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Finestre rotte e governo del territorio
08 novembre 2025
Pochi giorni fa, un mio carissimo amico è tornato a Molfetta, per festeggiare un significativo traguardo anagrafico, coinvolgendo nella celebrazione diversi conoscenti d’antica data, quasi tutti di nascita molfettese, ma molti (troppi?) con diversi decenni passati fuori e, come me, solo da poco rientrati nel natìo borgo. Già al terzo bicchiere, spontanea, è nata la discussione su come avessimo trovato la
nostra
cittadina, dopo tanti anni fuori. Tra un pizzico di saudade, un po' di amarcord e molto affetto per un luogo che si è sempre distinto per il forte, solido legame tra la comunità operosa, la terra e il mare, traendone benessere, valori morali e cultura, qualcuno ha detto una cosa che li per lì non ho realizzato bene, ma che in seguito mi ha fatto molto riflettere. Cito, senza virgolette: tra il tanto bene, aleggia la sensazione che la comunità abbia smarrito la sua visione voltato le spalle alla sua storia e tradizione; non è solo la crisi economica e il precipizio demografico, un pochino più accentuati della media del territorio, ma tanti piccoli segnali di degrado delle relazioni di convivenza e delle consuetudini di civiltà; chiasso senza regole, notizie a raffica di disordini, scompigli e reati d’ogni genere, occupazione di tratti di strada confusi e talvolta odiosi, come per quasi tutti gli scivoli per l’accesso ai marciapiedi in centro, indispensabili per i diversamente abili motori, ma anche per le mamme con i carrozzini e per gli anziani … e chi più ne ha… Nel 1969, Il professor Philip Zimbardo, allora docente all’Università di Stanford, abbandonò due automobili identiche — stesso modello, colore e stato di conservazione — in due contesti urbani molto diversi: una nel Bronx della città di New York, quartiere povero e ad alto tasso di criminalità, e l’altra a Palo Alto, in California, zona benestante e tranquilla. Nel Bronx, l’auto fu vandalizzata nel giro di poche ore. Invece, l’auto di Palo Alto rimase intatta per diversi giorni. Trascorsa una settimana, Zimbardo decise di rompere un vetro dell’auto. Subito dopo, anche quell’automobile subì la stessa sorte della prima: in poco tempo venne depredata, danneggiata ed infine distrutta. Questo studio è considerato il fondamento empirico sperimentale della teoria delle “finestre rotte” formulata da James Q. Wilson e George L. Kelling nel 1982
[1]
, secondo la quale un contesto civile, economico e sociale che mostra segni evidenti e immediatamente percepibili di disordine e disagio, comunica l’idea di assenza di regole e controllo, incoraggiando comportamenti scorretti, antisociali e dannosi per la convivenza civile e diffondendone l’accettazione silenziosa, che talvolta diviene complice tolleranza. La cura dell’ambiente e l’attenzione anche ai particolari e ai dettagli, che più facilmente colpiscono la percezione, sono cruciali per prevenire il degrado sociale e il deterioramento delle relazioni di convivenza. Negli anni ’60 e ’70, New York era uno dei principali mercati di eroina e altri stupefacenti “pesanti” negli Stati Uniti
[2]
; giovani disoccupati entrarono nelle bande criminali dedite soprattutto allo spaccio, che appariva come unica forma di reddito accessibile, innescando una spirale di violenza e illegalità, in un contesto dove le opportunità lavorative legali erano scarsissime e inadeguate al costo della vita newyorkese. In quegli anni, la Città, viveva contrasti estremamente marcati: capitale economica e finanziaria degli USA, vista come punto di riferimento artistico e culturale nel mondo occidentale, ambito ideale di innovazione e opportunità dove realizzare l’American Dream, era altresì considerata uno dei luoghi più pericolosi degli Stati Uniti, con tassi di criminalità molto elevati, inclusi omicidi, rapine e altri reati violenti
[3]
