È trascorso da qualche giorno il diciottesimo anniversario della assurda, ancorché terribile morte di Gianni Carnicella, sindaco di Molfetta, eletto nelle liste dell’allora ancora esistente Democrazia Cristiana. Il giovane Carnicella proviene da una famiglia di tradizioni cristiano-liberali; ricordo ancora le lunghe passeggiate che il Padre di Gianni faceva accompagnandosi con don Ciccio Gaudio (allora Parroco della Cattedrale di Maria Assunta) chiacchierando fi tto- fi tto, una o due volte su e giù per Corso Umberto. Si era ai “prodromi” di Tangentopoli; la D.C, era quanto mai solida – come partito di maggioranza relativa anche se “divideva” con il P.S.I. di Craxi il governo del Paese. Erano altri tempi: l’Unione Sovietica e il suo Impero si erano da poco disgregati; le Nazioni ex comuniste stentavano ancora a darsi una personalità politica, culturale ed istituzionale. In Italia il cav. Silvio Berlusconi era un Imprenditore che, dal mattone, aveva creato tre reti televisive e forse ancora non aveva maturato il proposito di “scendere in campo”. A Molfetta c’era don Tonino, un Vescovo come se ne possono contare pochi – almeno dal mio, e non solo, punto di vista. La sua fermezza, la sua autorità morale, la sua statura intellettuale, il suo amore per il prossimo, soprattutto quello più indigente, erano proverbiali. Sembrava un Curato di compagna “prestato” alla guida della Diocesi. Che Uomo! Dire a posteriori che stavamo meglio o peggio, non ha alcuna importanza, nel contesto di questa mia rifl essione. Ma soffermiamoci per un momento alle parole, verosimilmente indicanti il Carnicella-pensiero su quella che lui considerava la traccia della sua missione, quale sindaco di Molfetta. Le riporto, per cercare di ricavare da esse delle considerazioni da confrontare con l’attuale quadro sociale e politico/ istituzionale: Intendo difendere, ad oltranza, il prestigio sostanziale dell’Ente che ho l’onore di servire, insieme alla Città. E’ il mio modo di onorare la funzione che mi è stata affi data e la fi ducia che in me è stata riposta. Dell’idea di “governo” ho un concetto preciso e si coniuga con la effi cienza ed il rigore, non con clamore… (*). E’ necessario precisare, per amore di obiettività che, gli intenti forti che Carnicella enuncia in questa sorta di “dichiarazione programmatica” sulla sua attività, chissà se nel prosieguo della sua missione, avrebbero trovato piena applicazione: è un dubbio che probabilmente nessuno sarà in grado di sciogliere; io personalmente, pur non conoscendolo direttamente, propendo per il sì, Lui avrebbe agito come dichiarato. Non sono in grado di dire perché, ma questa mia sensazione deriva dal fatto che ha subito l’estremo oltraggio forse per mantenere un minimo di coerenza istituzionale, in un mondo – quello della pubblica amministrazione – dove in alcuni casi, ahimè sempre più frequenti, le cronache ce ne raccontano di cotte e di crude! Ripeto, mie sensazioni. La prima frase della dichiarazione è un moto di orgoglio vero di un uomo che ancorché “immerso” nella Politica, buona o cattiva che vigesse all’epoca, avendo conquistato questa meta intendeva porre tutte le sue energie per gestire in modo retto e trasparente TUTTA la Città: e non è poco!. …”E’ il mio modo”… da queste parole traspare tutto l’orgoglio di un Uomo che vuole lasciare un’impronta forse un po’ diversa da quella che hanno lasciato e lasciano i suoi predecessori ed i suoi successori, fra i quali è giusto affermare anche che abbiamo avuto Persone forti e a “schiena diritta”. La sintesi, il corollario di tutta questa, chiamiamola così fi losofi a di pensiero, risiede nella frase fi nale, con quel …”non con clamore…” (leggi anche: con autorità morale che non si negozia!). Ebbene, se ci fermiamo a rifl ettere qualche istante sul “contenuto” di queste parole, ci appare evidente, quanta strada abbiamo fatto in questi diciotto anni. La caduta delle certezze della “Prima Repubblica”, l’involuzione delle fi losofi e politiche, l’avvento di personaggi che in così, relativamente, poco tempo hanno distorto tutta una serie di valori, tale che oggi, qualcuno si domanda se “era meglio quando era peggio”. In particolare, mi colpisce quel …”non con clamore”: vedete, sembra una banalità ma forse è in questa immagine che viene distillato tutto quanto di più indesiderabile abbiamo “costruito” in questi anni. Qualcuno osserverà che anche all’epoca c’erano schieramenti opposti che si battevano dentro e fuori le Istituzioni (mi riferisco alle frange estremiste che ricorrevano alla violenza per “imporre” certi dogmi), ma c’era sempre un certo bon ton che ancora, e ancora per poco, mitigava gli eccessi. Oggi, oggi assistiamo, persino nelle sedi più austere ed autorevoli delle nostre Istituzioni, a litigi fra comari, con l’uso di violenza verbale grottesca e, a volte anche fi sica. Assistere ad una seduta di un Consiglio comunale e/o del Parlamento, sembra di assistere quasi ad un incontro di “wrestling”, con l’uso di scurrilità e con il prevalere del concetto della distruzione fi sica e morale del “nemico”, che una volta era c o r r e t t ame n t e defi nito “avversario”. Quanto di buono da noi, intendo della mia generazione, lasciato ai nostri fi gli è stato sopraff atto probabilmente anche per nostra ignavia, da tutto il male che nel frattempo abbiamo adottato nella certezza erronea, anche se pervicacemente perseguita da alcuni, che tutti possiamo fare quel che ci pare: i valori civili e morali sono decaduti, fa moderato stupore la notizia che una Personalità abbia adoperato mezzi a lui riservati, in funzione della carica che ricopre, per trarne profi tto e distribuirne a chi gli sta attorno. Persino la Chiesa sembra aver subito un’involuzione: i valori cristiani sono scaduti, a causa di pochi personaggi che non sarebbero degni di stare in quella Istituzione; con l’aggravante che, mutuando il costume corrente nella Società civile, si tende a colpevolizzare, non chi ha commesso atto improprio, ma chi chiede giustizia perché, alcuni eventi non sono stati repressi con la dovuta tempestività. “Mala tempora currunt!” Forse in un futuro, si spera non remoto, un moto di onestà ci riporterà sulla fatidica “retta via”, chissà! E’ tuttavia compito nostro, di coloro che si sprecano in queste considerazioni, quello di riportare e mantenere vivo il concetto che a molti forse sembra diventato alieno: l’onestà, la rettitudine, il rispetto per i diritti degli Altri, a prescindere dalla loro appartenenza intellettuale o etnica. Da come la vedo, il danno fatto è immane. La nostra Storia ci dice che quando si è …toccato il fondo, un evento drammatico ci riporta a svegliarci dall’apparente torpore che ci ha pervaso, facendoci risalire dal baratro che ci eravamo scavato e dandoci, per alcune generazioni, modelli di vita virtuosi. Si ripeterà tutto questo? E la “scintilla” scaturirà da una nuova, ennesima catastrofe? L’auspicio è che si possa tornare ad essere Persone, solamente per il fatto di guardare un po’ indietro e riconsiderare le modalità delle nostre azioni.
Autore: Tommaso Gaudio