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EDITORIALE - Questi strani socialisti Le assurde pretese degli sconfitti
03 giugno 2006

MOLFETTA - Strani personaggi questi “Socialisti”, un gruppo politico eterogeneo, almeno a Molfetta, che ha raccolto per strada e da altri partiti anche di destra, come An, personaggi (Saverio Tammacco) che hanno amministrato la città nella passata coalizione di centrodestra, o soggetti che stavano all'opposizione, ma facevano l'occhiolino alla maggioranza in cambio di qualche presidenza e infine qualche sperduto Dc in cerca di casa (Saverio Vercellini) e qualche centrosinistro pentito e ripentito (Nicola Piergiovanni) e chi più ne ha, più ne metta (gli altri non li riteniamo nemmeno degni di citazione, per le loro giravolte multiple, come qualche ex candidato sindaco, sempre “ex” e sempre “post”). Insomma, in quanto a partito arlecchino, non c'è male. Ma il fatto più grave è rappresentato dai referenti regionali e nazionali di questo partito: Alberto Tedesco, assessore regionale alla sanità e Vittorio, detto Bobo, Craxi, figlio d'arte, non eletto parlamentare e recuperato nel governo Prodi come sottosegretario agli Esteri. Questi due personaggi politici si sono schierati apertamente contro l'Unione di centrosinistra pur rappresentandola nelle istituzioni regionale e nazionale. Un fatto molto discutibile e che ha fatto molto discutere. Lo stesso Craxi da noi intervistato non ha saputo, tra una tartina e l'altra in una conferenza stampa-aperitivo dare una plausibile spiegazione della sua scelta a livello locale. Come ha fatto molto discutere la posizione degli altri socialisti, quelli della cosiddetta “Rosa nel pugno” che, a Molfetta, hanno come loro referente il consigliere regionale Franco Visaggio ex socialista Psi; poi, dopo la fine del Psi in seguito a Tangentopoli, lista civica “Confronto”; successivamente esponente di primo piano nel centrosinistra guidato da Guglielmo Minervini; poi ancora protagonista con Tommaso Minervini della “congiura” che portò alla caduta di quell'amministrazione comunale di centrosinistra e alla venuta del commissario; infine alleato dello stesso Tommaso nella scalata a Palazzo di città con la giunta di centrodestra insieme a Forza Italia e An nella passata legislatura, nella quale ha ricoperto il ruolo di assessore all'urbanistica; quindi eletto alla Regione nel “Nuovo Psi” di Bobo Craxi e Gianni De Michelis, allora alleato col centrodestra; poi, in seguito alla vittoria di Nichi Vendola e del centrosinistra che ha mandato all'opposizione il centrodestra di Raffaele Fitto, dopo qualche mese, ritrovatosi scomodo nei banchi dell'opposizione, ritiene opportuno schierarsi con il centrosinistra, restando però, con i classici due piedi in una scarpa: a sinistra a Bari, a destra nel consiglio comunale di Molfetta, collocandosi successivamente con un piede dentro e l'altro fuori nella stessa amministrazione di destra di Tommaso Minervini, in attesa dell'evoluzione dei tempi, ma sempre fedele a Tommaso col quale abbandonerà infine la nave di centrodestra ormai alla deriva lasciandola finire contro gli scogli della crisi comunale con la conseguente venuta del commissario prefettizio alla guida della città. Alle ultime elezioni questo personaggio, trascina il suo pacchetto di voti da una parte all'altra, secondo le opportunità politiche del momento, e si schiera con la “Rosa nel pugno” (e qui va sottolineato il comportamento controverso di un altro assessore regionale, Onofrio Introna, anch'egli schierato contro il centrosinistra a Molfetta), spacca quest'altro gruppo di socialisti e crea una nuova diaspora con parte dello Sdi. Questi uomini politici (Diego Colonna, Antonio Pansini e altri), restano, invece, fedeli all'originaria idea socialista e rifiutano di associarsi a chi “ha governato in questi ultimi anni la città con fascisti e qualunquisti”, denunciando la cosa agli organi nazionali e regionali del partito. Perciò, a livello locale, sono costretti a chiamarsi fuori dalla “Rosa nel pugno” per essere accolti nel partito del “Buon Governo” (già di Beniamino Finocchiaro) che, dopo qualche iniziale tentennamento, sceglie decisamente la strada dell'Unione di centrosinistra e dichiara compatto di sostenere la candidatura a sindaco