. In questo contesto, a metà anni ’90, arrivò il Sindaco Rudolph Giuliani, insieme con il Capo della polizia William Bratton, che intrapresero una politica di “Zero Tolerance”, secondo un modello comportamentale ispirato alla teoria delle “Broken Windows”, concentrandosi sull’azione rigorosa e interventi mirati e capillari soprattutto contro i “piccoli reati” di grande visibilità
[4]
. Grazie anche a queste azioni (ma non solo) durante il suo mandato, la criminalità complessiva a New York diminuì del 56%, gli omicidi del 66% e i reati violenti del 75%, in misura molto più marcata che nel resto degli Stati Uniti, trasformando radicalmente la percezione di sicurezza nella città, ma anche aprendo un intenso dibattito internazionale sull’equilibrio tra sicurezza pubblica, giustizia sociale e libertà civili. E’ ben lungi dalla nostra visione il sostegno a politiche che privilegino l’autoritarismo e inneggino ad un uso soltanto o prevalentemente repressivo della legge. E’ invece fermo convincimento che il modo migliore per far rispettare in modo concreto e in misura diffusa un principio etico o un valore morale, accettato generalmente dalla comunità e ritenuto imprescindibile dalla governance del territorio, sia quello di fare percepire ad ogni stakeholder, chiaramente e ineludibilmente, la convenienza, sia pur in una ottica lungimirante, dell’affermare positivamente e perseguire senza incertezze quella norma, regola, prassi. Prendiamo, ad esempio, la necessità del contrasto alla contaminazione dell’illegalità nel tessuto economico e sociale. Nell’ambito del consorzio civile, non vi è chi non ne veda l’assoluta necessità e urgenza; parte integrante e necessaria, sono le regole dell’antiriciclaggio. Perché se è sicuramente vero che scopo dei coacervi del malaffare è quello di tramutare gli ingenti flussi finanziari (soprattutto in contanti o, più di recente, in cryptoasset) rivenienti dalle attività illecite e criminose, in ricchezza spendibile alla luce del sole e acquisizione di un distorto prestigio sociale (mai stato meno caro), è altresì ineludibile, per quel coacervo, ricorrere alla essenziale industria del riciclaggio (fatta anche di usura, estorsione, negozi e transazioni in frode alla legge, elusione ed evasione fiscale…). Il contrasto è sicuramente un gravame per gli operatori onesti e un costo non trascurabile per la società civile; in tanti ritengono quelle regole
[5]
superflue, poco utili, spesso farraginose… sovente incomprensibili. Ma volete sapere quanto costa ad un territorio la presenza pervasiva e perversa dei consorzi illegali? Secondo studi che hanno associato Senato, Banca d’Italia e diverse Università, ogni anno il PIL cresce meno di quanto potrebbe, in una misura dello 0,5%
[6]
.. Ogni anno. Ogni anno che mafia, camorra, ‘ndrangheta, sacra corona unita, roma criminale o chissà chi, governano e condizionano un territorio…
[7]
Quel che è peggio, è che non è solo una questione di
soldi
; anzi, ciò che fa più male sono le mancate occasioni, le iniziative perdute, il fuggire via degli investitori al solo nominare certe zone, o, al contrario, attrarre solo il peggio… lo svanire dei sogni dei giovani, indotti a cercare altrove il proprio futuro di vita e di lavoro. Prima di concludere, anche se potrebbe sembrare fuorviante, mi piacerebbe dare qualche cenno sulla importanza dei segnali che potrebbero aiutare a capire se un territorio sia sotto assedio del malaffare e corra seri rischi potenziali di contaminazione; va da sé che la scelta e la correlazione è tutta ed esclusivamente mia
[8]
e li ho tratti dalla cronaca recente che riguarda la nostra città
[9]
