Io cronista di Quindici nel caos dei consultori
I consultori della città sono “inesistenti”. L'enunciato di apertura, nella sua brevità, denuncia la situazione incresciosa e le notevoli disfunzioni di strutture importantissime col compito di fornire immediata assistenza. Il tono grave e accusatorio non scaturisce dall'intenzione di “fare notizia”, né dalla voglia di una sterile polemica fine a se stessa. Tutto nasce da una constatazione dei fatti assolutamente veritiera; a tale proposito la cronista si è finta una ragazza qualsiasi e si è recata presso i consultori fingendo di aver bisogno del NorLevo o Levonelle, farmaco conosciuto come pillola del giorno dopo. LA VICENDA La “ricerca” iniziata alle 10.30 è terminata in modo inconcludente alle 19. Il primo consultorio ad essere “visitato” è stato quello diocesano. La targa posta all'ingresso recitava, a chiare lettere, l'apertura mattutina nei giorni dispari, dalle ore 10 alle 12. Sorprendentemente, però, i due cancelli di accesso erano chiusi nonostante fosse mercoledì mattina nella fascia oraria indicata. Sul cartello si poteva anche leggere un recapito telefonico di riferimento. Prontamente è stata fatta una chiamata dal cellulare (carico e con credito sufficiente!), ma con il solo risultato di una fredda segreteria telefonica. Non volendo demordere, la cronista si accerta dell'eventuale presenza di un citofono e lo trova con l'intestazione: IST. DIOCESANO. Quando qualcuno dall'altra parte risponde, vengono chieste delucidazioni sull'ingiustificata chiusura del consultorio, ma la replica è: “guardi gli orari, si accede dal cancello qui di lato” e subito viene chiusa la conversazione, senza possibilità di ulteriori chiarimenti. Il citofono viene fatto suonare per la seconda volta, ora la cronista fulmineamente dice: “Avevo già controllato orari e giorno, oggi è mercoledì e sono le 10.30 non capisco perché sia tutto chiuso, altrimenti non l'avrei disturbata”, e dall'altra parte: “Non sono del consultorio, non so dirle”, segue la nuova interruzione del dialogo. Quanto accaduto fin qui fa già riflettere, ma non è tutto; inforcata la bicicletta per risparmiare tempo, la cronista si è recata presso il consultorio dell' A.S.L., situato nello stesso edificio dell'ospedale. Sul posto è stata chiesta una consulenza del medico, ma: “Il dottore viene qui solo alcuni giorni durante la settimana!”, spiega l'infermiera, “Ma lei, di cosa ha bisogno?”, dopo aver spiegato la nostra necessità, ecco la risposta: “Allora si rechi al primo piano dell'ospedale”. Varcato l'ingresso principale, ormai dinanzi al tabellone esplicativo dell'organizzazione dei piani, la perplessità della “ragazza” aumenta, al primo piano non ci sono reparti che possano dare una risposta al problema. L'indicazione ricevuta è sbagliata o incompleta. Per fortuna interviene l'usciere, una donna, fornendo un aiuto. Viene spiegata, per la seconda volta, la situazione, ora il dilemma è: “Al primo piano c'è solamente il poliambulatorio che ti potrebbe aiutare. Ti consiglio, però, di andare su, al quinto piano, dove c'è ginecologia”. Poi l'usciere aggiunge: “Ma al consultorio non ti hanno dato il nome di un dottore di riferimento?”. Naturalmente non era stata ricevuta alcuna indicazione a riguardo. Terminato il dialogo, avvenuto nell'assoluta mancanza di privacy, la cronista si reca su, al quinto piano. Qui, ad un'infermiera asettica, viene spiegato il problema per la terza volta, ad ascoltare l'intera sala d'attesa, sinceramente interessata. La “ragazza” viene indirizzata ad un'altra infermiera, più comprensiva della precedente, e spiega la vicenda per l'ennesima volta. Dopo aver atteso, come prassi, il suo turno, riesce finalmente a parlare con la ginecologa: “Non ti posso prescrivere niente perché non ho la richiesta del medico curante. Non ti preoccupare e non ti far prendere dall'ansia perché hai 72 ore di tempo”. Quello che non viene detto è che, in questo intervallo di tempo, la copertura del farmaco diminuisce dal 95% al 60%. Sono ormai le 13, la ricerca mattutina è terminata. Quella pomeridiana riprende intorno alle 18:45. La cronista si reca nuovamente al consultorio diocesano, questa volta il cancello è aperto, ma non lo è la porta di ingresso, il motivo è affidato a un bigliettino scritto a mano: “Dalle ore 19 siamo in cattedrale per la messa”. IL COMMENTO La scelta di “indagare” sotto mentite spoglie ha avuto lo scopo di rivelare il reale funzionamento dei consultori, avendo avuto il sentore che non tutto andasse come doveva. A tale proposito Quindici si può considerare assolutamente “soddisfatto della provata inefficienza” del sistema sanitario pubblico e privato. Il luogo in cui donne, adolescenti, tossicodipendenti dovrebbero trovare la massima assistenza e disponibilità contribuisce, invece, ad acuire il loro disagio. La stessa cronista, che pure fingeva e non aveva reale bisogno del farmaco, ha trovato la situazione frustrante e deprimente. Lo stato d'animo negativo è stato determinato dal sentirsi incompresi, dai continui rinvii di una ricerca esasperante e dall'assoluta mancanza di privacy. Dai fatti narrati emergono, chiaramente, disfunzioni e contraddizioni. Quella che ha il maggior peso è stata la richiesta della prescrizione medica, quando al consultorio, per definizione, non ce ne è bisogno, in quanto tale struttura nasce proprio come alternativa al medico curante. Il problema sta nel fatto che mancando il ginecologo proprio dell'ente, l'altro, quello del reparto ospedaliero, non ha le stesse competenze ed è vincolato alla prescrizione medica. Rilevante è anche il fatto che non è chiaro se queste strutture funzionino durante i giorni festivi, il periodo in cui, forse, ci sarebbe più bisogno. La chiusura durante il sabato e la domenica, per un totale di 48 ore, è estremamente incidente anche sui tempi di assunzione del farmaco stesso. La dichiarazione dell'ex ministro Livia Turco: “La contraccezione d'emergenza e la pillola del giorno dopo, vanno garantite nei consultori, pronto soccorso e presidi di guardia medica” si scontra con una realtà nazionale e locale molto diversa. Eppure la soluzione di tanti problemi è semplice, basterebbe eliminare l'obbligo di prescrizione, come auspica l'Unione europea e la realtà in numerosi Stati comunitari. La cronista e l'intera redazione di Quindici colgono l'occasione per esprimere solidarietà al dott. Giuseppe Gragnaniello, ginecologo dalle indubbie qualità professionali e morali, ingiustamente allontanato dal consultorio diocesano.