L'Azzollini dimissionario consegna alla città il cantiere, da pochissimo aperto, per l'espansione del porto. L'intera classe politica, che nella sua totalità ha portato in città il grande progetto, secondo per grandezza solo al Mose di Venezia, deve ora renderne conto alla popolazione. Per iniziare a fare chiarezza su quella che sarà la linea di gestione del neo-terminal molfettese, sia in fase di costruzione che una volta ultimato, Quindici ha intervistato Antonio Camporeale, coordinatore cittadino di Forza Italia e Nino Sallustio membro del direttivo del Partito democratico. LA SOCIETÀ DEL PORTO Utile, al fine di comprendere il problema, è ricordare che attualmente la Società del Porto, con unico azionista il Comune, è l'organo che gestisce il porto con un triumvirato di Totorizzo, Lisena e lo stesso Camporeale. A lavori ultimati, per legge, la Società dovrebbe entrare a far parte di un organo composto non solo da legislatori, ma anche da rappresentanti della Capitaneria di Porto e da privati che operano nello scalo. In questo modo, suddetta Società sarebbe solo uno degli amministratori. L'AUTORITÀ PORTUALE DEL LEVANTE D'altra parte l'assetto gestionale potrebbe variare qualora il porto entrasse a far parte della neonata Autorità. Il decreto ministeriale di estensione della circoscrizione di Bari, redatto dal ministro Bianchi, avrebbe come fine quello di mettere a disposizione dell'utenza un'offerta integrata ed unitaria. Ma i primi disaccordi sono proprio su quest'opzione. Antonio Camporeale parla di “tentativo di colonizzazione, da parte dell'autorità portuale barese, ai danni della nostra città”. In sintesi gli organi preposti all'offerta di una integrazione del nostro scalo nella più ampia organizzazione non avrebbero assolutamente cercato il dialogo con la nostra amministrazione. “Una condotta tanto irrispettosa da scatenare un nostro rifiuto”. Ovviamente, diametralmente opposta, la versione di Nino Sallustio che probabilmente, da un certo punto di vista ha indovinato le reali cause, accusando il sindaco uscente Antonio Azzollini di fare una politica autarchica. Azzollini, secondo il membro del PD, non avrebbe cercato il confronto e mantenere lo scalo fuori è, più che altro, una mossa politica pre-elettorale, per poter dare qualche poltrona in più. “Vedrà che Azzollini, se dovesse essere rieletto, rivaluterà l'opzione di inserire Molfetta nell'Autorità”. Questo, Camporeale, d'altra parte, non l'ha negato, salvandosi, in calcio d'angolo ed affermando che: “Il Senatore non ha mai tagliato i ponti e nulla può essere escluso. La Società del Porto si candida come ente di gestione”. E' quest'ultima asserzione che lascia senz'altro perplessi. Nota ironica è che la candidatura della Società arriva in concomitanza con le elezioni: strano gioco di parole. Si sta parlando, del resto, di una non proprio casta possibilità. Da indiscrezioni, sembrerebbe che anche nel capoluogo pugliese ci si stia facendo qualche conto. E' per rimanere al di sopra delle 3 milioni di tonnellate l'anno di traffico, che Bari avrebbe voluto tale Autorità; per non perdere la propria indipendenza. LE OPPORTUNITÀ DI LAVORO Mentre i politici parlano e i giornalisti scrivono, la CMC ha iniziato i lavori. L'azienda, secondo un'intesa, ha detto Camporeale, proprio con la Società del Porto, dovrà impegnarsi nello sfruttare la manodopera locale per fornire le risorse umane e portare a termine i lavori. Gli stessi, poi, dovrebbero concludersi fra quattro anni. Si noti che, dopo poche settimane dall'inizio dell'opera, il cantiere porta già, secondo il rappresentante della maggioranza uscente, mezzo anno di ritardo. Chi ben comincia è già a metà dell'opera. Molto più alto il tempo necessario secondo Sallustio