Il grembiule e lo scettro
Don Rocco D'Ambrosio, autore di un libro coraggioso: «Avevo promesso questo libro a don Tonino…»
È ancora un “conto in sospeso” con il nostro amatissimo don Tonino ad ispirare una bella riflessione, quella di don Rocco D'Ambrosio, sapientemente argomentata nel suo libro “Il grembiule e lo scettro” (ed. “la meridiana”, 2005 - 10 euro). L'interesse per questo libro, che si distingue particolarmente per immediatezza e chiarezza delle tematiche, ha spinto noi di Quindici ad incontrarne l'autore per parlarne direttamente con lui e per andare ancora più a fondo, se vogliamo, nella storica tematica del rapporto tra Chiesa e politica.
Don Rocco insegna Filosofia politica e Etica politica alla Facoltà di Teologia dell'Istituto Teologico Pugliese (presso il Seminario Regionale) nella nostra città e presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma e il suo impegno è continuo nel tentativo di educare, soprattutto i giovani è evidente, ad un'idea – o un ideale – di una politica attiva perché consapevole, pensata, “studiata” e non casuale come invece siamo più abituati ad intenderla oggi. Il suo libro incarna infatti la sua chiara visione del quotidiano e nello specifico di come, in esso, bisogna oggi leggere il rapporto tra Chiesa e politica, un rapporto non difficoltoso ma sempre sul crinale tra l'eccessivo attivismo – esasperato se vogliamo – e il totale disinteresse – negativo a sua volta per altri versi –.
Don Rocco parla spesso in prima persona nel libro, soprattutto quando intende evidenziare alcuni passaggi per lui particolarmente cari: «Sì, in prima persona anche perché volevo essere il più diretto possibile e volevo soprattutto che il mio libro non fosse uno di quei saggi complessi e spesso troppo lontani dal lettore. Ho scelto infatti di riportare “pezzi di giornale”, accanto a passaggi della Gaudium et spes, accanto ad estratti di encicliche papali, accanto alle parole di don Tonino perché sentivo che il loro significato e il loro apporto avrebbe adeguatamente supportato il mio pensiero».
Il testo fa davvero una disamina a tutto tondo – e senza mezzi termini – di quelli che sono soprattutto i limiti dell'azione della Chiesa e della sua ingerenza nella vita politica del paese, nonché di quella che ormai è chiaramente una politica logora, dimentica degli storici ideali che hanno animato e ispirato la formazione di gruppi storici e che si guarda allo specchio ormai imbellettata dalla corruzione, dal clientelismo, dall'ignoranza. Ma don Rocco non salva la Chiesa che spesso, come dice lui, «scivola così facilmente nei giochi di potere e si sporca il grembiule» cedendo alle lusinghe dei segni del potere piuttosto che predicare e testimoniare il potere dei segni.
Il discorso non può non scivolare su quell'ultimo macroscopico esempio dello scontro Chiesa/politica che è stata l'ultima tornata referendaria. Don Rocco condanna senza appello gli inviti all'astensione di cui anche la Chiesa si è fatta portavoce: «hanno imbavagliato le coscienze e invece che portare alla riflessione, al confronto e soprattutto all'informazione, non hanno fatto altro che lasciare la gente disinformata e smarrita». Lui invece ritiene di dover insistere sul tema della “presenza”: in uno stato in cui la Chiesa deve entrare nell'ottica di incarnare ormai una minoranza, deve convincersi che il suo ruolo deve smettere di essere passivo. E quelli che un tempo erano dei vivai di riflessione anche politica, e pensa all'Azione Cattolica tanto per fare un esempio, non conservano nemmeno l'ombra della loro identità di un tempo: è facile disinteressarsi della realtà politica in nome di un sociale, se vogliamo “facile” e – cosa non secondaria – a volte piuttosto redditizio. Per questo la politica del grembiule va rilanciata: perché uno dei più grandi rivoluzionari della storia, Gesù, indossò il grembiule per lavare i piedi ai suoi discepoli, con l'umiltà dei grandi e la serenità di chi sa insegnare le grandi cose non dalla cattedra, ma dall'ultimo banco.
Don Rocco ripropone con forza la “politica del grembiule” con la voglia di chi ci crede davvero, di chi vorrebbe che la politica tornasse a parlare di libertà, di valori, di idee e della loro storia, e di chi cerca di interpretare la missione pastorale con intelligenza sociale e di parlare sempre chiaro, senza fuggire il confronto. Ci ha colpito il suo essere diretto e semplice, ma forse, ancora di più, il coraggio di dire sempre e comunque…«parliamone».
Francesca Lunanova
francesca.lunanova@quindici-molfetta.it