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I volontari del WWF liberano dalle api l'ospedale di Molfetta
09 maggio 2009

MOLFETTA - I volontari del WWF Molfetta sono nuovamente intervenuti a seguito della segnalazione della presenza di un favo contenente qualche migliaio di api (apis mellifica) che si erano annidate in un'intercapedine esterna tra due corpi di fabbrica dell'Ospedale don Tonino Bello di Molfetta, all'altezza del quarto piano. Si tratta del secondo intervento, dopo quello effettuato alcuni giorni fa nella zona 167 e si è rivelato particolarmente arduo. È stato necessario ricorrere ad una speciale piattaforma elevatrice con un braccio mobile che può giungere ad un'altezza di 70 metri, l'unica, dunque, che permettesse di superare il corpo di fabbrica della chiesa, consentendo agli operatori di effettuare l'intervento in tutta sicurezza. Come ha evidenziato la dottoressa Annalisa Altomare, direttore sanitario del P.O. di Molfetta, il favo è stato segnalato da alcuni operai impegnati nei lavori di ristrutturazione del nuovo reparto di medicina (che si spera di inaugurare entro l'anno) e si trovava nei pressi dell'impianto di climatizzazione. Immediatamente la dott.ssa Altomare ha provveduto ad emettere un'ordinanza volta a mettere in sicurezza il nosocomio (ad esempio ordinando di tenere chiuse le finestre) ed è stata attivata una rete di esperti che hanno valutato la situazione e individuato le azioni più opportune. Prioritaria, come sempre, è stata considerata la sicurezza dei degenti e la dott.ssa Altomare si è detta soddisfatta della serietà e della competenza con cui si è proceduto e della collaborazione riscontrata negli operatori e nei volontari del WWF. Il coordinatore regionale delle guardie volontarie del WWF, Pasquale Salvemini, ha ricordato che in questo periodo le api, una delle specie più minacciate nel nostro territorio, sono in migrazione e sempre più spesso scelgono i centri abitati, poiché meno inquinati da fitofarmaci e antiparassitari nonché dal clima tendenzialmente più caldo rispetto alle campagne. Pasquale Salvemini ha, dunque, invitato chi dovesse rinvenire la presenza di favi nei centri abitati di tutta la provincia a rivolgersi alle autorità (Vigili del Fuoco, Polizia Municipale…) o direttamente al WWF, contattando i numeri 0809143819 oppure 3466062937.
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La chiara dimostrazione e prova di una rapida e innaturale - se vogliamo considerarla così - "rivoluzione" e involuzione dell'ecosistema globale terrestre. L'attività umana accelera molto i ritmi di erosioni naturali. L'inquinamento e il degrado ambientale insopportabile delle specie viventi tutte. Vediamo la perdita di "orientamento" delle tartarughe, delle balenottere, la scomparsa di vegetali e animali vari o l'avvicinamento verso le zone abitative di animali come l'orso bianco e bruno, a caccia di cibo sempre più affamati e in lotta per la sopravvivenza. E' l'aspetto più evidente, quello che decreta la scomparsa della fitocinesi, sia primaria sia secondaria. Nella maggior parte dei casi, la scomparsa è causata dall'antropizzazione che sottrae direttamente le aree alla vegetazione spontanea lasciandola agli insediamenti e all'esercizio di attività produttive. Il degrado degli ecosistemi si manifesta sotto molti aspetti, e l'alterazione può essere causata da diversi fattori: - Introduzioni di specie esotiche invadenti. E' essenzialmente causata dall'attività agricola, come l'impiego di sementi o mangimi provenienti da altre regioni provoca l'introduzione di specie vegetali che hanno un potenziale biologico elevato. Con il passare degli anni queste specie diventano competitive con le piante dalla vegetazione spontanea, provocando alterazioni dell'ambiente e danni alle specie circostanti. Lo sfruttamento intenso delle essenze, se protratto in modo irrazionale, ne determina un indebolimento del potenziale riproduttivo. - Selezione diretta da parte dell'uomo che possono favorire e soddisfare specifici interessi, a discapito della naturalezza della rinascita della vita. - Gli incendi sempre più in atto, a provocare una vera e propria selezione della vegetazione che s'insidia secondariamente e l'involuzione di una fitocinesi verso uno stadio più degradato e povero di specie. La conseguenza inevitabile del degrado di un qualsiasi ecosistema allo stadio di climax: l'alterazione degli equilibri ha un impatto negativo sulla specie con il minor potenziale riproduttivo determinandone la scomparsa. La riduzione della biodiversità è un danno inestimabile per diversi motivi: - Riduce la capacità di reazione omeostatica dell'ecosistema e lo rende vulnerabile ai fattori di alterazione. - Riduce il potenziale genetico delle singole specie. La presenza di una determinata specie in un territorio è spesso legata ad ecotipi specifici che contengono geni non presenti nelle popolazioni della stessa specie presenti in altri territori. Questo è un aspetto gravissimo perchè riduce la variabilità genetica interferendo con il lento processo di evoluzione. - Riduce la potenzialità di evoluzione di un ecosistema verso uno stadio climatico elevato. - Decreta l'estinzione della specie da un territorio più o meno vasto. Il fenomeno è ancora più grave quando si tratta di specie endemiche ad areale fortemente circoscritte. Quando gli esseri umani manipolano l'ambiente, si ottengono prima vantaggi notevoli, poi, per l'ingordigia del "più profitto a tutti i costi", l'intervento diventa dannoso. Viviamo in un mondo affamato, costretto in futuro ad affrontare una crisi sempre più grave. L'importante non è quanta terra abbiamo, ma come la usiamo. Analizziamo alcuni settori specifici, chiedendoci perchè permettiamo che le cose vedano male, e quali misure possiamo prendere per porvi rimedio. Siamo i soli protagonisti a decidere della nostra esistenza e del futuro dell'UMANITA'.

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