La difficile, ma necessaria gestione dei beni comuni: Pulo, Parco Mezzogiorno, Cittadella
Quella dei beni comuni è una questione molto complessa, che necessita approfondimenti. Si tratta di una tipologia di Beni, che investe la collettività. Proprio la dimensione collettiva scardina la dicotomia pubblico- privato, intorno alla quale si è venuta organizzando nella modernità la dimensione proprietaria. La stessa locuzione Bene Comune fino a poco tempo fa era assente nella discussione pubblica e del tutto priva d’interesse per la politica. Il referendum del 2011, sull’acqua come “bene comune”, ha imposto un mutamento dell’agenda politica. Da quel momento in poi c’è stato un susseguirsi di iniziative concrete e di riflessioni teoriche, che hanno portato alla scoperta di un mondo nuovo. Si parla di beni comuni per l’acqua, per la conoscenza, per internet, per l’ambiente, per le informazioni, per la cultura. Ciò di cui si vuol parlare, è un nuovo rapporto tra mondo delle persone e mondo dei beni, sostanzialmente affidato solo alla logica del mercato, dunque al ruolo della proprietà, pubblica o privata che fosse. Ora l’accento non è più posto sul soggetto proprietario, ma sulla funzione che un bene deve svolgere nella società. Al Teatro “Il Carro dei Comici” è andato in scena un appuntamento dedicato alla “Gestione sociale dei Beni Comuni”, organizzato da MolfettAttiva. Dopo aver spiegato la natura e gli obiettivi del Movimento e dopo la presentazione degli ospiti, è stato subito messo a fuoco il senso dell’iniziativa. Il tema della “Gestione Sociale dei Beni Comuni” si è presentato come argomento ideale da approfondire anche in virtù del fatto che il 21 febbraio 2017, è stato pubblicato sul sito del Comune di Molfetta l’Avviso di Aggiudicazione per il “Progetto di riqualificazione e rifunzionalizzazione dell’area attrezzata Parco Urbano di Mezzogiorno Baden Powell” – Affidamento servizi di Ingegneria e Architettura inerenti la Progettazione preliminare e definitiva, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, ed attività specialistiche inerenti l’attività geologica –. Rodotà prova a dare una definizione di questi beni: “beni comuni sono quelli funzionali all’esercizio di diritti fondamentali e al libero sviluppo della personalità, che devono essere salvaguardati sottraendoli alla logica distruttiva del breve periodo, proiettando la loro tutela nel mondo più lontano, abitato dalle generazioni future”. È possibile applicare questi principi al contesto municipale in cui viviamo? È possibile immaginare una gestione sociale di spazi Urbani come il Parco di Mezzogiorno? Che tipo di gestione potrebbe avere la Cittadella degli Artisti, visto il fallimento dell’affidamento ad un’Associazione Temporanea d’Impresa (ATI)? Perché un bene come il Pulo di Molfetta, gestito con successo dal Consorzio Polje, ora è chiuso e abbandonato? Per cercare di rispondere a questi interrogativi, ci si è affidati a tre giovani esperti del settore che hanno raccontato la propria esperienza con i beni comuni. Il primo intervento è stato quello di Giulia Finzi, Presidentessa dell’Associazione Consortile Polje. Ripercorrendo la storia della gestione del Pulo, non ha nascosto le iniziali criticità dovute sia alla ricerca di sinergia tra le Associazioni che si erano da poco tempo messe in rete, sia alla complessità gestionale che la grandezza e morfologia di un sito così grande e ricco di biodiversità comportava. Tuttavia dopo un processo lento e continuo, il Pulo ha visto una nuova luce con la gestione del Consorzio che ha portato un indotto anche sul territorio, se si considera che il sito contava dai quattro ai sette mila visitatori l’anno. Dopo cinque anni di cura e promozione di un sito di tanta bellezza, nel 2013 la Conven-zione con la Provincia è scaduta. Il passaggio da Provincia a Città Metropolitana ha creato un