del candidato Lillino Di Gioia. Questa è la storia raccontata con una sequela volutamente un po' noiosa e ingarbugliata, per dare l'idea della situazione. Questi sono i fatti. Ora vediamo l'evoluzione della… specie. L'Unione di centrosinistra e il suo candidato Di Gioia vincono su Tommaso Minervini che si era presentato con la “Nuova Alleanza” sostenuta appunto dai “Socialisti” di Tedesco e dalla “Rosa nel pugno” di Introna-Visaggio, e da altri socialisti ex Psi (Nunzio Fiorentini), già consigliere di opposizione contro la giunta di Tommaso, anch'essi schierati, per qualche inspiegabile motivo, contro l'Unione di centrosinistra. Ora i socialisti sconfitti, riscoprono l'Unione di centrosinistra e offrendole i loro voti al ballottaggio in cambio di un “apparentamento” (che significa ottenere la metà dei consiglieri di maggioranza, 9 su 18, non permettendo a tutte le forze politiche dell'Unione vincitrice, di essere rappresentate nemmeno in consiglio). E qui cominciano le pressioni per entrare, in caso di vittoria nella stanza dei bottoni, dalla quale qualcuno (Visaggio) non è mai uscito e non intende uscire. Anche a costo, ci chiediamo, di offrire voti dichiarati di centrosinistra al candidato di centrodestra Antonio Azzollini di Forza Italia? Naturalmente ogni offerta ha il suo prezzo che i “socialisti” fissano molto elevato (si parla di 5 assessorati più le presidenze degli enti, il sottogoverno), altrettanto fanno i socialisti della “Rosa nel pugno” (magari altri 5 assessorati più il presidente del consiglio comunale, lasciando al centrosinistra solo il sindaco), come se avessero vinto loro le elezioni, che, in realtà, al di là delle improvvisate affermazioni di Tedesco, a Molfetta hanno perso. L'Unione vincitrice si chiede cosa fare? Apparentarsi con questi socialisti dalle molte pretese e dall'incerta fedeltà (chi garantirà che non vi saranno nuovi tradimenti, vista la precedente esperienza con gli stessi personaggi?) oppure rifiutare un accordo anche per le elevate e non giustificate pretese dei due gruppi socialisti, anche in considerazione del codice etico che il centrosinistra si è dato prima delle elezioni e che prevede che dalla nuova amministrazione restino fuori personaggi e gruppi che hanno governato con la destra negli ultimi cinque anni? Come spiegare alla città questo “matrimonio morganatico”? Molti lettori di “Quindici” se lo stanno già chiedendo, come è possibile leggere nei commenti di questi giorni e in quelli che probabilmente seguiranno a questa nota. Dopo aver fatto la cronaca e la storia di queste formazioni politiche e dei personaggi che le rappresentano, riteniamo utile esprimere un'opinione che ci viene chiesta da molti lettori. La trasparenza e la fedeltà agli impegni assunti con i cittadini che hanno dato il loro consenso all'Unione, non permette di accettare “pastrocchi” umilianti e avventure politiche destinate sicuramente al fallimento: gli accordi vanno fatti alla luce del sole, rispettando la scelta degli elettori e le regole fissate prima della campagna elettorale, dopo lunghi e articolati dibattiti. Siamo stati per il rispetto delle regole delle “Primarie”, anche quando l'imprevisto risultato non era gradito a parte della sinistra, siamo per il rispetto delle regole anche ora, senza cedimenti. Siano i vincitori, come sempre, a dettare le condizioni, col rispetto delle minoranze, ma senza accettare ricatti e pressioni che certamente lasceranno il segno nella futura amministrazione (in caso di vittoria sul centrodestra). Altrimenti si vada avanti da soli, dicendo tutto alla città, con grande trasparenza e lealtà. Se si rimedierà una sconfitta, si cadrà in piedi e con dignità, senza averla svenduta a nessuno per una poltrona. Se i cittadini capiranno, sapranno scegliere liberamente il loro futuro, senza farsi condizionare dai “signori delle tessere” o dei “pacchetti di voti”. Se sbaglieranno, non potranno lamentarsi domani, come hanno fatto negli ultimi anni, di essere stati mal governati. Ognuno ha il governo che si merita. E' vero, la politica è l'arte del possibile, ma non dell'impossibile, quando sono in gioco dignità e trasparenza, capisaldi della democrazia e della libertà.
Autore: Felice de Sanctis
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