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Il sindaco: Il porto? Stiamo studiando. L’ospedale? abbiamo evitato la chiusura. Monumento a don Per durare nei secoli Pochi ettari per la Zes? Stiamo discutendo con la Regione. Assunzioni? Le stiamo facendo. Molfetta porto aperto come Napoli? Solo propaganda televisiva, a me non piace apparire
15 marzo 2019

Siamo giunti già a una buona parte del cammino del mandato dell’amministrazione comunale delle liste civiche di destracentro. Dopo diverse insistenze finalmente “Quindici” ha ottenuto l’intervista dal sindaco Tommaso Minervini per compiere un primo bilancio e tracciare gli obiettivi futuri. Secondo l’opposizione di sinistra, “la macchina amministrativa è nel caos”. Il riferimento è alle carenze in organico, in particolare alle mancate assunzioni, ad eccezione di quelle che hanno riguardato gli agenti di polizia locale. Qual è la situazione attuale? «In realtà sono stati assunti 20 agenti di polizia locale, tre assistenti sociali a tempo indeterminato e due a tempo determinato. In comando sono giunti tre funzionari di categoria “D” (amministrativi), un ingegnere. Un buon numero di ingressi. Abbiamo assunto anche un nuovo dirigente per la socialità. Formalmente, il ruolo di dirigente del settore socialità è ancora assegnato alla dottoressa Lorusso ma nelle prossime settimane (tra marzo e aprile) la situazione dovrebbe definirsi e, quindi, la nuova dirigente assumerà la funzione piena di questo settore in cui, ora è in affiancamento. In realtà, le attività stanno andando a gonfie vele. Subito dopo l’approvazione del bilancio faremo un’altra massiccia assunzione per quanto riguarda le categorie “C”, ossia gli impiegati amministrativi, contabili, tecnici. Nel primo anno la massima attenzione è stata dedicata agli assistenti sociali e vigili urbani». Una questione di grande interesse è la situazione del porto. Qual è lo stato dei procedimenti? Quando dovrebbero partire i lavori di messa in sicurezza e quali sono i tempi ipotizzati per il riavvio del cantiere? «Il porto è stato sequestrato nel 2013, dissequestrato nel 2015 e poi nulla. In un anno e sei mesi c’è stata l’approvazione del progetto da parte del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, l’approvazione da parte del Ministero dell’Ambiente, entrambe mai avvenute prima. Abbiamo messo da parte tutti i soldi, abbiamo chiesto il parere all’ANAC (l’autorità anticorruzione, ndr), e questa era una delle condizioni anche in relazione alla trasparenza della procedura. Abbiamo proceduto alla bonifica dell’intera area portuale. La ditta che ha vinto l’appalto sta lavorando per la bonifica dell’ulteriore zona marina relativa all’ampliamento del braccio, stiamo quindi bonificando l’intera area di cantiere. Stiamo valutando, insieme al legale del Comune, il prof. Fabio Cintioli, le azioni da intraprendere circa le modalità applicative della delibera ANAC. È una grande questione di cui ci siamo fatti carico sin dall’inizio del mandato e in un anno e mezzo abbiamo fatto tutto questo». Possiamo dire che a breve si partirà con la messa in sicurezza? «La bonifica è già in corso. Stiamo definendo con il legale del Comune i dettagli operativi per quanto riguarda il contratto in essere». Un altro aspetto che gira intorno alla “questione porto” è la finalità. Sappiamo che il nuovo porto ha una destinazione commerciale. Ma la tipologia di porto commerciale può essere varia (container, merci sfuse, trasporto ro-ro…) e ciascuna di esse comporta la necessità di una diversa conformazione della struttura. Cosa è stato deciso in merito? «La destinazione del porto è già definita sia dal Piano Regolatore Portuale, sia dal progetto esecutivo approvato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Difatti, in quel progetto ci sono i livelli di dragaggio del porto stesso, che arrivano fino a 11 metri di profondità, quindi capaci di