Recupero Password
Il Secolo dei Lumi a Molfetta: lo studio scientifi co. Spunti per una ricerca. I parte
15 novembre 2010

Al principio del XVIII sec. in Europa si verifi carono notevoli cambiamenti in campo culturale, sociale e economico dando luogo a quel movimento conosciuto come Illuminismo. In Italia Napoli, capitale del Regno di Napoli, svolse un ruolo attivo sia in campo fi losofi co-culturale che in campo scientifi co, ruolo favorito anche dall’apertura politica di Carlo VII di Borbone, continuata poi da suo fi glio Ferdinando IV. Tra i vari settori la ricerca scientifi ca riscosse particolare seguito. La pubblicazione in Francia e poi in Europa dell’Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri, a cura di Diderot e D’Alembert tra il 1751 e il 1772, contribuì alla diff usione universale del sapere. Due molfettesi si distinsero nella Napoli del Secolo dei Lumi: Ciro Saverio Minervini e Giuseppe Saverio Poli. Ciro Saverio Minervini (1734-1805) compì gli studi nel Seminario Vescovile e, ordinato sacerdote, si trasferì a Napoli e a Roma per approfondire la sua conoscenza del latino e delle lingue orientali. Latinista e storiografo insegnò a Napoli. Pubblicò diverse opere e, collezionista di monete antiche, realizzò un museo numismatico. Da Napoli contribuì molto alla programmazione degli studi del Seminario di Molfetta. Giuseppe Saverio Poli (1746-1825) frequentò la scuola primaria nel Collegio dei Gesuiti di Molfetta, proseguendo poi gli studi presso il Seminario locale. Dal 1766 frequentò l’Università a Padova, laureandosi in medicina. A Napoli insegnò alla Nunziatella storia e geografi a e, ai medici dell’Ospedale degli Incurabili, scienze fi siche. Assunto a una certa notorietà professionale, divenne comandante della Nunziatella e istitutore del principe ereditario Francesco. Pubblicò diversi testi di fi sica tra cui Elementi di Fisica Sperimentale e la famosa Testacea sulla zoologia dei molluschi. Eseguì a Napoli nel 1784 il volo di un pallone aerostatico. Il Poli, viaggiando per l’Europa, ebbe scambi di vedute con altri scienziati e a Londra, per conto dell’Accademia militare, acquistò diversi strumenti astronomici e macchine fi siche per impiantare un laboratorio fi sico. Gli studenti molfettesi, che si recavano a Napoli al proseguimento degli studi, avevano come punto di riferimento il Minervini e il Poli, questi seguivano e consigliavano loro in merito. Uno di questi studenti, poi chimico e farmacista a Molfetta, tale Nicola Epifani (1764-1824), seguendo la professione di chimico e farmacista del padre Ludovico (originario di Carovigno) si recò a Napoli per gli studi. Assistette all’esperimento del volo del pallone aerostatico eseguito dal Poli e nel 1785 a Molfetta nel corso dei festeggiamenti per la translazione della sede episcopale e dei resti del Santo Patrono Corrado Bavaro dall’antica cattedrale (Duomo) alla nuova (ex chiesa di S. Ignazio dei Gesuiti) ripetè lo stesso esperimento del volo di un pallone1. La dimostrazione pratica del lancio di un pallone aereostatico fu un avvenimento veramente speciale a quei tempi. Il pallone del diametro di 5,5 palmi (1,45 m circa) fu lanciato alle ore 23,00 (corrisponde alle ore 19,00) dal tetto della dismessa chiesa di Ognisanti o S. Giovanni, situata sul luogo dell’ex palazzo Cappelluti, Al largo della Porticella (attuale Villa Comunale) numerose persone accorsero e osservarono il volo, rimanendo stupefatte e meravigliate. Gli storici locali aff ermano che fu il terzo lancio nel Regno di Napoli e il primo nelle Puglie. L’Epifani, esperto in chimica, usò l’idrogeno elemento più leggero dell’aria, che ricavò probabilmente