MOLFETTA - «Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario». Intraprendere un processo di consapevolezza, comprendere la ferocia dell’Olocausto e sperare che un simile orrore non si ripeta mai più. Sono questi i propositi che lo scrittore e giornalista Federico Pirro (nella foto, il primo da destra). autore del libro “Fra le ombre di Auschwitz, si propone di raggiungere attraverso la comunicazione e la fiducia nella sensibilità e accortezza delle giovani generazioni. Il viaggio intrapreso da Pirro nel suo volume è un pellegrinaggio nei luoghi della Shoah, evento senza precedenti in cui una società complessa, dominata da un’ideologia crudele e senza senso, ha utilizzato le sue competenze tecnologiche e le sue infrastrutture per realizzare una «diffusa intenzione omicida che, per molto tempo, gli italiani hanno coperto di amnesia», un’azione programmata di distruzione e annientamento di un’intera civiltà. ” (presentato nella sala consiliare di Palazzo Giovene)
Dopo un breve e intenso ritratto della scrittrice Elisa Springer disegnato dal dott. Pietro Centrone, presidente della Fondazione Valente, sulla tela dei ricordi così lontani, ma tanto vicini la parola è passata al dott. Giovanni Lacoppola, dirigente dell’Ufficio Scolastico della Provincia di Bari. Definendo il martirio della Shoah come un «sacrificio propiziatorio» protrattosi per un tempo troppo lungo, come un «viaggio della memoria da cui non si esce indenni», il dott. Lacoppola ha fatto appello alla responsabilità di ciascuno e alla coscienza civile che dovrebbero guidare l’agire umano per non incorrere più negli stessi errori, anzi orrori, del passato. Ciò è possibile soltanto coltivando la memoria storica e collettiva, facendole convergere e diventare patrimonio comune.
Per il raggiungimento di un obiettivo così ambizioso, per impartire ai giovani una formazione e un’educazione alla cittadinanza, per infondere il rispetto delle culture e delle differenze non c’è luogo migliore della scuola. Soffermandosi poi sul valore etico, culturale, pedagogico e didattico del libro “Fra le ombre di Auschwitz”, il dott. Lacoppola lo ha definito come «un’esperienza coinvolgente, di grande presa comunicativa che narra dell’oltraggio subito dal popolo ebraico nel profondo della loro dignità umana», ma anche come un invito alla pace, alla condivisione e alla fratellanza.
Anche l’intervento della prof.ssa Francesca Romana Recchia Luciani (docente di Storia della Filosofia contemporanea all’Università di Bari) ha focalizzato l’attenzione sulla capacità del libro scritto dal dott. Pirro di portare alla luce la memoria del passato, attraverso parole, fotografie e dipinti della Shoah, considerata come un vero e proprio «esperimento sulla pelle di esseri umani inconsapevoli» del proprio crudele destino. Questo volume è anche un modo per far sentire, a quanti siano ignari, «lo stridore dell’orrore che è stato commesso».
A seguire, dopo l’invito del sindaco Antonio Azzollini ad abbandonare qualsiasi tipo di retorica e a impegnarsi a eludere la possibilità che un evento simile possa ripetersi, c’è stato il commosso intervento del sopravvissuto Silvano Levi. Con voce tremante ha spiegato che nonostante la chiesa non abbia mai preso una netta e chiara posizione nella condanna dell’ideologia nazista, la sua salvezza è stata possibile grazie ai Salesiani che lo ospitarono in un collegio a Reggio Emilia dal 1943 sino ai primi anni del 1945.
A fare da cornice a quello che è stato un grande e profondo tributo alla Giornata della Memoria, sono state le toccanti e malinconiche note dei Radicanto,gruppo formato da Maria Giaquinto (canto), Fabrizio Piepoli (canto, basso) e Giuseppe De Trizio (chitarra classica) che hanno regalato una «performance musicale d'impatto, votata al ritmo, alla melodia e alla memoria di quella storia non ufficiale che non smetterà mai di insegnarci il futuro, con i suoi momenti d'autore che riecheggiano fra le note e che prendono forma nella poetica ruvida dei suoi cantori».
Tenere a mente il perché di quello che è accaduto, il perché di tanto orrore e di tanta cattiveria deve sempre accompagnare il percorso di chi si interroga e scava fra «le ombre e le pietre mute» della Shoah.
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