ospitare anche le grandi navi commerciali. Non ci stiamo inventando nulla, stiamo semplicemente adeguando tutti gli interventi al progetto approvato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Tutto nasce sin dal momento del suo concepimento, perché quello deve essere un porto a servizio della grande area industriale e artigianale che abbiamo noi, ma non soltanto noi come Molfetta ma anche a servizio delle industrie dell’entroterra, vedi Corato, dove, per esempio, ci sono molte industrie che usano i trasporti marittimi, come altre realtà (tipo Trani, Barletta e così via)». Prospettive per l’area dei cantieri navali? «Abbiamo pubblicato un progetto di massima generale che riguarda tutta l’area. Adesso parte il progetto esecutivo, sia per quanto riguarda il cantiere CIMET, ex Tattoli, dove verrà fatto un progetto esecutivo e appaltato per il Museo del Mare (che potrà avvalersi di uno spazio notevolmente maggiore), sia tutti i cantieri oggi operativi». Quali sono le reali prospettive dell’ospedale di Molfetta. Da tempo si attende la risposta, da parte della Regione, rispetto all’individuazione dell’ospedale di primo livello tra quelli che insistono nel territorio, tra Molfetta e Corato. Si hanno notizie in merito? «Noi abbiamo sottoscritto un accordo alla presenza del direttore generale della ASL e del capo dipartimento della Sanità, che sarà tramutata, a breve, in delibera aziendale della ASL. Tale delibera andrà a colmare il tempo transitorio del piano di riordino. Piano di riordino che scadrà il 30 marzo. Stiamo, dunque, ponendo le basi perché successivamente potremo aprire a un discorso del territorio del Nordbarese per quanto riguarda una struttura ospedaliera. Nel contempo va considerato che dovevano chiudere il reparto di cardiologia, quello di urologia, doveva andar via il servizio di pediatria, tutti eventi che non si sono verificati. Quanto meno abbiamo evitato le chiusure di questi tre settori. È stata potenziata la senologia. Saranno fatti i lavori alle sale operatorie. In diciotto mesi stiamo recuperando il “lasciar fare” di tanti anni. L’impegno non può che essere registrato. Certo stiamo monitorando con la Regione l’evoluzione di questo percorso virtuoso. Percorso che, per il momento, tende a mantenere l’esistente ma che porterà a una risposta non solo per Molfetta ma per l’intero circondario. A proposito dell’ospedale non dimentichiamo, poi, che nascerà una nuova palazzina. Abbiamo concesso il suolo per la realizzazione di una palazzina in cui verrà concentrata tutta la medicina territoriale: il servizio di igiene mentale, del SERT, della sicurezza ecc. che, ora, sono dislocati in parte nell’Istituto Apicella, in parte in locali nella zona 167. Tutti quegli uffici si trasferiranno nella nuova struttura, così come gli uffici che occupano parte dell’attuale ospedale. Sarà quindi liberata tutta l’area occupata da questi uffici nella struttura ospedaliera, per favorire l’ampliamento degli stessi reparti». L’Istituto Apicella è di proprietà dell’Area Metropolitana ma gli altri locali sono di proprietà privata? Ci sono costi che, dunque, potranno essere ridotti? «Certo, ci sarà un notevole risparmio». Tanti i cantieri in attività. Soffermiamoci sulla velostazione. Non ritiene che la velostazione, così come è stata pensata, sia stata sovrastimata rispetto al territorio, si parla di 200 stalli per biciclette che potrebbero diventare addirittura 600? «L’appalto che parte è per 200 stalli in cui sono compresi anche i motocicli, sono previste anche le colonnine per la ricarica elettrica. Va evidenziato, inoltre, che molte aziende della nostra zona industriale sono già interessate a utilizzare parte di quelle aree proprio per i grandi spostamenti dei loro dipendenti». Cosa significa, in concreto? «In pratica usufruiranno del bike sharing: i dipendenti giungono col treno e raggiungono la zona industriale in