Il terzo dossier sulle povertà «Al disopra di tutto: la Caritas», «un modo per conoscere i bisogni degli indigenti, occasione per identifi care i nuovi poveri», secondo Mons. Luigi Martella: il giusto mezzo per documentare le richieste espresse dagli utenti e organizzare gli interventi, nonostante sfugga la povertà sommersa e dignitosa. Nel 2008, la Caritas diocesana ha registrato 841 utenze (562 nel 2007), senza dimenticare che molti individui rappresentano nuclei famigliari di più persone. Prevalgono le donne (71%) e aumentano i cittadini italiani (72% rispetto al 63% del 2007). Il 95% degli utenti ha dichiarato di avere un domicilio, anche se numerosi hanno espresso nei colloqui problematiche abitative. Rispetto al secondo rapporto sulle povertà, il livello di disoccupazione appare in diminuzione (il 54% rispetto al 58% del 2007): è necessario ricordare che la richiesta d’aiuto di una donna nasconde la disoccupazione o la precarietà lavorativa del coniuge. I bisogni rilevati aff eriscono problemi economici per reddito insuffi ciente (27,83% rispetto al 24 % del 2007), di disoccupazione (21% rispetto al 18% del 2007) e problematiche abitative (11% rispetto al 13% del 2007). Le richieste, invece, riguardano beni e servizi materiali, tra cui viveri (38%), vestiari (14%), mensa e servizio doccia (3% e 2%), sussidi economici per il pagamento di bollette e tasse (8%). Don Giuseppe Pischetti, Direttore della Caritas diocesana, ha defi nito questi bisogni «fenomeni dinamici di povertà, con andamento pendolare». È la condizione degli italiani la più delicata: «il loro disagio, sfaccettato e multiforme, ha radici profonde. È evidente l’erosione delle “trincee di seconda linea”, ovvero l’assenza delle situazioni parentali e di vicinato che rendono l’individuo molto debole» I DATI DI MOLFETTA Per Molfetta (46% di utenze rispetto al 32% del 2007) la povertà nasce dalla solitudine, dall’allentamento dei legami famigliari, amicali e sociali (14% rispetto al 4% del 2007) e dalle crescenti diffi coltà economico-fi - nanziarie. Importanti i dati raccolti per classe d’età: l’utenza maggiore si colloca tra i 35 e i 55 anni (42%), probabilmente dovuta, soprattutto in questi anni di vacche magre, alla instabilità lavorativa, ai licenziamenti, alla cassa integrazione, al caro-viveri, alla infl azione dell’euro. Preoccupanti i dati di giovani e anziani: 22% tra 19 e 34 anni e 11% tra 55 e 74 anni. Nel 2008, il 25% degli utenti dei CdA non riusciva a fronteggiare le spese basilari della gestione dell’economia famigliare. Oggi, gran parte degli italiani non arriva a fi ne mese con un mensile di 1000-1200 €. Nel 2008, alcuni pensionati (7,5% rispetto al 3% del 2007) soff rivano gli stenti della pensione (circa 400 € mensili): da gennaio 2010 sono stati applicati i nuovi coeffi cienti per le pensioni, vale a dire meno pensione e rendita più bassa con gli stessi contribuiti. Nel 2008, i ragazzi erano disoccupati e le famiglie, soggetti sociali deboli, possibili vittime dell’usura: questa situazione nel 2009 e 2010 non è assolutamente cambiata, anzi deteriorata. La realtà molfettese, descritta nel dossier da Mariachiara Pisani, volontaria della Casa di Accoglienza, è sintomatologica di una situazione italiana che ormai è divenuta insostenibile: il governo Berlusconi rifi la una Italia vincitrice sulla crisi economica, dai risultati positivi, ci invita a consumare, a far circolare moneta, a fare acquisti. Si tace, invece, un tasso di disoccupazione in aumento (10,5% per il 2010, dati OCSE): in alcune aree del paese, specie nel Mezzogiorno, si toccheranno punte di disoccupazione del 18%. Si lanciano segnali di ottimismo, nascondendo e rimandando nel tempo la crisi. Nella inchiesta del numero di Quindici di luglio-agosto 2009 («Povertà, crescono i molfettesi indigenti, calano gli extracomunitari», pp. 6-7; «Storie di poveri disperati in città ignorati da Comune e Governo con false promesse», p.8) avevamo già affrontato la problematica della pover-tà a Molfetta. Eravamo abituati a pensare che solo gli immigrati, con o senza permesso di soggiorno, fossero