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La lunga notte della sinistra: Natalicchio e Minervini vincono il referendum sulla città L'atmosfera nei comitati elettorali dei candidati
15 giugno 2015

Si scrive Regionali e si legge Referendum. Un Referendum anomalo e sgangherato che ha regole tutte sue: il quorum ad esempio non vale e anche se sei molfettesi su dieci restano a casa e non vanno a votare, alla fine le schede contate valgono ugualmente. Una notte quella delle Regionali, lunghissima: tra primarie e campagne elettorali varie è durata un anno e adesso che è arrivata per davvero sembra quasi irreale. I seggi chiudono alle 23 e poco prima i comitati elettorali si animano già di previsioni, analisi premature, speranze salvifiche. I militanti in giro per i seggi dalle prime ore della mattina rientrano alla spicciolata in attesa di un raccolto generoso. La partita della Sinistra si gioca tutta al Corso Umberto: in due isolati della stessa strada ci sono il comitato di Erika Cormio e quello di Guglielmo Minervini. Il primo con le vetrate occupate da manifestoni grigi con tanto di scritte giallo vivo che invitano a votare Erika Cormio assomiglia a un compro oro, il secondo, tavolini di legno e fiori dappertutto sembra un bistrot alternativo di quelli che vanno di moda in questo periodo. Guglielmo Minervini arriva con la sua famiglia al completo: la moglie Maria e i figli Camilla e Nicolò. Si siedono tutti insieme a pochi passi da Lino Renna, l’ex vicesegretario del Pd, che si arrovella davanti a un pc. Ci sono griglie e tabelle da riempire man mano arrivino i dati e da proiettare poi su un maxi schermo montato nell’altra estremità del locale. Il sindaco Paola Natalicchio, siede a terra per fissarlo meglio e ai suoi piedi regna un caos di fogli e appunti. E’ emozionata e molto tesa. Ci ha messo il cuore in questa campagna elettorale e la posta in palio è molto alta. E’ circondata dallo staff di Guglielmo: Cosmo de Pinto, Onofrio Mastrandrea, Gabriele Vilardi, Dada Tedeschi. Qualcuno entra ed esce di continuo, c’è un clima di attesa festosa e ai primi dati parte “Siamo chi siamo” di Ligabue, la colonna sonora della campagna elettorale. Qualche metro più su al Comitato del Partito Democratico, l’aria invece è di attesa prudente, molto composta. La candidata Erika Cormio, insieme a Tommaso Spadavecchia, Annalisa Altomare, Roberto La Grasta fissa la tv: Emiliano ha già vinto in Puglia, De Luca è avanti in Campania, Toti la sorpresa in Liguria. Il segretario Piero de Nicolo passeggia fuori, in attesa di buone nuove. Qualcosa inizia ad arrivare solo dopo la mezzanotte. Ma c’è molta confusione, i dati arrivano a rilento, su foglietti stropicciati spesso incompleti. Qualche rappresentante di lista è molto giovane e non ci si raccapezza molto. Un ragazzone porta una griglia compilata alla bene e meglio: mancano le nulle, le bianche e molte preferenze. Il neo segretario agita il suo toscano, sorride un po’ rassegnato, fa capire che ci sarà molto, moltissimo da attendere. Non lo dice chiaramente ma questo non è ancora il suo partito ideale. Lo ha preso in corsa da un pugno di settimane e oltre a un’occhiata sommaria al motore, di più non si poteva fare. E’ un Referendum: si o no? Lo è su Paola Natalicchio, Guglielmo Minervini, Piero de Nicolo. Si o no? Lo è anche su Saverio Tammacco che armi e bagagli è passato da destra a sinistra con disinvolta destrezza. Dal suo comitato in via Achille Salvucci, le notizie arrivano col contagocce. Giù, al comitato di Minervini si fanno le prime valutazioni. “Sono due soprattutto i dati: l’astensionismo e i Cinque Stelle che sono più forti di FI e Fitto” riflette l’assessore regionale mentre l’attesa si allunga e non si risolve nell’arrivo dei tanto attesi dati. Si forma un capannello attorno a Nicola Piergiovanni: il fac simile elettorale di Noi a Sinistra per la Puglia diventa buono per le sue tanto attese previsioni. Dicono non sbagli quasi mai. Ma stavolta c’è l’astensionismo: in città ha picchiato durissimo, alle urne solo il 39,46%. Si prevede un plebiscito per Saverio Tammacco che dovrebbe sfondare le 5.000 preferenze, seguito da Guglielmo Minervini con 4.000 e la Cormio a 2.000. Saranno tutte travolte dal mancato voto. “Davvero? L’affluenza sotto il 40%? E’ grave bisognerà riflettere a fondo” scuote il capo Piergiovanni mentre accende una sigaretta, la prima della lunga nottata. All’ingresso viene piazzato un tavolo e c’è sempre qualcosa da mangiare e bere: focacce, panini, cornetti, brioche, birre, aranciate, brocche di caffè. I primi dati sono buoni: Minervini prende voti dappertutto ed è in fuga. Sezione 44, 45 voti, sezione 38 31, sezione 23, 76 ben 20 più di Tammacco. C’è un boato, esultano tutti, sembra già andata. E invece no. Tra le due e le tre si capisce che qualcosa non va, mancano dei voti. Qualcuno