Recupero Password
I vecchi baroni e la mano morta: Molfetta, rasa al suolo una alternativa democratica da destra a sinistra
28 settembre 2012

MOLFETTA - Rinnovare come nel ’94, lasciando però il potere sostanziale sempre nelle mani degli stessi baroni. Secondo indiscrezioni, sembra essere questo il “verbo messianico” diramato da più parti e, in particolare, dal principale partito di opposizione. Una logica che nessuno, soprattutto i giovani indipendenti non asserviti alla logica del capo unico, sembra voler accogliere. Tra l’altro, non si potrebbe neppure parlare di un remake del film già visto nel ’94, ma semplicemente di un nuovo doppiaggio di una pellicola logorata ormai dal tempo, con gli stessi attori in scena che, però, parlerebbero con la voce di qualche ragazzino di oggi.
Infatti, nelle ultime settimane almeno due sarebbero stati gli incontri tra le segreterie dei partiti di opposizione (e non solo), in attesa che il gruppo di potere maggioritario tirasse fuori dal cilindro il classico “coniglio”benedetto dai “vate” del ’94. Allo stesso tempo, vari pretendenti stanno aspettando la real designazione, forse anche con intenti demolitivi. Sembra quasi di rivivere, seduti in poltrona a casa, la scena iniziale del film animato “Il re Leone” con la presentazione al popolo del principe ereditario.
Stessa situazione nel centrodestra. In entrambi gli schieramenti si è spento l’entusiasmo e la soddisfazione politica, manca persino l’obbedienza cieca di un tempo. Vecchi capi da destra a sinistra, che avrebbero dovuto semplicemente fare un passo indietro, si ostinano con pervicacia nelle loro personali politiche di potere, come se nulla fosse cambiato intorno a loro. Ecco perché la politica molfettese soffre sui due fronti di un cancerogeno male oscuro, che si consuma maggiormente all’interno delle macerie di quelli che una volta erano partiti democratici e non corti baronali.
Una situazione magmatica e degradante come quella attuale potrebbe avere un’unica conseguenza: gli elettori, che non vorranno farsi condizionare dalla scelta obbligata tra l’originale e la fotocopia di un sistema autoritario, decideranno di poltrire a casa.
Del resto, a quanto pare, a Molfetta si sarebbero aperti meccanismi politici tutti particolari. Ad esempio, i vari “capetti”, dopo le varie lamentationes, sarebbero passati alla fase della perorazione per ottenere benevolenze per i propri clientes (nella migliore ipotesi che si lavori per gli altri) per consolidare il loro potere di piccoli valvassori. Una situazione terrificante per una Molfetta che intende risvegliarsi dalle carceri politiche e abbandonare quella patina autoritaria calata sulle teste dei suoi cittadini.
Sarebbe opportuno ritornare alla normalità, privilegiando nella formazione dell’organo di governo competenza e professionalità dei soggetti da nominare (non il classico manuale Cencelli). I partiti, indispensabili per la vita democratica di una collettività, dovrebbero svolgere la loro funzione essenziale d’interpretazione e sintesi degli interessi legittimi della comunità amministrata, riassumendo le fattezze di luoghi di discussione e partecipazione reale dei cittadini. Non solo, ma dovrebbero (re)impegnarsi a promuovere forme di consultazione e concertazione con le varie centrali di aggregazione sociale ed economiche, con l’obiettivo di riconferire centralità al Consiglio comunale, centro decisionale essenziale della vita democratica comunitaria.
Tra l’altro, è necessario riscrivere le regole di confronto tra maggioranza e opposizione (riconoscendo a quest’ultima la titolarità di organismo di controllo e verifica dell’operato della maggioranza) e selezionare, con la partecipazione attiva di tutti i cittadini, la propria classe dirigente, con particolare attenzione alle donne, in modo da evitare che la classe dirigente sia succube di vari gruppi di potere o comitati di affari e che la burocrazia sia succube della politica.
Anche per queste semplici prospettive, un’importante opportunità per la politica locale sarebbe ripescare le forme di consultazione dei cittadini sugli argomenti strategici per la comunità con particolare riguardo alle problematiche relative all’assetto del territorio e sostenibilità ambientale: ad esempio, lo Statuto comunale prevede non solo forme di partecipazione democratica dei cittadini (comitati circoscrizionali), ma anche diversi istituti di partecipazione (partecipazione popolare, consulte, forum, consultazioni, interrogazioni, petizioni, istanze e proposte, referendum consultivi, azioni popolari, ecc.), spesso relegati in questi anni nel dimenticatoio.
Senza dimenticare che una futura coalizione dovrebbe collocare al centro del programma anche la riqualificazione della spesa pubblica, evitando che l’organo di governo elargisca contributi a pioggia e promuovendo solo manifestazioni riconosciute e riconoscibili qualificanti per la crescita dell’intera comunità, e non solo ad uso e consumo di una ristretta cerchia di privilegiati, utilizzando i soldi pubblici. 
Insomma, nell’amministrazione di una città sarebbe necessario osservare un unico principio: dura lex sed lex, evitando in modo assoluto provvedimenti che possano favorire pochi individui castali o solo determinate categorie socio-economiche. In questo modo, si potrebbe evitare che «per difetto di buon governo il popolo decade, la riuscita sta in molti consiglieri» (Salomone).
 
