Giovanni Infante: “Ripensare la comunità per una politica migliore e non trasformista
I nnanzi tutto chi è Giovanni Infante? «Sono nato a Molfetta nel 1959, sposato e padre di due figlie, ho frequentato il Liceo classico “Da Vinci” di Molfetta. Laureato in medicina e chirurgia e specialista in Malattie infettive. Nella mia carriera professionale, sviluppata sempre presso il servizio sanitario pubblico, ho lavorato presso il Pronto soccorso di Molfetta e presso le U.O. di Malattie infettive del policlinico di Bari e delle U.O. di Taranto. Sono attualmente dirigente medico di I livello presso la U.O. di Malattie infettive di Bisceglie. Mi sono occupato in ambito infettivologico soprattutto di AIDS ed epatiti virali. Svolgo inoltre attività di ecografia, internista ed interventistica. Da giovane ho coltivato esperienze politiche in Democrazia Proletaria, per un breve periodo nel Collettivo non violento, poi Percorso e recentemente in Comitando. Da quattro anni partecipo allo Sportello medico popolare e nello stesso periodo ho frequentato il collettivo di Rifondazione comunista-Compagni di Strada. Non mi sono mai rassegnato al declino della nostra città ed allo stato di minorità in cui è stato ridotto il Sud, partecipando sempre da sinistra alle campagne elettorali amministrative ma senza presentarmi mai come candidato. Tra gli hobby preferiti il calcio (ormai solo da spettatore), la lettura e il jazz». Dottore, perché ha deciso di candidarsi? «La candidatura nasce come momento finale ma anche come tappa intermedia di un percorso fatto in questi anni con un collettivo politico – quello di Compagni di strada e Rifondazione comunista – e insieme ad altri colleghi nello Sportello medico popolare. Dopo essermi avvicinato allo sportello, mi sono avvicinato anche dal punto di vista politico, essendo stato storicamente un attivista di sinistra, da quando a 14 anni lasciai San Filippo Neri dove facevo il chierichetto e approdai all’impegno politico, poi attraverso l’esperienza del Percorso con Guglielmo, e poi dopo con Paola Natalicchio, Comitando. Mi sono sentito a casa e a mio agio anche in questa dimensione politica, partecipando alle loro riunioni e alla vita di un partito realmente strutturato». La sua candidatura, sebbene arrivata per ultima, sembra aver suscitato nuovi entusiasmi. «Assolutamente sì, mi sono candidato per Rifondazione comunista e Compagni di strada ma poi siamo stati in poche settimane inondati di entusiasmo e nuove energie, al punto che si è formata una seconda lista di appoggio alla mia candidatura, la lista “Più di così”. Questo a testimonianza che la nostra città possiede ancora notevoli riserve di partecipazione e disponibilità all’impegno, al metterci alla faccia, senza cedere alla rassegnazione del “tanto è così, non cambierà mai niente”. Questo significa tra l’altro il nostro messaggio: Molfetta è “più di così”. Servono fiducia e coraggio per provare a stimolare queste energie, è quello che abbiamo fatto, è quello che abbiamo chiesto da più di un anno a questa parte anche ad altre forze politiche che erano stato all’opposizione dell’amministrazione Minervini». Ecco, perché non si è riusciti a costruire una coalizione alternativa unitaria. «Perché è mancato proprio il coraggio di cui parlavo prima, dire con chiarezza che l’alternativa a Tommaso Minervini non poteva essere fatta di pannicelli caldi, non poteva essere reimpastata e fatta con forze politiche – come il Partito democratico – che per quattro anni e mezzo hanno governato con lo stesso Minervini. Alla fine, anche altre forze di sinistra con cui abbiamo collaborato in questi mesi hanno ceduto alle sirene del Partito democratico, al diktat del presidente Michele Emiliano, lo stesso che ha sostenuto cinque anni fa Tommaso Minervini, lo stesso che ha riaccolto il consigliere regionale Tammacco nelle file della sua maggioranza, lo stesso che accoglie nella lista “Popolari con” i transfughi dell’amministrazione Minervini». Dunque vi “accontentate” di esserci? «Ecco, noi ci siamo, esistiamo, certifichiamo con la nostra coalizione che non solo un’altra idea di città è possibile e necessaria ma anche un’altra idea di politica, un’altra pratica, non trasformistica. Siamo in campo per vincere e convincere, per invitare Molfetta e i molfettesi a essere e sentirsi “più di così”, più di come sono stati trattati e considerati in questi anni. Il voto di opinione che si esprime sulla persona del candidato sindaco, oltre che sui candidati consiglieri, può fare la differenza in contesti di crisi della partecipazione e fiducia nella politica. La nostra proposta vuole essere un antidoto a questa rassegnazione. La mia disponibilità giunge come risposta a un’ultima chiamata pubblica lanciata dal collettivo di Rifondazione comunista e Compagni di strada nei primi giorni di aprile, un mese fa, per dimostrare a Molfetta la possibilità reale di uno spazio politico alternativo sia al centrodestra che al Partito democratico. Bastava e basta volerlo praticare questo spazio alternativo, con passione, lucidità, ragione e sentimento. Stiamo incrociando tante persone disponibili a fare con questo percorso, Molfetta è ricca di queste persone. Io sono solo uno dei