Il fascino delle opere di Natale Addamiano
Torrione Passari, Chiesa della Morte e Sala dei Templari un itinerario artistico per ammirare la produzione di un Maestro molfettese trapiantato a Milano
Ha riscosso, com'era del resto prevedibile, straordinario successo, al punto da essere più volte prorogata, l'antologica del pittore Natale Addamiano, patrocinata dalla Provincia di Bari, dalla Regione Puglia e dal Comune di Molfetta e progettata dall'associazione culturale Grado Zero di Molfetta. Un ruolo importante ha rivestito anche la Studio 4 Art Gallery che ha esposto opere emblematiche del vivo legame dell'artista con la sua, e nostra, città. I visitatori hanno potuto inoltrarsi lungo un itinerario di fascinose creazioni tracciato a partire dalla Sala dei Templari, per proseguire con il Torrione Passari e la Chiesetta della Morte. Proficuo l'ausilio delle guide - tra cui la gentile e competente Rosanna Salvemini - preposte all'illustrazione di alcune caratteristiche dei dipinti esposti. Una mostra la cui genesi risiede nel desiderio dell'affermato pittore, che, allievo di Domenico Cantatore, è stato titolare della cattedra di Pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, di “fare il punto” su alcune tematiche peculiari della sua costante sperimentazione artistica e, al contempo, di offrire un delicato omaggio a una città di cui è innamorato. Non posso esimermi dal citare Giovanni de Gennaro, che lo definisce “milanese integrato”, sempre proteso “ad inseguire le luci della sua Puglia”. Luminosità cangiante che coglieva con finezza anche Lorenzo Palumbo, indagando le fatiche en plein air dell'Addamiano. Quest'ultimo si configura quale artista versatilissimo, peritamente attestato anche sul versante della serigrafia e incline ad accogliere suggestioni del Cantatore, che Addamiano ricorda asserire come “certe acque tinte possano essere ben più belle degli acquerelli”. I Notturni si addensano nello spazio espositivo della Sala dei Templari, ch'è stata, purtroppo, teatro di uno sfregio ai danni di un cielo rosso in una notte d'estate, a riprova del fatto che l'ottusa inciviltà e l'altezzosa ignoranza siano ormai Leitmotive che scandiscono la vita della nostra città. Ci piace, invece, ricordare come la notte sia stata protagonista anche di una fortunata personale dell'Addamiano, allestita a Milano dall'Eldec di Roma, Notturno italiano: 70 dipinti che spaziano dalla luce crepuscolare al rosso tramonto al chiaro di luna che, vivido o fioco, illumina la notte genovese, di San Pietro o d'altre maliose città. Quelli ammirati presso la Sala dei Templari sono notturni delle nostre terre, per lo più realizzati con la tecnica del pastello o dell'olio, espressione di una ricerca inesausta su un paesaggio dell'anima, tra luci e ombre. Specchi di luce s'insinuano dolcemente a fior dell'acqua; il mare a tratti appare corrucciato; a volte pare fatto della stessa stoffa delle nubi. Nubi primattrici di un cielo ora bleu cupo,ora delle gradazioni del giallo o d'un rosso pervasivo; nuvole che, orlando spesso un disco lunare più o meno luminoso, non mancano, in una circostanza, di evocare gli stormi/ neri pensieri carducciani. Una sezione cui Addamiano sembra particolarmente legato è quella delle “Gravine”, su cui è incentrato il bel catalogo a cura di Piero Boccuzzi (dedicato a Franco Poli, Beniamino Finocchiaro, Anna Rita Spezzacatena, Salvatore Salvemini, Lorenzo Palumbo, Nicola Morgese), realizzato dalla Dep Art di Milano. Non possiamo non condividere il giudizio del Sanesi, che assimilava quello dell'Addamiano a “un paesaggio indifferenziato, più dell'immaginazione o della psiche che non immediatamente riconoscibile in un luogo preciso”. I “muraglioni di roccia” assurgono a palcoscenico su cui l'anima si squaderna, in alcuni casi a dispetto delle determinazioni stagionali e diurne adombrate dai titoli. Così, mentre la gravina biondeggia in estate, sprazzi di cielo plumbeo lasciano trapelare un velo d'inquietudine; il mattino stesso appare più o meno luminoso a seconda dell'intima predisposizione dell'occhio che guarda. S'intravede a tratti un impressionismo informale; i cromatismi del tramonto si assimilano al trionfo della terra rossa... Una ricerca in cui solitudini megalitiche possono innervarsi in una natura che parrebbe quasi con esse solidarizzare nei colori. Mancano, nell'esposizione, quelle stupende bagnanti/ muse di lasciva purezza che altrove, come foltochiomate Veneri, Addamiano mostrava ergersi sul fondo delle gravine. Un'inquieta bellezza caratterizza i “diari notturni” della Chiesa della Morte, ciclo, elaborato in un periodo circoscritto (1970-71), che Addamiano ha voluto presentare alla città e agli amici pittori. La voluta mancanza di didascalie consente allo sguardo del visitatore di congetturare intorno alle polisemiche creazioni dell'artista. L'irrequietudine determina la tensione al viaggio, fisico o sognato che sia; sullo sfaldarsi dei contorni materici si staglia l'emergere di oscure, non per questo necessariamente perturbanti, presenze, che la memoria familiare e l'esperienza “lirico- esistenziale” hanno misteriosamente destato. Un lirismo a tratti magico, costantemente – a nostro parere – melanconico, sembra invece la cifra delle figurazioni di Molfetta. Sia scontornata in un volo di rondini su una mistico- spettrale fusione di terra e cielo, o sia poesia di tetti che bevono una luce cilestrina o magari elegia di barche solitarie - emblemi di un passato che giorno dopo giorno muore -, Molfetta, nelle creazioni di Addamiano, è sempre l'amata che, anche non agghindata, non perde l'arcano potere fascinatore.
Autore: Gianni Antonio Palumbo