rimpallo di responsabilità che di certo non ha favorito la ricerca di una soluzione né un rinnovo almeno provvisorio della Convenzione. L’auspicio col quale Giulia Finzi ha concluso il racconto della propria esperienza, è stato quello di non lasciar passare altro tempo perché il Pulo è un sito molto fragile e necessita di cura, manutenzione e vigilanza, e va riaperto al pubblico. Eleonora Adesso, architetto di punta dell’Associazione Xcape, ha invece ricordato le finalità del progetto “Parteciparco”, un’indagine accurata e partecipata su come i cittadini di Molfetta vorrebbero il Parco di Mezzogiorno. Parteciparco ha avuto due macro obiettivi, uno è stato quello di cercare idee, proposte e desideri dei cittadini, l’altro è stato quello di pensare a nuove forme di gestione di questo spazio, enorme. Se da un lato il report rappresenta uno strumento che i progettisti potranno utilizzare per immaginare usi e funzioni da dare al parco, dall’altro ha individuato possibili nuove forme di gestione condivisa di un’area così importante. Si possono immaginare degli spazi pubblici svincolati dalla solita idea dell’albero, della panchina? Perché non allargare la platea da coinvolgere, non interessare pluralità di soggetti, non tener conto delle risorse già presenti sul territorio? Perché non metterle in rete? Pensare ad una forma altra, diversa di gestione potrebbe essere addirittura necessario. Il parco non è l’unico problema della città e dunque la sua gestione e manutenzione (28 mila metri quadri), potrebbe rappresentare un costo troppo gravoso per le casse comunali. Occorre recuperare una nuova forma di fornitura e fruizione dei servizi e dei beni, una nuova forma di gestione che abbia come parole chiave “sostenibilità economica” e “rigenerazione sociale”. Roberto Covolo, Project manager di “Ex-Fadda”, ha concluso il ciclo di interventi. Nel suo discorso ha posto l’accento su quanto sia importante per una comunità interrogarsi su come la gestione del nostro patrimonio possa essere si, un’occasione per rinforzare il capitale sociale, ma anche un momento per creare un’occasione di opportunità di lavoro. Roberto Covolo immagina la creazione di un Piano Industriale del Sud Italia, che rimettesse in circolazione e rivitalizzasse il nostro patrimonio abbandonato. È un po’ quello che è successo nel caso di Ex-Fadda, uno stabilimento enologico vetusto e abbandonato, a San Vito dei Normanni, letteralmente riportato alla vita. Ex Fadda si inserisce nell’operazione Bollenti Spiriti (programma della Regione Puglia per le Politiche Giovanili), attraverso cui in molte città della Puglia sono state avviati processi di riconversione e gestione di beni abbandonati cercando di favorire l’inclusione e l’interazione sociale. Dopo un periodo di difficoltà anche in questo caso, legato alla convivenza tra diversi stakeolders, Società for profit, associazioni no profit, associazioni culturali enti e cittadini volontari e superando le difficoltà che la macchina burocratica non fa mai mancare, a poco a poco un edificio fatiscente, ma con un valore storico, è stato trasformato in quello che lo stesso Covolo definisce “un incubatore leggero”. La struttura allo stato attuale, ridistribuisce valore economico su 53 persone, che a vari livelli percepiscono una forma di reddito da Ex Fadda. Oltre 500 persone a settimana passano dalla struttura, che mobilita grazie alle proprie attività educative, laboratoriali, musicali, culturali, sportive e commerciali, circa 800mila euro. Insomma, esistono esempi nuovi e virtuosi di gestione dei beni comuni e neanche molto lontani come hanno testimoniato le esperienze degli ospiti. L’obiettivo della serata era gettare i semi per la nascita di un dibattito politico che torni a parlare di cose concrete come la riapertura del Pulo, la futura gestione Il Parco di Mezzogiorno e della Cittadella degli Artisti.