bici. Contemporaneamente parte il progetto delle piste ciclabili. Come per tutti i cambiamenti, si può discutere se è molto o no. In realtà, noi puntiamo molto sul fatto che la città deve cambiare, puntiamo molto sul fatto che le Istituzioni non debbano creare una città pensata per i sessantenni o per i residenti di oggi. Noi stiamo pensando a una città per i giovani, per il futuro. Auspichiamo, vogliamo realizzare, faremo di tutto perché la città, in futuro, sia una città sostenibile, sia una città fatta con una mentalità nuova. Tocca alle Istituzioni porre le basi, dare le infrastrutture e i messaggi che fanno sì che il cambiamento avvenga, perché se ragioniamo sempre con l’idea del mantenimento dello status quo i cambiamenti non avverranno mai». A questo punto, non si rischia, al contrario, di realizzare una città solo a misura di giovani non tenendo conto delle esigenze degli anziani? Un esempio, forse, banale può essere lo spostamento in estrema periferia del mercato settimanale: molti degli utenti hanno una età media abbastanza alta e potrebbero risentire negativamente di questo trasferimento. «Attualmente il mercato settimanale è già in periferia. Lo spostamento, in linea d’aria, è di 300 metri ed avviene in un’area ipotizzata tanti anni fa. Non l’abbiamo inventato noi. È nel piano del commercio, è all’interno del piano della mobilità, è un’area altamente antropizzata, servita meglio. L’area attuale è un’area che strozza il traffico della città ed è sicuramente in una condizione assolutamente antigenica e non sicura. Invece, quella che viene dalla pianificazione degli anni precedenti è un’area sicura, igienicamente, è vicina a grandi agglomerati popolari». Ma è anche vicina all’innesto con la SS16. Non potrebbero esserci rischi? «No, anche perché da quel punto parte una complanare che sta progettando l’Anas, dove giungerà la complanare che proviene dal centro cittadino, arriverà la complanare della zona industriale e la pista ciclabile». Veniamo alla piscina comunale. È stato lanciato un bando per la durata di 25 anni. Come mai un tempo così ampio, anche alla luce dei problemi che si sono registrati con il bando precedente e con le lungaggini legali che potrebbero scaturire dinanzi a eventuali, futuri contenziosi? «È esattamente il contrario. Questi tipi di progetti, innanzitutto, devono avere un loro equilibrio finanziario. Nessun privato farebbe degli investimenti di milioni di euro per rifare praticamente la piscina, avendone la gestione in tempi minori. Questo obbedisce a una legge di finanza. Proprio per questo, sospendemmo il procedimento precedente. Abbiamo dovuto affidare a un tecnico del Coni l’incarico per mettere in equilibrio la proposta e fare quindi l’appalto. Il tecnico ha stabilito il punto di equilibrio in 25 anni. Esattamente la lunga durata è garanzia del fatto che è tutto interesse del nuovo concessionario tenere bene la struttura, perché altrimenti non ha redditività, a differenza dei tempi brevi, dove viene “consumato” il bene avuto per il tempo necessario a fare utile, poi dopo lo si abbandona». Cosa replicherebbe a coloro che lamentano l’assenza, nel bando, di una clausola che limitasse la partecipazione ad aziende del territorio, invece di far venire aziende dal Nord o da altre aree? «Prima di tutto perché il Codice degli Appalti lo vieta. È una gara di alto livello finanziario. E io obbedisco al Codice degli Appalti. E poi perché sono investimenti imprenditoriali. Essendo degli investimenti ingenti, è bene che intervengano soggetti che siano del mestiere e abbiano capacità imprenditoriale. Ma, soprattutto, io obbedisco al Codice degli Appalti». L’altro importante progetto è quello della costruzione di un nuovo teatro. Come è stata individuata l’area su cui verrà edificato? Anche su questo gli ambientalisti lamentano il consumo di suolo e il fatto che la zona interessata fosse destinata a verde pubblico… «Quel