indigenti: ci siamo resi conto che sono gli italiani i veri poveri, quelli che non hanno un lavoro o hanno un reddito troppo basso rispetto alle esigenze quotidiane. I volontari della Caritas denunciano, per di più, una situazione in cambiamento tra il 2009 e il 2010: l’utenza dei Centri d’Ascolto parrocchiali, del Centro d’Ascolto Cittadino e della Casa d’Accoglienza è composta da italiani che, pur avendo uno stipendio fi sso al mese, non riescono a sopportare le spese ordinarie. Il terzo dossier sulle povertà diviene, dunque, un campanello d’allarme. Infatti, dal rapporto risulta che l’utente-tipo - donna italiana di 40 anni, coniugata, con un’istruzione discreta, che gestisce con diffi coltà l’economia familiare, con un marito non ha stabilità lavorativa - è indicativo di una realtà multiproblematica: disoccupazione, mantenimento dei fi gli e/o di un anziano, gestione della casa, spese ordinarie (viveri e vestiario) e straordinarie (tasse, bollette). Aumentano i senza fi ssa dimora (6,7% rispetto al 4% del 2007), tra italiani e stranieri. La maggior parte, sono italiani, vittime di sfratti e impossibilitati nel pagamento dell’affi tto. La prospettiva di un affi tto che oscilla dai 350/400 € per uno/due vani e cucina ai 500/550 € per un plurilocale, li obbliga ad alloggiare nei dormitori comunali, nelle stazioni ferroviarie, nelle carrozze abbandonate, nei casolari di campagna. È la casa la problematica maggiore: inadatta, senza servizi igienici opportuni, senza contratto d’affi tto regolare, sovraff ollata. È sensibilmente aumentato anche il numero di persone portatrici di handicap psichici (1,85% rispetto allo 0,5% del 2007), spesso in cura presso il SIM, incapaci di gestire la propria vita, benché considerate autonome. In calo, invece, l’utenza straniera. Gli extracomunitari (soprattutto albanesi e marocchini) possiedono un permesso di soggiorno (21% rispetto al 1% del 2007) e sono ben integrati nella comunità, con un lavoro e una casa. Inoltre, la mancanza di lavoro e le condizioni socio-politiche (pacchetto sicurezza e segregazione sociale) li spingono altrove. LE POLITICHE SOCIALI DEL COMUNE La musica non cambia: inadeguatezza o mancanza (anzi, indifferenza) di interventi dei servizi sociali comunali, che demandano alla Caritas il fardello delle soluzioni. Insomma, uno scaricabarile. I volontari della Caritas di Molfetta hanno ribadito a noi di Quindici che i nuovi piani sociali di zona del Comune di Molfetta prescindono da dati e attività della Caritas: un piano di zona che misconosce la realtà eff ettiva di una città, non potrà mai essere effi cace. Di contro, si muove nell’ombra la loro attività costante: contribuiscono personalmente a colmare le lacune economiche degli indigenti, ma s’impegnano a chiedere sostegno economico alle associazioni molfettesi, che a volte collaborano, altre, invece, si mostrano indiff erenti. È la precarietà, la disoccupazione, la cassa integrazione il problema più grave che si deve aff rontare: nel 2008 ci sono stati valichi insuperabili per i volontari che, lasciati soli da enti amministrativi, associazioni e comunità, di fronte ad una richiesta di lavoro a tempo pieno del 22%, sono riusciti a intervenire nel 2% dei casi. Le condizioni più critiche si riferiscono a padri di famiglia di mezza età che, all’indomani della cassa integrazione o del licenziamento, sono vittime di lavori malpagati o sottopagati, di detrazioni indebite dagli stipendi mensili, di straordinari non o mal retribuiti. Molti di loro s’indebitano con le agenzie fi - nanziarie, fi no a quando, non riuscendo a colmare il debito contratto, cadono nella rete dell’usura. Sono queste realtà che appartengono anche a Molfetta, nascoste nel silenzio. Decade, dunque, lo stereotipo del povero, così come siamo abituati a concepirlo: i nuovi poveri sono quei giovani che, provenendo da situazioni socio f ami l i a r i o economiche diffi cili, non riescono a inserirsi nel mondo del lavoro. Pensionati, famiglie intere, in cui l’uomo è disoccupato, in cassa integrazione, sottopagato e parttime.
Autore: Marcello la Forgia