. Nella notte tra il 30 settembre e il 1° ottobre di quest’anno, alle 3,20 del mattino, nella centralissima via Respa è stato fatto esplodere un bancomat, con la tecnica della marmotta, che evita l’intervento dell’inchiostro antieffrazione, ma è molto rumorosa e pericolosa. La sera del 30 stesso, poche ore prima, tra le 19,30 e le 21 circa, davanti alla chiesa del Purgatorio, si era tenuto il concerto della Banda Musicale Nazionale dell’Arma dei Carabinieri, alla presenza di diverse autorità civili e militari, sia cittadine che della Città Metropolitana di Bari. Ufficialmente, non vi è alcun nesso o collegamento tra i due eventi. Nel maggio di quest’anno, la Procura di Trani (!), in collaborazione con le Forze dell’Ordine (reparti speciali, unità cinofile ed elicotteri), ha intrapreso una vasta operazione per smantellare una rete criminale, complessa ed articolata, dedita soprattutto al traffico di stupefacenti, che operava anche a Molfetta. La organizzazione utilizzava piattaforme criptate per comunicare (anche dal carcere di Trani), punti di spaccio organizzati e presidiati, anche in attività commerciali apparentemente lecite, una architettura organizzativa e con ruoli ben definiti, per gestire l’intera filiera di traffico, compresa la fase di riciclaggio, una gamma ampia di prodotti stupefacenti (ma soprattutto cocaina) a copertura della potenziale domanda. La droga, ordinata via chat con messaggi istantanei e consegnata velocemente, utilizzando soprattutto
bici elettriche
, coprendo così anche aree frequentate e trafficate. A quanti è capitato di incontrare branchi di giovanissimi in sella a bici elettriche massicce e pesanti, che sfrecciavano velocissime nel traffico, anche controsenso e in zone pedonali? Pochi giorni or sono, il 20 ottobre, molti molfettesi sono stati svegliati dal rombo di diversi elicotteri; la Guardia Costiera, insieme con Polizia di Stato e Guardia di Finanza, con il coordinamento della Procura di Trani (!!) ha condotto una maxi-operazione per contrastare la pesca e il traffico - illegale e dannosissimo – di quella che viene ritenuta una prelibatezza alimentare: i datteri di mare. Tutti però sappiamo come, per pescarli, bisogna frantumare - solitamente con strumenti manuali o meccanici e ripetute immersioni - le rocce deturpando e desertificando i fondali, dove pazientemente, nell’arco di decenni, quei molluschi hanno scavato il loro habitat naturale e raro. Infatti, tra i reati contestati spicca quello di “disastro ambientale” (art. 452-quater CP, da 5 a 15 anni). Non credo si possa presumere razionalmente che l’organizzazione posta in essere si impegnasse nell’illecito solo per soddisfare, pur con lucro, le insane voglie di qualche ingordo ghiottone. Mi sembrerebbe più coerente sottolineare lo spiccato potenziale corruttivo e captivo di tale traffico, che coinvolge il destinatario/acquirente in un doppio potenziale crimine, quello legato al fatto di corruzione e quello connesso all’oggetto utilizzato per corrompere, il cui possesso è altrettanto illegale. Le regole di convivenza civile, per funzionare bene, come abbiamo detto, devono avere caratteristiche intrinseche adeguate al contesto, percepite dalla comunità alla quale si rivolgono e coerenti con le relazioni da questa allacciate con le altre comunità. Devono essere naturali, ovvie, percepite come giuste anche da chi le viola, devono essere individuate come motori di sviluppo e di crescita, come percorsi di progresso economico e sociale. Le coercizioni, repressioni e sanzioni sono un rafforzativo, ma da sole possono funzionare solo per un breve periodo e con oneri sociali elevatissimi. Ci sarà comunque sempre una parte della comunità che non le comprende o non condivide, in tutto o in parte; per questo sarà opportuno che chi le stabilisce e chi le fa osservare persegua, insieme con una azione sanzionatoria e repressiva rigorosa, coerente e trasparente, sempre e diffusamente il confronto, il dialogo, la informazione e che questi siano meno strumentali possibile, se si vuole privilegiare un ottica lungimirante e una relazione duratura. Soprattutto è ineludibile che la comunità riconosca ampiamente e convintamente alla propria governance l’autorevolezza di esserlo, anche se non ne condivide appieno valori e decisioni. L’autorità senza autorevolezza è il Colosso dai piedi d’argilla, del sogno di Nabucodonosor. Resta in piedi, poderoso all’apparenza, finchè si ha timore di lui; ma perlopiù è solo un burattino fragile in mano di altri.
