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Il Duomo di Molfetta, una “Sentinella di pietra” Presentato il volume di Filomena Gigante con foto di Ignazio Pansini
15 giugno 2004

Seduti nella penombra è difficile individuare direttamente almeno un particolare tra i tanti che scorrono sul grande schermo. Tutti se ne rendono conto ma vuoi perché trasportati dalle dolci note dell'arpa e del flauto, vuoi perché convinti di averli già individuati, nessuno resiste alla tentazione di levare lo sguardo verso le cupole. Così più che alla presentazione di un libro sembra di assistere ad una celebrazione. E se Dio si manifesta anche nelle opere dell'uomo, l'opera con cui l'uomo nella nostra città ha tributato la sua fede all'Altissimo è il Duomo. Dalla conclusione del restauro tanta è stata la curiosità intorno all'opera e in tanti attendevano speravano di saperne di più. L'occasione è stata fornita dalla presentazione di una pubblicazione di Filomena Teresa Gigante, dal titolo “Sentinella di Pietra. Il Duomo di Molfetta”, (nella foto, la copertina) corredata dalle inedite e bellissime foto di Ignazio Pansini, che ha immortalato quei particolari che hanno lasciato nell'occasione tutti con il naso all'insù. Una serata di cultura in cui si sono alternate le immagini e un estratto del testo della giovane autrice interpretato da Francesco Tammacco, con la musica magistralmente eseguita dall'arpa di Anna Maria Giangaspero e dal flauto di Vincenzo Mastropirro. La chiesa era gremita come nelle più significative celebrazioni eucaristiche e nessuno è andato via deluso, anzi ha portato a casa la pubblicazione. Questa, come sottolinea la prof. Elena Germano Finocchiaro nella prefazione, “non vuole essere una trascurabile operazione divulgativa, ma al contrario un utile contributo alla conoscenza della storia e dell'arte nella nostra città”. La prima parte dell'opera, infatti, analizza e descrive le strutture architettoniche della chiesa, dalle aggiunte ai mutamenti intervenuti nel corso dei secoli. Così si può scoprire, con una “agilità che mai si dissocia dalla citazione puntuale delle fonti e, sulle questioni ancor oggi controverse, dalle ipotesi più fondate tra quelle formulate dagli storici”, l'originalità delle “cupole in asse, dissimulate esternamente da strutture a piramide” e le ragioni della mancanza della cripta, forse originariamente prevista. Inedito nella seconda parte il resoconto della visita pastorale effettuata da mons. Pompeo Sarnelli, vescovo di Bisceglie nel 1699, al nostro Duomo. Il racconto è stato tratto dal resoconto in latino custodito nell'archivio vescovile che la prof. Finocchiaro definisce “una testimonianza preziosa finora conosciuta solo agli addetti ai lavori e restituita all'approccio di un pubblico più vasto che potrà avvicinarlo alla descrizione della fabbrica e dei suoi arredi…come si mostravano tre secoli fa”. La conclusione dell'opera è affidato a un contributo storiografico, costituito dalla analisi cui la Gigante interpreta l'iconografia e alcuni segni architettonici che “favoriscono il percorso liturgico, che nel medioevo trova nella simbologia del sole il suo focus determinante”. Il centro dell'analisi è costituito dall'iconologia delle chiavi di volta delle arcate delle cupole. In particolare di quattro figure di lavorazione estremamente rudimentale scolpite in pietra locale: un Cristo pantocratore, una Madonna con bambino, l'Arcangelo Michele e una figura secondo alcuni demoniaca nella quale l'autrice riconosce un Telamone, eroe mitologico “inginocchiato e proteso a reggere il peso a cui soggiace”. La lettura di questi simboli, ha accompagnato anche la serata della presentazione, invitando i presenti a riflettere su aspetti spesso trascurati oggi, ma cari all'iconologia sacra di cui il Duomo è anche testimonianza, che pongono Dio al centro dell'universo, anche dopo la rivoluzione copernicana, “in quanto principio e traguardo dell'esistenza dell'uomo”. Un lavoro di ricerca snello e originale di una giovane ma titolata autrice (di cui manca la scheda biografica) che ha reso fruibile anche ai profani della storia dell'arte, lontani dalle opere del Belli D'Elia o di Valente, un pezzo del patrimonio storico e artistico della nostra città cui tutti si sentono vicini. Michele de Sanctis jr. michele.desanctis@quindici-molfetta.it
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