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I FUNERALI. Molfetta si inchina ai suoi eroi per sempre
15 marzo 2008

“Ognuno nel proprio ruolo, ognuno per le responsabilità che gli competono non può non sentirsi interpellato da quel disperato tentativo di salvataggio”. E' tutto qui il senso della omelia funebre con la quale il Vescovo di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi, Mons. Luigi Martella, ha salutato Vincenzo Altomare, Guglielmo Mangano, Luigi Farinola, Biagio Sciancalepore e Michele Tasca, nel corso del funerale, nella chiesa della Madonna della Pace. C'era anche il vescovo di Andria, Mons. Raffaele Calabro, c'erano il sindaco uscente Antonio Azzollini, il commissario Antonella Bellomo e i sindaci delle città limitrofe, il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema, il presidente della Regione Nichi Vendola e quello della Provincia, Vincenzo Divella, oltre a molti rappresentanti della politica locale. C'era Marcello Bello, fratello dell'indimenticato vescovo Don Tonino. C'erano i fiori, tanti fiori. C'erano gli striscioni, uno su tutti, “Eroi per sempre”. Ma c'era soprattutto Molfetta, partecipe e commossa. Una cittadinanza che le porte della chiesa non riuscivano a trattenere. Nel corso della cerimonia funebre, che per volere delle famiglie era chiusa alla stampa e a telecamere e macchine fotografiche, è stato reso pubblico anche il telegramma di Benedetto XVI, recapitato a Mons. Martella, in cui il pontefice manifesta “la sua paterna e affettuosa vicinanza ai familiari delle persone tragicamente scomparse e all'intera comunità molfettese esprimendo viva partecipazione al loro dolore”. Così ha iniziato una difficile omelia il vescovo di Molfetta: “La città, luminosa per le bianche pietre delle sue case e dei suoi palazzi, oggi è come avvolta in una nube oscura e tenebrosa. Anche il mare, di solito terso e cristallino, rispecchia la densa tristezza che attraversa il cuore di tutti, mentre diamo l'estremo saluto a questi nostri fratelli che improvvisamente e tragicamente hanno incontrato la morte”. E ancora, più avanti: “sulla grave vicenda abbiamo pensato e ripensato, ci siamo chiesti il come e il perché di essa e continuiamo a fare considerazioni, ma ogni spiegazione si arresta su un groviglio di ipotesi che attendono approfondimenti e verifiche. Ma se le domande sulla dinamica della tragedia restano aperte, esse non possono oscurare, però, un aspetto che suscita ulteriore commozione e ammirazione: la fine eroica di chi non ha esitato a calarsi in quell'autocisterna maledetta, così come poteva, senza aspettare soccorsi, per salvare un compagno di lavoro. Il primo, poi il secondo, il terzo, e poi lo stesso proprietario dell'impianto e c'è chi è miracolosamente scampato e chi, invece, a lottato contro la morte senza farcela. Una catena di solidarietà sino alla fine. A costo della fine”. Tutti lì, con i nomi stampati sui manifesti, con foto delle quali almeno un paio parlano di una giovinezza intollerabile, insopportabile, che non dovrebbe essere lì per nulla al mondo. Poi è conforto religioso, è riferimento al passo del Vangelo di Giovanni letto poco prima, con Gesù che dice ai suoi discepoli “Non siate turbati. Io sono la Via, la Verità e la Vita”. “Vincenzo, Guglielmo, Luigi, Biagio e Michele hanno incontrato la Vita”, spiega il vescovo, “quella in pienezza, perchè hanno seguito la Via. E' quella stessa via di cui parla San Paolo nella prima lettura (precedentemente letta da un diacono). Nessuno di noi vive per sé stesso e nessuno muore per sé stesso. Queste parole si possono applicare pienamente a questi nostri eroici fratelli: nessuno di loro ha tenuto per sé al vita, ognuno l'ha completamente donata. La catena della loro solidarietà si è trasformata in una catena di vita e amore”. Al termine della messa di suffragio, sono stati letti una poesia e uno straziante saluto ad uno degli operai, che per rispetto preferiamo non pubblicare. La chiesa si riempie del pianto dirotto mentre le cinque bare escono, passando tra due ali di folla impressionanti, prendendo la via del mare, e lasciando lì muta Molfetta, che saluta per l'ultima volta i suoi cinque “eroi per sempre”.
Autore: Vincenzo Azzollini
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