MOLFETTA - Rinnovare come nel ’94, lasciando però il potere sostanziale sempre nelle mani degli stessi baroni. Secondo indiscrezioni, sembra essere questo il “verbo messianico” diramato da più parti e, in particolare, dal principale partito di opposizione. Una logica che nessuno, soprattutto i giovani indipendenti non asserviti alla logica del capo unico, sembra voler accogliere. Tra l’altro, non si potrebbe neppure parlare di un remake del film già visto nel ’94, ma semplicemente di un nuovo doppiaggio di una pellicola logorata ormai dal tempo, con gli stessi attori in scena che, però, parlerebbero con la voce di qualche ragazzino di oggi.
Infatti, nelle ultime settimane almeno due sarebbero stati gli incontri tra le segreterie dei partiti di opposizione (e non solo), in attesa che il gruppo di potere maggioritario tirasse fuori dal cilindro il classico “coniglio”benedetto dai “vate” del ’94. Allo stesso tempo, vari pretendenti stanno aspettando la real designazione, forse anche con intenti demolitivi. Sembra quasi di rivivere, seduti in poltrona a casa, la scena iniziale del film animato “Il re Leone” con la presentazione al popolo del principe ereditario.
Stessa situazione nel centrodestra. In entrambi gli schieramenti si è spento l’entusiasmo e la soddisfazione politica, manca persino l’obbedienza cieca di un tempo. Vecchi capi da destra a sinistra, che avrebbero dovuto semplicemente fare un passo indietro, si ostinano con pervicacia nelle loro personali politiche di potere, come se nulla fosse cambiato intorno a loro. Ecco perché la politica molfettese soffre sui due fronti di un cancerogeno male oscuro, che si consuma maggiormente all’interno delle macerie di quelli che una volta erano partiti democratici e non corti baronali.
Una situazione magmatica e degradante come quella attuale potrebbe avere un’unica conseguenza: gli elettori, che non vorranno farsi condizionare dalla scelta obbligata tra l’originale e la fotocopia di un sistema autoritario, decideranno di poltrire a casa.
Del resto, a quanto pare, a Molfetta si sarebbero aperti meccanismi politici tutti particolari. Ad esempio, i vari “capetti”, dopo le varie lamentationes, sarebbero passati alla fase della perorazione per ottenere benevolenze per i propri clientes (nella migliore ipotesi che si lavori per gli altri) per consolidare il loro potere di piccoli valvassori. Una situazione terrificante per una Molfetta che intende risvegliarsi dalle carceri politiche e abbandonare quella patina autoritaria calata sulle teste dei suoi cittadini.
Sarebbe opportuno ritornare alla normalità, privilegiando nella formazione dell’organo di governo competenza e professionalità dei soggetti da nominare (non il classico manuale Cencelli). I partiti, indispensabili per la vita democratica di una collettività, dovrebbero svolgere la loro funzione essenziale d’interpretazione e sintesi degli interessi legittimi della comunità amministrata, riassumendo le fattezze di luoghi di discussione e partecipazione reale dei cittadini. Non solo, ma dovrebbero (re)impegnarsi a promuovere forme di consultazione e concertazione con le varie centrali di aggregazione sociale ed economiche, con l’obiettivo di riconferire centralità al Consiglio comunale, centro decisionale essenziale della vita democratica comunitaria.
Tra l’altro, è necessario riscrivere le regole di confronto tra maggioranza e opposizione (riconoscendo a quest’ultima la titolarità di organismo di controllo e verifica dell’operato della maggioranza) e selezionare, con la partecipazione attiva di tutti i cittadini, la propria classe dirigente, con particolare attenzione alle donne, in modo da evitare che la classe dirigente sia succube di vari gruppi di potere o comitati di affari e che la burocrazia sia succube della politica.
Anche per queste semplici prospettive, un’importante opportunità per la politica locale sarebbe ripescare le forme di consultazione dei cittadini sugli argomenti strategici per la comunità con particolare riguardo alle problematiche relative all’assetto del territorio e sostenibilità ambientale: ad esempio, lo Statuto comunale prevede non solo forme di partecipazione democratica dei cittadini (comitati circoscrizionali), ma anche diversi istituti di partecipazione (partecipazione popolare, consulte, forum, consultazioni, interrogazioni, petizioni, istanze e proposte, referendum consultivi, azioni popolari, ecc.), spesso relegati in questi anni nel dimenticatoio.
Senza dimenticare che una futura coalizione dovrebbe collocare al centro del programma anche la riqualificazione della spesa pubblica, evitando che l’organo di governo elargisca contributi a pioggia e promuovendo solo manifestazioni riconosciute e riconoscibili qualificanti per la crescita dell’intera comunità, e non solo ad uso e consumo di una ristretta cerchia di privilegiati, utilizzando i soldi pubblici.
Insomma, nell’amministrazione di una città sarebbe necessario osservare un unico principio: dura lex sed lex, evitando in modo assoluto provvedimenti che possano favorire pochi individui castali o solo determinate categorie socio-economiche. In questo modo, si potrebbe evitare che «per difetto di buon governo il popolo decade, la riuscita sta in molti consiglieri» (Salomone).
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