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Il Liceo Scientifico domani in scena con Giacomo Puccini Performance del collettivo teatrale "freedom” con la regia del prof. Tonino Ragno
21 maggio 2006

MOLFETTA - Una circumnavigazione intorno a Giacomo Puccini, il compositore meno provinciale del nostro panorama musicale, che la mitologia moderna ci ha consegnato in un'immagine musona e cinica, in una quasi patologica impossibilità di sentimenti. Questo intende essere, nelle intenzioni del prof. Tonino Ragno che ne ha curato la messa in scena, “Giacomo Puccini”, spettacolo presentato domani, 22 maggio, dal collettivo teatrale "freedom “del Liceo Scientifico di Molfetta", presso il teatro Odeon, con porta alle ore 19 e sipario alle ore 19.30. Un'azione teatrale scritta da Francesca Taormina e Michela Giuliana. “A metà tra biografia e psicologismo e psicanalisi – si legge nelle note di regia di Tonino Ragno - tra lo stridore della vita vissuta e la vita traslata sul palcoscenico: sulla scena il Maestro si divide tra ricordi e amori, la moglie (l'”amore cattivo” eppure amata oltre misura), le amanti, l'amica dell'anima. Sono gli anni in cui si colloca il caso “Turandot”. È lei la coprotagonista dello spettacolo. È lei ad ucciderlo. Il progetto più ambizioso di tutta la vita di Puccini, la sua opera più wagneriana, che preannuncia Stravinskij, Berg, Gershwin, Schönberg. Tutta l'atmosfera di “Turandot” si esprime ai vertici di un'orchestrazione dagli effetti coloristici violenti, lividi e onirici. Il capolavoro incompiuto: d'altronde la musica è sempre una forma aperta, tutta la grande musica è sempre incompleta. “ Turandot” inoltre registra un imponente uso delle masse, il popolo spinto ai confini delle allucinazioni collettive, incapace di pensare, con un destino strettamente legato alle sorti di chi lo comanda. Un tema d'attualità. Emerge uno spaccato dell'”Italietta” piccolo-borghese prima umbertina poi fascista. È il momento della grande crisi della borghesia italiana ed europea. Puccini, artista introverso, raffinato e complesso (rispetto ai contemporanei Mascagni e Giordano, meno colti), interpreta da un lato la nevrotica insufficienza vitale del decadentismo europeo, dall'altro la propria modernità, inquietante e inquieta, capace di trasmutare tecnicamente in accordi dissonanti le rimozioni, le inibizioni, i blocchi delle nevrosi ideologiche di un'Europa cupa e martellata dai manganelli e dal totalitarismo nazi-fascista. Puccini non terminò l'opera. Ma forse non potè e non volle terminarla. Un terribile cancro alla gola lo uccise il 28 novembre 1924 in una clinica di Bruxelles. L'opera andò in scena alla Scala il 25 aprile 1926, diretta da Arturo Toscanini”. L'ingresso è gratuito.
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