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Impianto di compostaggio, questo sconosciuto
15 dicembre 2006

L'ultimo episodio dell'annosissima vicenda dell'impianto di compostaggio di Molfetta registra un procedimento penale, ancora in corso, a carico di Alberto Deflammineis, rappresentante legale della ditta “Ing. Mazzitelli Orfeo SpA” concessionaria del Comune di Molfetta per la gestione dell'impianto di trattamento rifiuti, sito in contrada Torre di Pettine. Il sequestro dell'impianto, il processo Numerosi i capi di imputazione. Tra gli altri, l'aver depositato in modo incontrollato, nelle aie esterne al capannone, rifiuti speciali; l'aver gestito l'impianto senza rispettare quanto prescritto dalle autorizzazioni, producendo compost non conforme a quanto previsto dalla legge; l'aver gestito una discarica non autorizzata all'interno dell'impianto, depositando, nelle zone destinate alla maturazione e allo stoccaggio del compost, ingenti quantità di rifiuti indifferenziati provenienti anche da fuori regione: tali rifiuti non sarebbero stati smaltiti, inoltre, per circa due anni e avrebbero provocato pericolose emissioni in atmosfera, dovute a putrefazione e ad autocombustione degli stessi rifiuti. A carico dello stesso imputato viene formulata, inoltre, l'accusa di aver consentito il deposito e la lavorazione di rifiuti urbani non differenziati all'aperto, contravvenendo clamorosamente alla prescrizione di effettuare la conservazione e la movimentazione dei rifiuti, la loro vagliatura e frantumazione in ambienti chiusi. Nel corso del procedimento si sono costituiti come parti civili: il Comune di Molfetta, l'Asm, la sezione di Molfetta del Wwf e il circolo Legambiente. Va detto che il Comune di Molfetta, nel corso delle ultime udienze non è stato rappresentato da alcun legale: nessun sostituto, infatti, è stato nominato dalla giunta a seguito della rinuncia al mandato presentata dai precedenti difensori. Questo potrebbe pregiudicare la possibilità reale che un ente, più di ogni altro deputato a tutelare l'interesse pubblico, eserciti effettivamente un'azione mirata al risarcimento del danno economico e ambientale subìto dalla comunità. Senza citare, inoltre, il rischio che i costi, già sostenuti dalla Regione e dall'Asm per la bonifica del sito, non possano essere recuperati e, come sarebbe giusto, totalmente corrisposti da chi ha commesso i reati contestati. Allo stato attuale l'impianto resta non funzionante e sotto sequestro giudiziario (il sequestro è stato disposto nell'ottobre 2003 ad opera dei Carabinieri del Noe su mandato della Procura di Trani): impossibilitati ad utilizzare il nostro impianto pubblico, quindi, i 18 Comuni del bacino Bari 1 e Bari 2 (Molfetta, Bisceglie, Trani, Barletta, Canosa, Andria, Ruvo, Corato, Terlizzi, Giovinazzo, Bari, Bitonto, Binetto, Bitetto, Bitritto, Palo del Colle, Modugno, Sannicandro) sono costretti a conferire i loro rifiuti differenziati -organici e biodegradabili- in un impianto di proprietà privata sito a Modugno. Per parte sua, il Comune di Molfetta, che prima del sequestro depositava anche i rifiuti indifferenziati nell'impianto di compostaggio, da tre anni ha ripreso ad utilizzare le discariche di Trani e di Andria. Un po' di storia [1987-1992] Siccome i fatti dell'impianto di compostaggio, però, sono per l'appunto annosi, varrà la pena riepilogarli sin dal principio, evidenziando i passaggi più critici della vicenda. L'appalto e il primo ricorso al Tar A partire dalla fine degli anni settanta i rifiuti della città di Molfetta venivano smaltiti, senza alcun presidio ambientale, nella cava in contrada Coda di Volpe. Successivamente all'entrata in vigore dei dispositivi che regolamentavano lo smaltimento dei rifiuti (Dpr 915/82 e le norme tecniche approvate nel 1984) sarebbe stato necessario adeguare la discarica alle più severe norme di salvaguardia ambientale: si trattava, però, di un'iniziativa evidentemente difficile da perseguire per via delle condizioni reali in cui versava la cava. Nell'aprile del 1987, quindi, la giunta guidata da Enzo de Cosmo avviò la procedura di gara per la progettazione, la realizzazione e l'affidamento in concessione dell'impianto di trattamento biologico di rifiuti solidi urbani e di fanghi di depurazione: era l'alba del futuro impianto di compostaggio affidato, poi, alla ditta “Ing. Mazzitelli Orfeo SpA”. In realtà non tutto andò liscio per l'ing. Mazzitelli: nel 1988, infatti, la commissione giudicatrice (composta dagli ingg. Vito Azzollini, Vito Copertino, Cataldo Andreazza e Luigi Corrieri e presieduta da Gianni Carnicella, in qualità di assessore agli Appalti) non aggiudicò la gara a nessuna dei tre concorrenti, avendo ogni ditta presentato una documentazione difforme rispetto a quanto previsto dal bando. E' dello stesso anno il primo ricorso al Tar, avanzato dalla Mazzitelli che, come concorrente esclusa, impugnò il provvedimento della commissione. La nascita dell'impianto di compostaggio fu, pertanto, segnata da un primo (fatidico!) via via di carte bollate: fu