I costruttori di Pace a Molfetta dicono no alla guerra, a tutte le guerre
Parole chiave della manifestazione: pace, coscienza, solidarietà alle vittime, accoglienza
MOLFETTA – A trent’anni dalla Marcia della Pace di Pax Christi, voluta da don Tonino Bello a Molfetta, cittadini, esponenti del mondo politico, culturale, ecclesiale, associazioni, sindacati e partiti, su iniziativa della “Rete di diritti negati” e di alcune parrocchie, si sono incontrati sul sagrato della chiesa Cuore Immacolato di Maria, proprio nel giorno del compleanno del compianto vescovo per testimoniare il proprio no alla guerra, a tutte le guerre, e per riflettere sui drammatici scenari che ci vengono quotidianamente proposti.
La Marcia della Pace è una esperienza forte anche se simbolica, non a caso si è scelto di aprire la manifestazione con la lettura del discorso che l’indimenticato presule tenne il 30 aprile 1989, a Verona, in occasione del raduno nazionale di Pax Christi.
Subito dopo tre interventi “scomodi” hanno messo in discussione le nostre rassicuranti certezze manichee.
Rosa Sicliano, direttrice editoriale della rivista “Mosaico di Pace”, ha sottolineato il legame tra don Tonino e Papa Francesco, accomunati da una ferma e rigorosa condanna della guerra: «nessuna guerra è giusta ha detto oggi Papa Francesco. Fermate questo conflitto».
«La nostra manifestazione non può cambiare la situazione in Ucraina – ha proseguito – ma può essere un importante segno, se è vero che il potere dei segni è più importante dei segni del potere»; ha espresso solidarietà col dolore della popolazione ucraina ma anche col dolore delle donne russe che vedono partire i propri, giovanissimi, figli in guerra.
La sua riflessione, passando per il ricordo di Gino Strada e Guglielmo Minervini, è diventata un invito a porre la pace al centro delle realtà sociali, sindacati, politiche, amministrative, rimarcando il fondamentale ruolo della non violenza nella politica e nell’informazione, esortando a studiare, leggere, cercare di capire.
Altrettanto incisivo l’intervento di don Renato Sacco, coordinatore di Pax Christi. Nel 1992 era tra i cinquecento pacifisti che parteciparono alla marcia a Sarajevo con don Tonino Bello. «Credo sia sbagliato chiedersi cosa direbbe don Tonino se fosse qui oggi – ha rimarcato don Renato – Dobbiamo pensare che noi siamo qui oggi; vedo molti giovani che magari non hanno conosciuto don Tonino. Noi dobbiamo scoprire cosa ha detto lui, cosa ha fatto quando era vivo, e chiederci cosa dobbiamo fare noi, ora. A Sarajevo i nostri amici dicevano che la guerra è come un treno, quando parte non riesci a scendere e non riesci a fermarlo. Quanti treni sono partiti? Sarajevo, Siria, Palestina, Gaza, Iran, Afganistan, Yemen. Forse li abbiamo già dimenticati. Questa tragedia ci fa sentire vicini alle vittime in Ucraina: la guerra crea sempre vittime. La pace è un valore assoluto e la guerra non è mai giustificabile. Non bisogna cedere alla tentazione di rispondere alla guerra con un’altra guerra».
«Siamo in piazza a Molfetta per dire un grande no alla guerra e un sì alla pace. Non si costruisce la pace inviando armi – ha concluso don Sacco – il nostro pensiero va a coloro che, in Russia e in Ucraina, si oppongono alla guerra, a coloro che mettono la coscienza al primo posto».
Il professor Nicola Colaianni ha commentato l’articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite e l’articolo 11 della nostra Costituzione. Il Diritto internazionale prevede che, per risolvere controversie internazionali, sia convocato il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, composto da 15 Stati, di cui 5 membri permanenti (quelli che hanno vinto la II guerra mondiale), ciascuno dei quali ha diritto di veto. Il veto russo ha bloccato l’azione del Consiglio di Sicurezza. In attesa di un intervento del Consiglio di Sicurezza è prevista la legittima difesa.
Giuridicamente, dunque, si possono inviare armi a un Paese che si sta legittimamente difendendo, sino a quando non interviene il Consiglio. È chiaro, però, che «con quelle armi non si costruisce di certo la pace. È necessario agire sul contesto». Parola chiave è solidarietà: agli Ucraini, ai Russi che vengono arrestati perché manifestano contro la guerra, solidarietà ai profughi, a tutti i profughi (indipendentemente dal colore della pelle).
Dopo questi interventi, si è mosso il corteo lungo le strade cittadine, decine le bandiere, a partire dall’iridata bandiera della Pace. Un importante segno è stata la presenza del Gonfalone del Comune di Molfetta e del sindaco Tommaso Minervini, oltre che del vescovo Mons. Domenico Cornacchia che ha accolto i partecipanti sul sagrato della Cattedrale.
Il lungo serpentone del popolo della pace, infatti, ha raggiunto corso Dante, dove rappresentanti di Amnesty International hanno evidenziato la negazione dei più essenziali diritti umani nelle aree di guerra e don Gino Samarelli, recentemente rientrato a Molfetta dopo aver accompagnato in Italia alcuni rifugiati ucraini, ha portato la sua testimonianza. Don Samarelli ha affermato «tutte le marce hanno un capolinea ma tutte lasciano un pensiero. L’imperativo che mi ha accompagnato è: fermati e fa qualcosa, fermati perché la marcia è finita e fa qualcosa perché il tempo si è fatto breve e si è fatto breve per tutti, per la storia e per la chiesa, per l’Ucraina e per il mondo intero. Singolarmente e tutti insieme possiamo costruire una realtà che promuova la giustizia, dia dignità alle persone e sostenga la carità fraterna».
Infine, l’intervento di don Giovanni, padre provinciale della congregazione di don Orione, che ha invitato alla preghiera per ricevere da Dio il dono della pace, la sua consolazione e la sua speranza.
Toccante l'intervento di giovanissimi rifugiati ucraini ospitati nella nostra città. Hanno ringraziato Molfetta per l'accoglienza e la solidarietà dimostrata loro, poi hanno intonato a cappella il loro inno nazionale.
La manifestazione si è conclusa con l'esecuzione di Imagine di John Lennon.
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Autore: Isabella de Pinto