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I misteri del nuovo porto: dalla delega ai finanziamenti statali
15 ottobre 2012

Tutto nel dimenticatoio. L’ennesima coperta opaca sul «caso porto», che continua ad accumulare gialli e misteri ancora irrisolti. Sono già passati 90 giorni dalla delibera regionale che avviava la procedura di revoca della delega amministrativa assegnata al Comune di Molfetta nel 2002 per i lavori del nuovo porto (già descritta da Quindici nel numero cartaceo di luglio- agosto). Ma pare non si sia stata individuata una soluzione conclusiva: la delega è ancora valida e, secondo indiscrezioni, gli uffici regionali avrebbero tirato il freno a mano. Non si esclude che il procedimento possa essere concluso nelle prossime settimane, di fronte ai ritmi bradipali delle procedure giuridico-burocratiche. Ma il Comune di Molfetta potrebbe aver prontamente inviato alla Regione la documentazione completa dei lavori (quasi sempre smozzicata), oppure tra i due enti locali si sarebbe giunto a un accordo politico-finanziario più o meno tacito, dopo il ricorso comunale al TAR Puglia Bari per impugnare la delibera regionale. Allo stesso tempo, le indagini in corso sui lavori e su una serie d’interventi tecnico-ambientali e finanziari potrebbe aver indotto la Regione a una riflessione maggiore, lasciando al Comune di Molfetta la soluzione definitiva di questo “cubo di Rubik”. GLI SCACCHI FINANZIARI Non sono un mistero le indagini della Procura di Trani, che nel luglio 2011 ha perquisito a Ravenna gli uffici della Cmc Cidonio, sequestrando documenti, computer e supporti informatici. Perquisizione simile al cantiere di Molfetta da parte della Forestale di Bari. Le stesse indagini potrebbero essersi concentate su altri settori dell’appalto, in particolare quello economico-finanziario: le grandi e milionarie opere pubbliche, come il porto commerciale di Molfetta da 72milioni di euro, spesso aizzano particolari appetiti finanziari e, forse, nascondono anomali carteggi economici. Complessivamente, il Comune di Molfetta ha versato all’ATI Cmc Sidra Cidonio quasi 42milioni di euro (il primo certificato di avanzamento è del luglio 2008, il 29esimo del settembre 2012), con una particolare impennata dal maggio 2011, dopo lo stralcio del progetto esecutivo per il prolungarsi dei tempi della bonifica dagli ordigni bellici. A queste spese si aggiungono le parcelle varie, come l’onorario per il servizio di direzione lavori e coordinamento della sicurezza, già affidato nel gennaio 2008, ancor prima dell’approvazione del progetto esecutivo da parte del Consiglio comunale di Molfetta (di solito oscilla tra i 20mila e i 100mila euro ogni 2/3 mesi). In pratica, si tratta di liquidazioni personali o aziendali a volte troppo ingenti (milioni di euro) per scadenze così ravvicinate e lavori che sembrano procedere a rilento. Soprattutto per questo motivo, sarebbe opportuno confrontare atti progettuali e carte tecnico-finanziarie per verificare la reale rispondenza tra lavori effettivamente eseguiti e pagamenti comunali. Altre sono le spese minori che, anche se legittime, suscitano nel comune cittadino il sospetto di una macchina succhia soldi pubblici di fronte alle indagini in corso, agli errori progettuali e alla discutibile trasparenza dei carteggi contabili. Basti pensare a ditte che sono impegnate in più servizi, con prezziari di migliaia di euro, o a qualche affidamento del 2012: la riparazione delle mute stagne e delle attrezzature del Nucleo SDAI (affidamento diretto da 30mila euro, ma nella determina non si accenna nemmeno a una ricerca di mercato) o l’esecuzione dei rilievi batimetrici del fondale (a volte anche frazionati, con procedure che hanno le caratteristiche di affidamenti diretti, di contro a quanto stabilisce la legge). Ad esempio, potrebbe far discutere anche l’affidamento della ricognizione del fondale marino per il controllo archeologico preventivo (130mila euro), impostato sul sistema della procedura negoziata previa offerta al massimo ribasso rispetto all’importo base di appalto: secondo la delibera, sarebbe stato commesso un «mero errore» nell’affidare i lavori ad una impresa piuttosto che ad un’altra (pasticcio poi rettificato). Per questo motivo, senza discutere la buona fede dei provvedimenti e degli estensori, sarebbe opportuno un controllo da parte di organi competenti esterni per allontanare ogni dubbi di trasparenza e regolarità. SUBAPPALTI E SOCIETA’ Del resto, anche la costituzione nel 2008 della Società consortile Molfetta Newport, con sede a Ravenna (la stessa della Cmc Cidonio), ha destato non poche perplessità a livello gestionale e politico- finanziario: semifantasma, compare in due determine del Settore Lavori Pubblici per un pagamento di due stati di avanzamento da quasi 1,2milioni di euro. Lo stesso subappalto di giugno per i lavori di costruzione del ponte sud-ovest (2milioni di euro) ha assunto i contorni della foschia padana. Infatti, questo subappalto è stato impostato su un altro meccanismo associativo aziendale: un altro contratto di subappalto (non meglio specificato) tra la Aleandri Spa (società scelta dalla Cmc Cidonio) e la Molfetta Newport. Tra l’altro, la Newport, società unipersonale (con un unico socio) del Comune di Molfetta, nata in contemporanea con la Molfetta Energia (formata dall’unione tra Tolo Energia, azienda operante nel campo dell’energia fotovoltaica e società di diritto italiano fondata il 25 luglio 2006, e Banca Cattolica Popolare, società cooperativa della famiglia Azzollini), è stata costituita nel 2008 a Molfetta, ma già dal 9 luglio 2007 con sede a Ravenna. Il mistero della bilocazione spazio-temporale.

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