sciogliendo nell’acido solforico del ferro. L’Università in seguito rimborsò 24 ducati e 66 grana al giovane Epifani per l’acquisto di colla, pelli e cose servibili per aver formato un pallone aereostatico universalmente ricercato, ed applaudito, con aver riuscito, ed onorato tutt’il pubblico, giacchè tali spettacoli si sono veduti solamente nelle metropoli, e a taluni non sono riusciti2. In ambito locale l’istruzione scientifi ca si limitava all’aritmetrica, alla geometria e alla geografi a, accompagnata da qualche osservazione delle stelle se era disponibile un cannocchiale. I farmacisti locali, in linea di massima, erano forniti di qualche alambico per distillare, provette e contagocce di vetro per approntare, a seconda delle richieste, i preparati galenici la cui materia prima era costituita da erbe medicinali, alcuni acidi e basi già preparati che si facevano venire da Napoli, metalli in polvere, alcool, diversi tipi di essenze aromatiche ed altro. I notai o qualche sacerdote erano quelli che con la pratica e l’ausilio della geometria si impratichivano per poi esercitare l’agrimensura, sempre con rudimentali strumenti3. La storia locale non ricorda l’uso di attrezzature o macchine che agevolavano la fatica dell’uomo nel produrre o fabbricare manufatti vari. Vengono però ricordati, da diverse fonti, i telai a mano per tessere tele, diff usi in diverse famiglie per uso proprio o per conto terzi, i torchi per pigiare l’uva o per premere la pasta delle olive. Questi torchi erano composti da un grosso dado di legno, detto scrofola, sostenuto da due o più pali in cui al centro girava una vite anch’essa di legno e infi ne la noria, costituita da due ruote dentate di leonardesca memoria, usata per attingere l’acqua dai pozzi sorgivi. Solo nei primi decenni del XIX sec. comparvero la macchina con le trafi le per fabbricare diversi tipi di pasta, però sempre a livello artigianale. Nelle scuole pubbliche dei Gesuiti a Molfetta probabilmente si davano alcune nozioni di scienze, perché gli stessi Gesuiti coltivavano con profi tto la stessa disciplina. All’indomani della soppressione dei Gesuiti dal Regno di Napoli, avvenuta nel novembre del 1767, il governo centrale emise un ordine preciso per far continuare nelle ex scuole gesuitiche lo studio delle scienze. Tanto si evince da un ordine giunto ai governanti di Molfetta nel mese di aprile del 17684. Nel 1778, con il trasferimento del Seminario Vescovile dalla vecchia sede (ex palazzo Dogana al Porto) all’ex Collegio dei Gesuiti, si riorganizzarono i piani di studio degli studenti e fu previsto lo studio della fi sica. Don Giuseppe Maria Giovene nel 1794 era lettore di fi sica. Tra i professori che insegnavano pure materie scientifi che alla fi ne del XVIII sec. riscontriamo la presenza dei padri domenicani: don Giuseppe Pilsi insegnò fi losofi a e matematica dal 1789 al 1796 e padre don Francesco Saverio Tarallo fu lettore di storia e geografi a. Essi sostituirono i Gesuiti, all’epoca della soppressione, all’istruzione dei giovani chierici presso il Seminario5.

Nominativo  
Email  
Messaggio  
Non verranno pubblicati commenti che:
  • Contengono offese di qualunque tipo
  • Sono contrari alle norme imperative dell’ordine pubblico e del buon costume
  • Contengono affermazioni non provate e/o non provabili e pertanto inattendibili
  • Contengono messaggi non pertinenti all’articolo al quale si riferiscono
  • Contengono messaggi pubblicitari
""
Quindici OnLine - Tutti i diritti riservati. Copyright © 1997 - 2025
Editore Associazione Culturale "Via Piazza" - Viale Pio XI, 11/A5 - 70056 Molfetta (BA) - P.IVA 04710470727 - ISSN 2612-758X
powered by PC Planet