porto, non erano stati individuati ordigni bellici, eppure ora si sta bonifi cando tutto il fondale. Per le bombe è necessaria la bonifi ca, mentre pietre e relitti in legno, possono essere spostati, distrutti o dragati, seppelliti o triturati, simulando che non siano mai esistiti». Perché uno studio delle correnti a Barcellona da 72mila euro, la cui variante al progetto esecutivo del portonon ha risolto il problema? «Non si riesce ancora a capire perché sia stato necessario eseguire questo studio a Barcellona, la cui successiva variante non ha nemmeno risolto il problema. Infatti, basta un leggero vento greco- levante o un levantino e il porto di Molfetta imbarca acqua, provocando il serio danneggiamento dei navigli ormeggiati. Le varie correnti permettono l’ingresso dell’acqua nel porto, ma non possono più uscirne. Non è stato ancora realizzato il ponte tra la diga Salvucci e la terraferma, così come prevede il progetto esecutivo, e i quattro bocchettoni adagiati in fretta e furia, forse per risparmiare, sono insuffi cienti».
Autore: Marcello la Forgia