Il Premio Scuola: il Rotary premia i migliori, il sindaco Azzollini condanna i “ciucci”
MOLFETTA - Sabato, come ogni anno, il Rotary di Molfetta ha premiato gli studenti più brillanti delle scuola superiori, appena diplomatisi. E' un evento che indubbiamente porta con sé una grande carica culturale, mettendo in valore, quando pochi lo fanno, il merito di quei giovani che hanno sviluppato al meglio le proprie capacità, aprendole a sforzi e lavoro, impegno e volontà. Io stesso resto profondamente legato al Premio Rotary, che mi fu assegnato nel 2008, perché quel premio, costituendo una forma di riconoscimento "pubblico" di sforzi, sacrifici ma anche passione, ti immette una tonalità emotiva stimolante, ti fa vivere il valore di quell'impegno.
E' doveroso allora congratularsi con questi ragazzi: Vincenzo Lisena, Ornella Mercuri, Stefania Cappelluti, Daniela Pansini, Francesco Elicio, Eugenia Leone, Roberta de Vanna, Vincenzo Ciliberti, Arianna Tota, Arianna d'Abramo, Massimiliano Cavallo, Riccardo Molfetta, Michele Valente, Domenico de Palo.
E' necessario però riflettere sulle parole del sindaco di Molfetta, il senatore Antonio Azzollini (foto), che è intervenuto durante la serata ricordando di aver ricevuto il premio nel '71.
Azzollini riconosce giustamente il merito di questi ragazzi, il fatto che "sono bravi", perché invece "chi è ciuccio è ciuccio". La similitudine fa nascere i primi dubbi sul senso del discorso: per Azzollini è come quando da bambini si gioca a pallone, a 12 anni si vede quando un bambino non ha le capacità e l'allenatore deve dirlo a chiare lettere. Il ragionamento del sindaco si fonda esclusivamente sulle capacità, ignorando totalmente le situazioni che determinano le condizioni di sviluppo di queste ultime.
Il suo discorso, prendendo le mosse dall'identità del "ciuccio" che non è assolutamente in grado di raggiungere livelli dignitosi nonostante l'aiuto "che pure non deve mancare", ignora uno dei principi fondamentali del liberalismo contemporaneo, quello che ha costituito la chiave di lettura di Amartya K. Sen, permettendogli di ottenere persino il Premio Nobel per l'Economia nel 1998.
Sen aveva segnalato che la diversità dei bisogni richiede che le risorse vengano distribuite diversamente per poter garantire "funzionamenti" analoghi.
Certamente l'impegno nello studio è frutto di scelte importanti, di grande volontà. Ma la libertà può indirizzarsi verso il proprio "oggetto" solo se sostenuta da condizioni adatte, altrimenti resta ingabbiata nell'impossibilità di attuarsi.
Come dice Sen, "la necessità di tener conto di differenze nella abilità di trasformare redditi e beni primari in capacità e libertà è veramente centrale nello studio dei livelli di vita, in generale e della povertà in particolare.
Queste differenze non riflettono sempre necessariamente caratteristiche personali immutabili, e talvolta sono correlate a condizioni sociali che l'intervento pubblico è in grado di modificare".
Un politico liberale non può tacere l'importanza delle condizioni di vita nel determinare l'ambito della libertà. Esistono dei limiti sociali, ambientali, economici, fisici, che impediscono alle capacità di trovare un terreno fertile per esprimersi a pieno, e che possono essere adeguate alle esigenze di tali capacità attraverso l'intervento politico.
Come afferma Martha Nussbaum, integrando l'approccio di Sen, la "capacità è un concetto esigente": richiede che siano predisposte le condizioni per il suo sviluppo e la sua attuazione.
Esse però non sono vincolanti, la scelta di ciascuno, che investe l'apertura delle capacità all'attività, è risposta nella libertà dell'individuo: in questo risiede il senso del liberalismo.
Un bambino a cui sono negate le condizioni per poter studiare, o per approfondire il senso delle proprie curiosità, per appassionarsi a quegli angoli di mondo che tagliano il cuore in due parti per mostrare una nuova parte di se stesso, non potrà neppure avvicinarsi a quelle esigenze vitali che fanno la stoffa della vita. Quelle esigenze resteranno infatti sospese nel bisogno più avvilente, quello che ignora il proprio oggetto perché troppo distante, e si distoglie da se stesso per trovare un nuovo senso di essere. Per poter continuare ad esistere.
La capacità ha bisogno di oggettivarsi, di aprirsi al mondo perché vive nel mondo, è il mondo, e quando quel mondo nega gli spazi di espressione, essa torna in sé per fondarsi su se stessa, ricavando da altro il proprio spazio di sussistenza. Un bambino che non può studiare, pur volendolo, non è semplicemente "ciuccio".
Don Milani diceva che "finchè ci sarà uno che conosce 2000 parole e uno che ne conosce 200, questi sarà oppresso dal primo. La parola ci fa uguali". Un ragazzo nato in una famiglia in cui si parla abitualmente in dialetto, conoscerà molte meno parole di uno nato in una famiglia in cui si parla abitualmente in italiano. Il primo, per raggiungere lo stesso livello del secondo, dovrà studiare molto di più. Per studiare egli avrà bisogno di condizioni idonee, senza le quali la sua libertà sarà fortemente ristretta.
Eppure l'intervento pubblico, favorendo la libertà individuale, non sradica l'identità dell'individuo dalla sua origine. Quelle condizioni in cui è nato, quelle esperienze, costituiscono il fondamento di ogni sviluppo successivo. Persino la rottura, nel suo carattere costruttivo, rivoluzionario, non può che passare da un'assunzione del proprio passato, delle proprie tradizioni, fondandosi su di esse.
E ogni rottura porta con sé la sostanza della propria storia, del proprio passato, che sfocia in nuove scelte. Se però le scelte non avvenissero in libertà, nulla mai cambierebbe.
Azzollini ha concluso il suo intervento rivendicando i tagli alla ricerca del governo Berlusconi, che finalmente "impediranno a gruppi che non sono composti da centinaia di ricercatori di fare ricerca. In quattro gatti è impossibile infatti fare ricerca".
Sembra quasi che i fondi debbano essere la conseguenza di un adeguamento della ricerca al paradigma economico e culturale dominante, e non lo strumento indispensabile per la conduzione della ricerca stessa. Del resto, la valorizzazione del lato tecnico e applicativo del sapere a discapito di quello riflessivo, anche nella scuola superiore, ha evidenziato la concezione strumentale che questo governo ha della cultura e della ricerca.
Del resto, lo stesso prof. Berardi, past- Governor, ha sottolineato come quest'anno "perde" quattro specializzandi all'avanguardia nella ricerca medica a livello nazionale che non è possibile al momento collocare professionalmente.
Ma siamo convinti che i ragazzi che hanno vinto questo premio sapranno staccarsi dalle concezioni del sapere non mediate, assunte al di là dei fondamenti, per realizzare un'esperienza di studio e di ricerca che sia davvero critica, che includa l'analisi del senso profondo che ci lega a certe concezioni, perché esse siano davvero parte della propria vita. Perché il sapere è vita.
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Autore: Giacomo Pisani