suolo era già destinato a interventi edificatori di natura pubblica. Non abbiamo fatto altro che realizzare ciò che era già previsto dal piano regolatore in quell’area. Poteva essere realizzata una palestra, poteva essere realizzata una scuola. Era un’area destinata a servizi, quindi abbiamo previsto un teatro. Scelta, questa, che obbedisce anche a un’altra logica: quella di avere un teatro moderno, con grandi parcheggi e servizi. L’intento è quello di non costruisce tutti i giorni un teatro in una città». Si parla anche di ristrutturazioni delle aree di Corso Fornari, di piazza Immacolata… «Certo ma non solo: ci saranno interventi in piazza Madonna dei Martiri, waterfront di ponente». Tempi previsti? «Noi, come amministrazione, abbiamo completato tutto l’iter di nostra competenza. Questi progetti sono stati tutti approvati. Adesso dobbiamo semplicemente, via via, andare nella CUC (centrale unica di costo) che è a Bitonto, fare le gare di appalto, avviare i lavori. Penso che nel 2019 si vedranno i frutti del lavoro fatto fino al 31 dicembre 2018. Anzi, a tale proposito, il 21 marzo, primo giorno di primavera, ci sarà un incontro pubblico. Sinora hanno parlato in tanti, questa volta parlo io». Il 2019 sarà anche l’anno della riapertura del Torrione Passari? «Sicuramente sì». Resterà la funzione di splendido contenitore per mostre di arte contemporanea o è prevista una diversa gestione? «La funzione del Torrione non cambia. È nato ed è conosciuto all’estero come contenitore di arte contemporanea e, finché sarò Sindaco, così rimarrà. Quando lo potrete visitare, probabilmente, non lo riconoscerete più perché è tutto nuovo. Vi stupirà il Torrione». Sempre a proposito di interventi e investimenti, ci sono state delle polemiche relative agli stanziamenti destinati ai monumenti dedicati a don Tonino, qualcuno li riteneva eccessivi, soprattutto in considerazione dello spirito francescano del compianto vescovo. La Sua replica è stata: «la città deve conservare la memoria…» «In realtà non ci sono state molte polemiche. Ha protestato una sola persona. Molfetta deve avere memoria. Come in tutte le città, viviamo di memoria. Se non ci fossero i monumenti a ricordare la storia, le vicende dei secoli passati che storia potremmo avere? Una volta stabilito questo, le cifre non le decide il Sindaco ma le decidono i tecnici. E, poi, quale sarebbe una cifra dignitosa per un monumento a don Tonino? Va precisato, soprattutto, non si tratta del “monumento”. Stiamo attrezzando in modo dignitoso porzioni della città. Quelli che stiamo facendo sono anche interventi urbanistici importanti. Si tratta di due grandi sistemazioni urbanistiche: una in piazza Garibaldi, nei pressi dell’ingresso in Episcopio, l’altra nei pressi del luogo in cui è stato allestito l’altare per la celebrazione presieduta da Papa Francesco lo scorso aprile. Nella prima area saranno collocati la croce e l’ulivo che si trovavo sul palco dove era collocato l’altare, l’altra presenterà la riproduzione del palco dove ha celebrato il Santo Padre. Si tratta di due sistemazioni urbanistiche, interamente realizzate da artigiani locali con la pietra del nostro territorio, con interventi che dovranno durare secoli». Proprio a proposito dell’importanza della memoria, perché spostare un monumento, come quello dedicato agli emigranti, che si trovava in piazza Stazione e che aveva assunto un preciso significato anche in relazione al contesto in cui era stato pensato e sostituirlo con una fontana? «Il monumento viene spostato solo di pochi metri, sarà ricollocato in una delle due villette antistanti. Viene semplicemente spostato e restituito alla sua dignità, ai suoi significati nella villetta a fianco. Non perde, dunque, il suo significato legato al contesto. Tra l’altro, ci furono polemiche anche ai tempi della sua installazione. La fontana, invece, consente di recuperare la memoria della