© Riproduzione riservata
 
 
Autore: Nicola Squeo
Nominativo  
Email  
Messaggio  
Non verranno pubblicati commenti che:
  • Contengono offese di qualunque tipo
  • Sono contrari alle norme imperative dell’ordine pubblico e del buon costume
  • Contengono affermazioni non provate e/o non provabili e pertanto inattendibili
  • Contengono messaggi non pertinenti all’articolo al quale si riferiscono
  • Contengono messaggi pubblicitari
""


Tutti "a caccia" del cosiddetto "nome vincente", partiti politici, movimenti, vecchi o meno vecchi capi partito, da presentare poi ai cittadini. Nessuno, allo stato, ha avuto il coraggio di proporsi, di dire ai cittadini: "io voglio, io mi sento in grado, io posso"... non solo governare, ma "mettermi al vostro servizio". La politica signori, la vera politica è un servizio, una missione, un sacrificio. Non onori, non gloria, ma patimenti, sofferenze... Ma per che cosa? Per il bene comune, di tutti, nessuno escluso, anche di quelli che non ti votano, perché dopo il voto, dopo la scelta democratica, conta e deve contare una sola cosa: l'interesse della città, e di tutti i suoi cittadini di qualsiasi tendenza politica ad essere bene amministrati. Bene signori "lapidatemi pure" ma da questa "platea", da questa autorevolissima platea, forse l'unica cosa rimasta, veramente libera in questa città, io vi dico: "Io voglio, se voi lo vorrete". Si riuniscano, discutano di formule e di candidati, come si può discutere al bar, dello schema di gioco o del miglior attaccante da schierare in campo per vincere la partita di calcio contro la squadra avversaria. Ma non è così che dovrebbe essere. La città non è un campo di calcio, alla fine del campionato, non si vince la coppa, ma la sofferenza, se uno vuole veramente governare, l'enorme complessità di una città come Molfetta. Non sia mai più uno a comandare su tutti, ma tutti a sentirsi rappresentati da uno e più cittadini che si devono mettere al servizio della comunità tutta. Un regime, quello dell'uomo solo al comando va abbattuto prima ancora dell'uomo stesso. E il governo dell'uomo solo si sconfigge solo con il governo di molti, nei quali tutti, devono sentirsi rappresentati. Che ben vengano altri "avventati", proponetevi, giovani, abbiate coraggio! quello che conta non è l'affermazione di uno o dell'altro, ma la vittoria della democrazia e della libertà che quell'uno o quegli altri devono dimostrare da subito di amare, presentandosi ai cittadini, prima ancora che a qualche capo di partito, per farsi "battezzare" nelle segrete e oscure stanze. L'acqua di quel battesimo, però non sarà mai limpida. Questa è la vera lezione che ci viene dal '94, l'unica stagione politica che ha visto un uomo, oggi divenuto un politico esperto e navigato, a torto o a ragione criticato - ma anche questa è la democrazia - presentarsi solo ed esclusivamente alla città, nelle piazze e non nelle segrete stanze. Ebbene, allora la rete, non esisteva, oggi gli strumenti son mutati, c'è una enorme piazza virtuale, rappresentata da questa splendida realtà democratica di questa città. "Il percorso" viene intrapreso nell'immediatezza della comunicazione virtuale che solo la rete può dare. "il percorso" è questa testata stessa che ha accolto tutti voi in questi anni e accolto tutte le vostre opinioni, ed è "online" splendidamente reale, più reale di quel che si immagina. E' chiaro che ci saranno piazze, luoghi di incontro e discussione, oltre la rete, non il buio delle segrete stanze però. Molfetta ha necessità anche di liberarsi da questa asfissiante tenebra che dura oramai da parecchi anni. Ai miei critici chiedo solo che mi venga riconosciuto perlomeno il coraggio, o forse l'avventatezza. Rammentatevi però, il popolo deve decidere, non voi, o al massimo il popolo deve pure ironizzare o schernire, ma il popolo solo può farlo, non voi che vi riunite nel chiuso, con le vostre "figurine" da proporre. In quel momento non state rappresentando nessuno, eccetto i vostri interessi, la vostra bramosia di conservazione o di conquista del potere. Bel coraggio... e con questi presupposti, vorreste abbattere un regime illiberale? Buona fortuna allora. Io, ma spero non solo io, spero anzi siano tanti, poiché non ho nessun interesse da tutelare o preservare, mi espongo ai cittadini, tutti, qui adesso e da domani per strada... Fatelo, se avete coraggio, ma non l'avete... Riconosco a Guglielmo Minervini, che in 50 di storia più o meno democratica in questa città, è stato l'unico ad aver avuto le ..... ed aver intrapreso quel "pubblico percorso"... verso la riconquista della democrazia... Qui "il percorso di qui", è stato intrapreso da parecchi anni... E statene certi continuerà!!!