per il quale: “Ci vorranno almeno 10 anni prima che lo scalo sia ultimato”. Cinicamente verrebbe da asserire che sarebbe meglio che si impieghi un bel po' per portare a termine l'opera, dato che, per l'inserimento di molfettesi nello scalo, cercare un serio programma politico è pura utopia. Camporeale ha detto: “La società ha già un'intesa. E' naturale che sia nostro interesse e nostra funzione inserire molfettesi per i futuri posti di lavoro permanenti”. Su questo fronte, quindi, bisognerà fidarsi ciecamente, dato che, tra l'altro, nulla è stato ancora firmato. Per dovere di cronaca, i lavori sono già partiti e, denuncia Sallustio, nel progetto esecutivo sono comparsi 5 milioni di euro che nella stima iniziale non erano previsti. Il consigliere comunale uscente del PD, dal suo canto propone soluzioni forse un po' velleitarie: accordi con le scuole professionali e centri di formazione in loco per creare tutte le figure professionali necessarie, dalla bassa forza ai piloti di porto. I Piloti, infatti, volendo fare un esempio, sono figure professionali frutto di una lunga carriera nella Marina Mercantile, e non in una scuola, e una Compagnia composta da loro, è un ente privato, dal 1994, che poco c'entra con le scuole superiori della città. In altre parole non c'è un reale programma per l'occupazione a lavori ultimati e per quanto riguarda il cantiere non c'è nulla sulla carta. LA SUA UTILITÀ Malgrado le visioni divergenti, almeno sull'adeguatezza dei lavori c'è accordo. Per la sua conformazione il porto di Molfetta è più che altro comparabile ad oggi, ad un approdo. I pescatori sono testimoni di notti di straordinario passate a staccare i pescherecci dalla banchina per ancorarli al largo, quando c'era maltempo. Tutto pur di evitare che gli scafi urtassero la pietra e l'opera morta si sfracellasse. A suo tempo la diga foranea è stato un primo passo avanti che andava senz'altro perseguito, come da attuale progetto. Ma a prescindere da questo aspetto prettamente strutturale, il nuovo porto di Molfetta procurerà ricchezza? Quanto subirà la concorrenza limitrofa? Camporeale ha affermato: “Ci sono già delle compagnie armatrici che si staccherebbero da Bari per trasferirsi in città”. Naturalmente nessun nome. Sallustio invece vede nel futuro del porto “un bando a livello internazionale per un gestore dalle reali capacità tecniche. Un nome potrebbe essere quello di Mariani, che è a capo dell'Autorità di Bari”. In sintesi, il democratico non dice nulla di nuovo, avendo già asserito che Molfetta dovrebbe entrare nell'Autorità del Levante. “E' inutile fare nomi che finirebbero nel tritacarne. Molfetta – ha sottolineato invece Sallustio – rischia di restare fuori e fare la fine di Gioia Tauro, che opera al 5% del suo potenziale”. Insomma, tante parole, ma pochi i numeri, dati statistici, indagini scientifiche, persino le idee. La Società del Porto è definita “Un organo tecnico” e allo stesso tempo il “gruppo di amici del sindaco”. Il problema è che un porto non può essere gestito come l'ennesimo affare interno, l'ennesima diatriba tra fronti politici che più che modelli si contrappongono aria. Lascia abbastanza spiazzati la frase di Camporeale che dice: “Il porto non è più un progetto, è la realtà”. Ad avvalorare la tesi i manifesti che allegramente recitano “Molfetta, un sogno andato in porto”. Molto pericolosa è l'idea che l'impegno in favore dello scalo è concluso o passa in secondo piano. Volendo cercare un parallelismo con la navigazione, ora si è semplicemente avuto il denaro per la traversata. Sta alla prossima amministrazione comunale, di destra o sinistra che sia, pianificare punto per punto e al meglio, la rotta, o presto la barca affonderà.
Autore: Sergio Spezzacatena