tanti, un “primus inter pares”». Quali idee forti propone per la città? «Innanzi tutto va detto che la Smart City di Tommaso Minervini si è ridotta a una città da Prima repubblica, un po’ di asfalto per le strade, tappata qualche buca. Nessuna nuova pianificazione del futuro. La città registra un decremento demografico pesante, intelligenze e persone vanno via per studio e per lavoro. La crisi e a volte il fallimento delle famiglie e delle agenzie educative rimangono fuori dalle scelte politiche e amministrative. Il tutto viene derubricato semplicemente a problema di ordine pubblico, che non mancano naturalmente. Le opere pubbliche continuano a farsi per spendere soldi senza la previsione obbligatoria di adeguati piani di gestione, per cui si spende, si costruisce, si ri- qualifica ma poi certe strutture (parchi, pisci- ne…) rimangono chiusi e abbandonati. Da questo punto di vista il fallimento am- ministrativo di Minervini è pieno e la condan- na politica è senza appello, senza attenuanti, tanto più che si presentavano come l’ammini- strazione degli “esperti”. Di altre indagini e al- tri processi si occupano – fortunatamente in uno stato di diritto – altri organi e altri poteri dello stato. Noi facciamo politica, le condanne morali e i processi li lasciamo ad altri. Siamo garantisti e non a corrente alterna». Da cosa ripartire allora? «Dal ripensamento della comunità in un’ottica mutualistica e cooperativa, perché nessuno da solo può farcela. Possiamo ripartire dalle comunità energetiche locali, nuovo strumento dal basso di produzione e consumo dell’energia, formate da condomini e piccole imprese. Per aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili, evitare sprechi e garantire risparmi ai cittadini. Ripartiamo da Resp@, proponiamo la creazione di una Rete Economica Solidale Pubblica delle imprese urbane che unisca in consorzio tutti gli operatori economici con la partnership di tutte le associazioni di categoria e delle associazioni di strada e il supporto dell’Ente comunale. Una rete rivolta non solo al settore del commercio ma anche ai settori dell’artigianato e primari (pesca e agricoltura) e mira a non disperdere le risorse pubbliche e le energie private in mille iniziative senza un coordinamento. Per favorire il potenziamento del sistema d’offerta, programmare durante tutto l’arco dell’anno la promozione culturale della città, attraverso la logica del gruppo d’acquisto solidale a livello di massa e la sperimentazione di un circuito paramonetario locale di credito/debito complementare e supplementare rispetto a quello in euro, attraverso un’unità di conto digitale (ad es. come Sardex in Sardegna). Ripartiamo dall’Osservatorio comunale permanente sullo sviluppo per concertare lo sviluppo con attenzione particolare alle condizioni di chi lavora e all’impatto ambientale. Un luogo in cui le amministrazioni locali possano dire la loro sulle numerose crisi aziendali che vive il nostro territorio, a soste- gno di quelle lavoratrici e lavoratori troppo spesso lasciati soli. Creiamo un Centro Polifunzionale Terri- toriale per rilanciare l’offerta pubblica del- la medicina del territorio al fianco di quella ospedaliera, un centro capace di assicurare ai pazienti una continuità assistenziale per 12 ore al giorno (dalle 8 alle 20) che vede coin- volti i medici curanti. Fermare il consumo di suolo e avviare una nuova stagione di pianificazione attraverso un nuovo Piano urbanistico generale (Pug) che preveda il rifacimento del fronte mare con la balneabilità della spiaggia urbana del lungomare Colonna e la riapertura dei parchi urbani (ad es. il Parco di Mezzogiorno, “Baden Powell”) con previsione obbligatoria di un piano di gestione allegato ai progetti di riqualificazione straordinaria delle opere pubbliche (ad es. la nuova piscina comunale) per evitare di investire risorse per riqualificare e non poter poi garantire l’effettiva apertura dei beni pubblici». Si tratta di proposte suggestive e innovative per molti versi. «Si tratta di mettere al centro la comunità con le sue difficoltà e i suoi disagi, ripartire dalle fratture sociali e creare nuovo senso di appartenenza, per fare questo non serve solo la “tecnica” ma anche il prendersi cura, prendersi in carico gli uomini e le donne affinché siano protagonisti di un percorso liberatorio, di reciproco e mutuo aiuto. Non serve seminare zizzania, non servono gli attacchi alle persone. Ho iniziato questa campagna elettorale convinto che porgere messaggi inclusivi e usare uno stile diretto può aiutare non solo il nostro elettorato a tutta la cittadinanza. In un mondo che vive una fase difficile di guerre, che ha vissuto la pandemia non ha senso intaccare e attaccare ulteriormente il tessuto della società». Perché votare Giovanni Infante e le sue liste? «Perché siamo gli unici a non avere avu- to responsabilità nel governo e dei problemi di questi anni. Perché siamo nuovi e antichi, perché abbiamo idee da spendere, perché io non sono solo io ma ho alle spalle un collet- tivo di persone che conoscono bene la storia della città. C’è una parte larga di città che vuole ritrovarsi per davvero, senza più prese in giro e umiliazioni, con coraggio, passione, umanità». Q