Quando invecchia, l'uomo mediocre e plebeo comprende facilmente che nulla di buono i suoi simili ricorderanno di lui. Sa bene che l'intitolazione di vie e di piazze a suo nome, la fondazione di club e società a lui dedicati, qualche traccia scritta del suo servizio depositata fra le polveri degli archivi e delle biblioteche di Stato, l'affettuosa memoria portata avanti con semplice senso del dovere morale e non senza personale convenienza dalla propria diretta discendenza e da quella dei suoi sodali -, sa bene, appunto, quanto sia miserevolmente vano tutto ciò, come non sarà mai nient'altro che una semplice cristallizzazione dei suoi appetiti fisiologici ormai fiacchi o irrimediabilmente perduti. Un irrefrenato inseguire le sue meschine velleità di riconoscimento pubblico, di ambizione senza misura - e per ciò stesso patologica -. Cosa, infine, gli resta? L'aver sempre obbedito, la terribile verità della propria resa senza condizioni all'ipocrisia e al conformismo, la vergogna di aver partecipato come strumento di distruzione della propria specie nella guerra millenaria del malato contro il sano, della menzogna contro l'onestà, dei bassi istinti dello schiavo contro le gioiose spensieratezze del libero pensiero e contro la raffinata e gaudente bestia quale è colui che è signore dei propri vizi e delle proprie virtù. Donarsi, fare di sé un esempio per gli altri, divenire un maestro: significa procreare cento, mille discendenti e non sentirsene mai sazi. Vezzeggiare solo se stessi e la propria carne è roba da becchini.

Quindici OnLine - Tutti i diritti riservati. Copyright © 1997 - 2024
Editore Associazione Culturale "Via Piazza" - Viale Pio XI, 11/A5 - 70056 Molfetta (BA) - P.IVA 04710470727 - ISSN 2612-758X
powered by PC Planet