Sergio Magarelli
© Riproduzione riservata
[1]
La teoria, per avere un riferimento cinematografico recente, è citata dalla Cortellesi in “Scusate se Esisto”, del 2014, in cui interpreta un architetto (donna) che si ritrova ad affrontare – tra l’altro – una situazione di degrado sociale che richiama il reale caso del “chilometro verde” a Roma.
[2]
quei traffici erano organizzati e gestiti in misura assolutamente preponderante dalle organizzazioni criminali di stampo mafioso (Gambino ed altri) che, avvalendosi anche di un contesto di fortissima crisi sociale, economica ed occupazionale erano riuscite a condizionare le relazioni di convivenza civile non solo per i residenti ma anche per visitatori e turisti. Dalla metà degli anni ’80, la situazione degenerò ulteriormente con l’arrivo del
crack
, una forma di cocaina economica, che provocava altissima dipendenza. Nel film
the Out-of-Towners
, 1970, con Jack Lemmon, ad esempio, una coppia di forestieri viene, per accidente, coinvolta in una serie di peripezie e inconvenienti, anche gravi, durante un viaggio nella Big Apple.
[3]
La pubblica opinione definiva la città molto difficile e pericolosa; questa reputazione la rendeva poco vivibile per i ceti medi e molto meno attrattiva anche per i turisti e viaggiatori, rispetto alle sue potenzialità anche culturali, con una vera e propria economia parallela originata dal crimine organizzato, che traeva linfa e manodopera dal traffico di droga ma estendeva le proprie ramificazione ben dentro l’economia legale, la governance territoriale e la Pubblica amministrazione
[4]
Gli obiettivi erano migliorare la percezione di sicurezza e di tutela da parte dei cittadini, rendere concreto e diffuso il rispetto delle norme e delle regole di convivenza civile, nonché, vero obiettivo finale, riprendere il controllo del territorio al fine di contrastare il coacervo del malaffare e il sostrato sociale sul quale questo si fonda per perpetrare i propri crimini ben più efferati e i distruttivi comportamenti illegali. La mano pesante della giustizia si abbatté – troppo spesso, invero - anche con durezza e abusi, su quelle infrazioni apparentemente minori, come ubriachezza pubblica, danneggiamenti alla proprietà (anche con grafiti), prostituzione ed adescamento per strada, mendicità aggressiva…fino al più famoso e rigorosissimo “pagamento del biglietto in metropolitana”!
[5]
Ricordiamole brevemente: Adeguata Verifica, Rafforzata, alla bisogna; registrazione delle operazioni sul Registro Unico Informatico; collaborazione attiva, attraverso le Segnalazioni di Operazioni Sospette.
[6]
Per dare un riferimento numerico, il PIL dell’intero Paese Italia è circa 2.300 mld di euro, lo 0,5%, 11,5 mld.
[7]
Da alcuni decenni la Banca d’Italia ha condotto studi scientifici per dimostrare l’effetto deleterio sulle potenzialità di crescita della diffusione in un territorio di consorzi illegali consorzi illegali; copiosa è la bibliografia; citiamo per tutti i più recenti: "Tema di Discussione n. 661 del 2021 La criminalità organizzata in Italia: un’analisi economica e 1502 del 2025
Le infiltrazioni mafiose nelle imprese nei periodi di crisi: evidenze dallo shock pandemico
[8]
Suggerisco, come letture di approfondimento, "Il rischio di infiltrazione mafiosa nelle amministrazioni comunali italiane" (Quaderno UIF n. 27, 2025); "Il profilo finanziario delle imprese infiltrate dalla criminalità organizzata in Italia", Quaderno UIF n. 17" del 2022; più recenti, il “Quaderno dell’Antiriciclaggio”, pubblicato dall’UIF il 28 ottobre 2025 e le analisi tratte dalla banca dati interforze del Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, pubblicate dal Sole 24 ore il 2 novembre u.s.
[9]
Ce ne sono tanti, ed invero molti (troppi) riguardano enti e istituzioni pubbliche e di governo locale. Su quelle diversi professionisti dell’informazione, anche nazionali, ci hanno intrattenuto più sapientemente e diffusamente di quanto potrei mai fare io.
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