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Gli ultimi portatori
15 marzo 2022

Due anni di astinenza. Sono davvero tanti per una popolazione che con forte inclito religioso e profano aveva vissuto per diversi secoli quelle sacre parate chiamate processioni. A Molfetta ce ne erano di bellissime. Organizzate dalla sapiente storia rituale e liturgica delle Confraternite le processioni molfettesi avevano attraversato i secoli. Viste dall’alto i confratelli compunti sembravano formichine colorate disposte in doppia fila. Dall’alto della muraglia della città vecchia si aveva modo di ammirare un codazzo raccolto in preghiera; uomini organizzati impegnati in una Sacra rappresentazione della tribolazione di Cristo; le Sue stazioni patibolari, la rappresentazione iconica del dramma Mariano nell’assunzione della Croce perenne. Ogni uomo, ogni donna in quel dolore potevano specchiare la propria anima dolente. Il venerdì Santo sfilavano in un silenzio rotto solo dai mormorii dei Credenti in preghiera e dal ti-tè di una tromba singhiozzante, le statue della morte di Cristo su un Golgota disposto orizzontalmente per le vie e viuzze della città pugliese. Il sabato invece sfilavano le statue dei Santi più vicini al Nazareno come San Pietro, la Maddalena, Maria Cleofe, San Giovanni e naturalmente quella più drammatica e vibrante: la Pietà. La Madonna di nero ammantata nel suo dolore più struggente scolpita con in grembo suo Figlio, letteralmente sacrificato dall’umana violenza, nell’orrore più profondo che la morte di un Figlio possa generare. Si parlava di ritualità delle Confraternite. Difatti nei tempi passati i confratelli vivevano le loro stagioni nella speranza che il giorno dell’uscita si avvicinasse quanto prima e che si “giocasse” la possibilità di portare la statua più amata con bussolotti e numeri per i quali si pagava in danari per partecipare all’ estrazione. Fortuna, Fede e Fantasia. Il trinomio di un’umanissima Chiesa. Una pratica popolare e profana verso la quale i dotti clerici nel tempo avevano mostrato un’ambigua tolleranza. C’è chi l’aveva incoraggiata, chi l’aveva osteggiata, altri che l’avevano al più ostentata. Quel che è certo è che la Fede sembrava avesse sempre più bisogno di una rappresentazione iconica. Non tutti difatti hanno il coraggio di lanciarsi nell’abisso del Mistero. Siamo più vicini al dilemma di San Tommaso che alla visione del Profeta Elia. E poi che c’è di male, pensavano i Priori, a tramandare la tradizione ai figli della propria comunità. Guardare è più facile che credere. In virtù di questa visione sublime, eccoli snodare come rettili dalle Botticelliane tuniche, i devoti delle Confraternite. E migliaia di persone, assorte, a guardare. * * * Poi arriva la storia con il suo artiglio terribile. La storia che urla senza voce, e che solo in pochi odono. La Storia dell’umanità, dei popoli, dei singoli uomini che ricade smemorata nei propri errori. Prima la pandemia, poi la guerra. Per più di due anni non si erano potute svolgere funzioni pubbliche. Si era provato a tenere viva la fiamma della tradizione. Il primo anno era stato davvero assurdo! Giungere a Pasqua e non poter vivere quella magia che un Sacro momento serba nel petto, era stato doloroso per tanti! Così il secondo anno, e poi il terzo. Quando tutto sembrava poi volgere finalmente al meglio era piombata la guerra. Molti si chiedevano che senso potesse avere il sacrificio del digiuno, quello delle preghiere, il voto del silenzio ed anche quello economico per poter far rivivere sempre con la stessa enfasi la cerimonia delle processioni della Settimana Santa. La Guerra iniziata prima sulla terra del Donbass per un’assurda volontà della Russia di annettere l’Ucraina e di sottrarla all’Onu e agli alleati, aveva coinvolto velocemente tanti altri Stati. Una palude nella quale ci si era infognati e dalla quale era diventato sempre più difficile uscirne. Riservisti, uomini sani, ragazzi audaci erano stati tutti assoldati e reclutati dai comparti militari. In città erano rimaste le donne tornate spesso a vestire il colore Virginale luttuoso, i bambini che tante volte senza saperlo diventavano orfani di padre, ed il clero, affaticato dagli immensi aiuti che la popolazione per la sopravvenuta povertà gli chiedeva. Ogni città era diventata un fortino armato. Una difesa. I Capi di Stato avevano tentato un accordo ed il Papa ha trovato uno spiraglio di Pace ottenendo una tregua durante la Santissima Settimana Santa. La pace aveva esultato. Molti soldati avevano lasciato le loro postazioni di guerra per manifestare la felicità di quei giorni mansueti. I Russi avevano ritrovato la loro fratellanza nei soldati ucraini, e questi in quelli bielorussi; i profughi erano usciti dai loro rifugi per condividere la gioia della vita con i Polacchi e questi con gli Ungheresi, i Francesi con gli inglesi e tutti questi con gli italiani e americani. * * * A Molfetta l’aria è assai straniante. Le donne hanno nei loro giorni tribolati raccontato alle truppe militari americane, di stanza in città, la loro tradizione. Le loro processioni, le usanze, dal digiuno quaresimale, o’ pizzaridde, fatto col panino ed il tonno, al calzone; le marce funebri che avvolgevano un giorno ogni spicchio urbano e tanto, tanto altro. Il generale Fegurson per questo ha disposto che i militari donino alla città adriatica che tanto è stata ospitale con loro, una Settimana diversa. Che racconti una narrativa non più fatta di dispacci e strategie, militari, ma di Santissime Messe nella Cattedrale, nel Duomo, e nelle altre chiese, in tutte le chiese di Molfetta. Prendere poi in prestito gli spartiti musicali delle marce funebri non è stato affatto difficile. Nel comitato Feste patronali ci sono tanti vecchi amici, così come tra quelli dei reduci di guerra. Le donne hanno coordinato i cortei, le processioni, secondo le usanze consolidate nei tempi. * * * Sfilano oggi i Santissimi Misteri sule spalle dei commilitoni, così come le statue del Sabato Santo. La gente non è affollata per strada ma segue dai balconi, dai tetti, i più arditi ed improvvidi invece vanno per strada. La ritirata dei Santi è Magnifica, unica. Per la prima volta sotto le stanghe dei Sacri Misteri non ci sono i confratelli ma militari in divisa; quest’ultimi hanno sulle loro spalle grigioverdi il peso dell’afflizione, del riscatto, della morte, del pentimento. È una Pasqua diversa. Una Pasqua da sogno. Senza vittima sacrificale. Appuntate sul petto non medaglie d’onore ma solo ali bianche di colomba.

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