città, dei nostri anziani, molti dei quali ricordano piazza Stazione ornata dalla presenza di una fontana». Questione urbanistica. Recentemente è stata concessa, tra l’altro, l’abitabilità dei seminterrati. Non ritiene che possano esserci fattori di rischio? «Noi stiamo applicando una legge nazionale. La ratio di quella norma, sia della norma nazionale sia della nostra, è quella di evitare consumi di suolo, far crescere le capacità abitative laddove già esistono. Poi, ovviamente, non tutti i “sottoscala che diventano abitativi”. Sono richieste determinate condizioni igienico-sanitarie. È una norma messa proprio per evitare consumo di suoli. È la logica del cosiddetto “Piano casa”. Non può pensare, il legislatore – ma anche noi, quando abbiamo fatto questa norma – precisa laddove ci sono le condizioni igienico-sanitarie, consentire l’aumento dell’abitabilità». Valutando, quindi, caso per caso? «Ma certo. Nel Regolamento Edilizio sono specificate le condizioni igienico-sanitarie e urbanistiche in cui è consentito questo». Piano delle Coste? «Lo stiamo praticamente rifacendo. La cosa più complessa è stata classificare tutte le concessioni demaniali, perché non si può procedere alla redazione di un Piano delle Coste senza conoscere effettivamente quali sono le concessioni demaniali, se sono legittime, a chi sono state date, se sono aggiornate e, soprattutto, inserirle in un sito obbligatorio della Regione Puglia, in cui devono essere visibili e allineate tutte le categorie catastali delle concessioni. Fino a poco tempo fa, ma potremmo dire fino ad oggi, non c’è. Stiamo lavorando a questi allineamenti. Dopo si potrà passare alla pianificazione che, ovviamente, terrà conto di quanto progettato precedentemente per quanto riguarda un nuovo piano delle coste. Ma abbiamo dovuto scontare il riallineamento, che era fondamentale altrimenti non si poteva procedere. Era come realizzare un Piano Regolatore senza che ci fossero le partite catastali». ZES (Zona Economica Speciale): erano stati incaricati dei tecnici per rispondere ad alcune richieste della Regione? «I tecnici stanno facendo dei rilievi nella zona, perché noi siamo in un confronto con la Regione Puglia al fine di determinare al meglio la nostra zona». I venti ettari assegnati al nostro territorio, in effetti, sono troppo pochi per una zona industriale/artigianale come quella di Molfetta, con i numerosi e importanti insediamenti «Siamo in interlocuzione su questo con la Regione. Da qui la necessità delle rilevazioni che questi tecnici stanno facendo». “Quindici” ha spesso sollecitato l’amministrazione, nella persona del Sindaco, a compiere un gesto simbolico: quello di dichiarare “aperto” il porto della città, che poi è la città di don Tonino, sulla scia di quanto fatto da altri Sindaci, in primis dal Sindaco di Napoli. Perché non a Molfetta? «Proprio perché non ha effetti concreti. Più che di iniziativa simbolica, io parlerei di propaganda televisiva, proprio perché quei Sindaci sanno bene che le navi lì non arriveranno mai perché non c’è la competenza del Sindaco. Non mi sento di fare delle iniziative solo per apparire». L’amministrazione sta mostrando una grande capacità di spesa. Le coperture vengono da mutui? Se sì, non si corre il rischio di un indebitamento delle casse comunali con il rischio di default (come accaduto alcuni anni fa a Taranto)? «Il bilancio comunale sta recuperando il rilevante disavanzo strutturale al 2019. E’ il primo anno in cui inseriremo una rata di recupero di euro 284.241,96 sino al 2043. Negli anni precedenti la rata di recupero è stata di gran lunga più rilevante. Le coperture ai lavori sono in parte con mutui, in parte con fondi di legge statali, regionali ed europei. L’equilibrio contabile di bilancio è tenuto costantemente monitorato con buone professionalità».

Autore: Isabella de Pinto
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