proprio il tribunale amministrativo regionale, del resto, a riammettere, pur con riserva, la ditta ricorrente al prosieguo della gara e, di seguito, a consentire, di fatto, l'aggiudicazione definitiva. Preso atto dell'esito del ricorso, la commissione giudicatrice dichiarò vincitrice la “Ing. Mazzitelli Orfeo SpA”: l'impianto di compostaggio, quindi, nasceva sotto la “buona stella” di una sentenza emessa in un'aula di tribunale. L'importo dei lavori, i finanziamenti statali La somma cui ammontava complessivamente l'importo dei lavori per la progettazione e la realizzazione del futuro impianto era pari a 9 miliardi e 377 milioni di lire. Si trattava, tuttavia, di una somma destinata a lievitare sensibilmente: nell'agosto 1994, infatti (in questo caso l'anticipazione degli eventi futuri è d'obbligo), la struttura ancora attendeva di essere costruita e di entrare in funzione, quando l'impresa Mazzitelli sottoscriveva una convenzione con il ministero dell'Ambiente, che si impegnava a finanziare la realizzazione dell'opera versando nelle casse dell'impresa 15 miliardi di lire. Per richiedere quei finanziamenti, Mazzitelli aveva fatto appello a una legge speciale dello Stato per l'occupazione. A lavori ultimati, inoltre, l'impresa dichiarerà di aver superato le previsioni di spesa di ben oltre 1 miliardo di lire. La convenzione con il Comune di Molfetta, le prime proteste e il “miraggio necessario” di un impianto di compostaggio funzionante Il 13 luglio 1990 il Comune e la ditta Mazzitelli stipulano una convenzione che definisce i termini esatti per la realizzazione e la gestione decennale dell'impianto previsto in contrada Coda della Volpe, previa bonifica del sito fino ad allora adibito a discarica. Qualche mese dopo una mobilitazione cittadina, sostenuta da Legambiente e dall'allora Pci, indusse l'amministrazione comunale a scegliere un nuovo sito: l'area di Coda della Volpe, infatti, era già stata pesantemente compromessa dalla presenza e dal lungo esercizio della discarica. Il nuovo sito fu di lì a poco individuato: si trattava di un'area in contrada Torre di Pettine (quella su cui effettivamente sarebbe stato edificato l'impianto). Nel frattempo, però, un'altra ragione di pubblico dissenso fu data dalla scelta della ditta Mazzitelli di smaltire i rifiuti in una nuova discarica, vicinissima al centro abitato: alla Mazzitelli, infatti, era stato affidato, a partire dal 1990, il mandato di provvedere allo smaltimento di tutti i rifiuti solidi urbani di Molfetta. Anche in questo caso i cittadini non gradirono: perciò, con una ingente raccolta di firme (quasi 5mila), l'amministrazione comunale (assessore all'Ecologia Giuseppe de Cesare) dovette rinunciare alla realizzazione di una nuova discarica: i rifiuti continuarono ad essere conferiti a Coda di Volpe, pur essendo questa discarica non più autorizzata. Tutto questo, fino al sequestro di questa area (novembre 1992), avvenuto a seguito di un esposto presentato dal locale circolo di Legambiente. Mentre quella discarica si rendeva di fatto inagibile, l'impianto di compostaggio (ormai ribattezzato “impianto-Mazzitelli”) iniziava già ad assumere le fattezze di un “miraggio necessario”: uno strumento utile e indispensabile a migliorare la gestione complessiva dei rifiuti urbani e però, nel contempo, una “cosa”, sfuggente e un po' virtuale, evanescente e quasi impossibile da realizzare. SCHEDA Cos'è un impianto di compostaggio Si tratta di un impianto di trattamento biologico in cui la frazione organica biodegradabile dei rifiuti solidi urbani (essenzialmente scarti alimentari e residui delle attività di giardinaggio) è trattata in condizioni aerobiche (in presenza di ossigeno) e trasformata in compost (ammendante organico con funzione correttiva della struttura del suolo) da microrganismi (per lo più batteri naturalmente presenti nei rifiuti). Gli scarti del processo sono rappresentati principalmente da emissioni di anidride carbonica e vapore d'acqua, oltre che dai sovvalli (materiale non biodegradato al termine del processo perché inerte o perché molto resistente all'attacco microbico). Finalità dei trattamenti biologici è sia produrre compost di qualità da immettere sul mercato agricolo o florovivaistico (se i rifiuti trattati sono raccolti in modo differenziato e non contengono impurità), sia ridurre la pericolosità dei rifiuti indifferenziati prima dello smaltimento definitivo in una discarica controllata. L'impianto del Comune di Molfetta, progettato per trattare 80 t al giorno di Rsu indifferenziato, ma poi incautamente autorizzato dalla Provincia di Bari a trattare fino a 270 t al giorno di rifiuti, può essere condotto su due linee di trattamento indipendenti che permetterebbero, così, sia il trattamento della frazione differenziata (da cui si potrebbe avere compost di qualità), sia il trattamento di Rsu indifferenziati finalizzato alla riduzione della pericolosità prima dello smaltimento finale in discarica controllata. Massimiliano Piscitelli Tiziana Ragno
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