dello staff si avvicina all’assessore: “Guglielmo se continua così ci fermiamo sotto i tremila”. Lui non si scompone, lancia un sorriso tenero ai figli che si sono un po’ incupiti, scrolla le spalle: “è lunga, aspettiamo”. Nicola Piergiovanni gli dà una pacca sulla spalla (“non ho nessun dubbio che sarai rieletto consigliere”) e con gli altri si attacca al telefono per sapere come è andata a Bari e dintorni: ora è decisiva la provincia. Se non arrivano voti di lì è finita. Anche Tammacco con tutta la destra cittadina che lo ha seguito, è impantanato tra le 2.000-2.500 preferenze. La gioiosa macchina da guerra si è inceppata prima ancora di partire. La Cormio invece è ferma sotto i 1.000 voti. Al suo comitato non beve e non mangia nessuno, in compenso si fuma tantissimo. A notte fonda i dati arrivano ancora al rallentatore, ma si è capito che l’obbiettivo di quota 2.000 è andato in fumo. Erika è una statua di sale. Il volto è cereo e stizzito, annerito dalla delusione. 31 anni, commercialista, tanto entusiasmo e una carriera politica iniziata alle comunali di 2 anni fa, Erika è stata la candidata di un partito terremotato da polemiche e divisioni di ogni tipo e si è lanciata nella mischia mentre la politica cittadina è stata avvelenata dalla più rabbiosa e scomposta campagna elettorale degli ultimi anni. Ci voleva del fegato per accettare un guanto di sfida simile ed Erika lo ha avuto. Adesso le fanno tutti i complimenti. De Nicolo tira su il morale della truppa: “ragazzi ma Noi a Sinistra per la Puglia è sopra di noi di soli 3 punti! Dopo tutto quello che è successo? E’ un ottimo risultato!”. Ubaldo Pagano, il segretario provinciale che ha creduto nel duo De Nicolo-Cormio manda subito un messaggio di complimenti: “a Molfetta il risultato è straordinario”. Intanto, mentre la macchina elettorale continua ad annaspare, arrivano notizie pazzesche e incontrollate, tipiche delle lunghe nottate elettorali. A dominare la Lista Popolari, quella di Tammacco, sarebbe l’outsider Natale Mariella espres- sione del mondo dell’autotrasporto barese e che avrebbe seminato tutti a ritmi forsennati (in realtà chiuderà terzo a 4.000 lunghezze da Tammacco), per Mario Abbattista sarebbe una Caporetto, sprofondando sotto le 200 preferenze (invece il candidato de L’Altra Puglia otterrà un buonissimo risultato strisciando i 900 voti) e in provincia Guglielmo starebbe al palo totalizzando non più di 5.000 preferenze. E’ falsa anche questa. Man mano i risultati dalla provincia arrivano il comitato di Minervini si rianima, riprende colore e tutto si rimette in moto. 200 voti ad Altamura, 300 a Bitonto, 200 a Giovinazzo, 1.500 a Bari. Gli altri candidati della lista sono lontanissimi: Tommaso Fiore il principale avversario di partito ha la metà dei voti, così Vincenzo Colonna che poi sarà il primo dei non eletti. E Renato Bucci? L’ex sindaco di Corato, il “ragazzo sgarbato” come lo ha chiamato qualcuno, che con spregiudicata intraprendenza ha aperto un grande comitato elettorale in città (proprio al Corso Umberto 105, quello glorioso delle comunali 2013) si è arenato poco sopra le 1.500 preferenze nel suo fortino e ha raccattato percentuali ectoplasmatiche fuori. A Molfetta solo 62 voti. Quando arriva la notizia parte qualche pernacchia e tante risate. Arriva il limoncello e tutti si chiedono di Stanislao Caputo, il medico appoggiato da Antonio Azzollini (Ncd) nella Lista Schittulli. Si è difeso alla grande: 2.000 voti e la possibilità di essere ripescato con i resti (alla fine non sarà così). Il senatore ha colpito ancora: ben scavato vecchia talpa! Passate le 4 è ormai chiaro: Guglielmo Minervini sarà rieletto consigliere regionale. Ma nessuno fa festa. Tutti vogliono aspettare l’ufficializzazione. Non fanno festa nemmeno a via Salvucci: Tammacco è sul filo, rischia grosso. Sarà fatto fuori per mille voti e beffato da Peppino Longo, a Molfetta appoggiato da Pino Amato. Tra i suoi uomini volano parole grosse: Enzo Spadavecchia è accusato di aver fatto il doppio gioco e di aver voltato le spalle a Ninnì Camporeale che pure gli aveva ceduto lo scranno in consiglio comunale nella speranza di raccogliere i suoi voti a favore di Tammacco e che ora colleziona l’ennesima sconfitta. A far festa alla fine è solo Guglielmo Minervini. La notizia attesa arriverà la mattina seguente passate poco dopo le dieci. Alla prefettura di Bari Guglielmo e i suoi apprendono le buone nuove. Arriva anche il sindaco di Bari Antonio Decaro, che stringe la mano a tutti, fa i complimenti. Il sindaco Paola Natalicchio abbraccia Guglielmo e cade qualche lacrimuccia. La destra trasformista è sconfitta, il Pd di Piero de Nicolo fa meno paura, il Referendum è vinto. I molfettesi sotto il nome Paola Natalicchio, hanno di nuovo votato sì.

Autore: Onofrio Bellifemine
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