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Edilizia convenzionata: impresa contro il Comune. Ma la verità è un'altra
15 marzo 2012

Il primo ricorso di un’impresa edile contro il Comune di Molfetta. Altalucedue ricorre al TAR Puglia per l’annullamento della nota del 19 gennaio 2012 del Settore Territorio, secondo cui «il calcolo dell’aggiornamento ISTAT del prezzo per la cessione degli alloggi realizzati in regime di edilizia convenzionata (nel comparto 5, tra l’Hotel Garden, via Terlizzi, la SS16 e lama Martina Cupa, ndr) debba avvenire a far data dall’approvazione del progetto e sino all’ultimazione dei lavori». Per l’impresa, invece, il costo base del prezzo di cessione degli alloggi deve essere aggiornato all’indice ISTAT dal 2003, come fissato dalla nota dell’11 gennaio 2008 del Settore Territorio (approvazione del quadro economico) e dal bando di gara che riprendeva l’aggiornamento regionale della delibera GR n.814/03, e non dal 2006, anno dell’approvazione del progetto. Diverse le presunte violazioni contestate al Comune dall’impresa: violazione e falsa applicazione dell’art.9 del DM del 5 agosto 1994, delle delibere GR n.1996/00, n.814/03, n.449/06 e n.776/10, della convezione del 4 settembre 2008, eccesso di potere, difetto di motivazione, ingiustizia manifesta, disparità di trattamento. Respingendo le censure addotte dalla società ricorrente, il Comune di Molfetta ha approvato con delibera GC n.35/12 la resistenza in giudizio con la nomina di un legale difensore. AGGIO RNAMENTO ISTAT Dal 2003 e non dal 2006, la richiesta dell’impresa, che rivendica anche per sé «un criterio già utilizzato dall’ente nei confronti di ogni altra impresa aggiudicataria di edilizia convenzionata» (benché subentrata all’impresa aggiudicataria nel 2009 con determina Territorio n.187/09). Eppure, secondo l’art.18 del DPR n.380/01 «i prezzi di cessione ed i canoni di locazione […] sono suscettibili di periodiche variazioni […] in relazione agli indici ufficiali ISTAT dei costi di costruzione intervenuti dopo la stipula delle convenzioni medesime» (nel caso specifico sottoscritta con l’impresa aggiudicataria nel 2008). Anzi, «ogni pattuizione stipulata in violazione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione è nulla per la parte eccedente» (comma 5). Per di più, gli stessi aggiornamenti delle delibere richiamate nel ricorso «sono applicabili ai programmi di edilizia sovvenzionata ed agevolata non ancora appaltati alla data della pubblicazione» delle stesse delibere (l’appalto è stato bandito nel 2004 con determina Appalti-Contratti n.85). E, secondo l’avviso pubblico, il prezzo di cessione non può superare quello dell’aggiudicazione (l’offerta dell’impresa aggiudicataria è “chiavi in mano”), maggiorato dei soli oneri di costo suolo, urbanizzazioni e allacciamento (la delibera CC n.108/02 non riporta l’ISTAT). È evidente che l’atteggiamento del Comune deriva da una maggiore consapevolezza del proprio ruolo di vigilanza, se lo stesso ha più volte precisato all’impresa che agisce come incaricata di pubblico servizio. IL “DIET RO LE QUINTE ” DE L RICORSO Il comportamento del Comune avrebbe determinato, secondo l’impresa, «una profonda crisi nei rapporti fra la società ricorrente e taluni degli assegnatari che […] hanno rimesso in discussione persino il prezzo indicato nei contratti preliminari». Ma il ricorso è solo l’ultimo atto di una vicenda iniziata con la comunicazione del 3 aprile 2011, quando il Settore Territorio ha comunicato i prezzi definitivi di cessione: quasi 200mila euro (rispetto ai 120-130mila euro dell’edilizia convenzionata di qualche anno fa). Uno choc per gli assegnatari acquirenti. Da allora, una battaglia di logoramento, intimidazioni più o meno palesi e cambi di fronte. Nella comunicazione del 9 maggio 2011 gli acquirenti hanno chiesto «un’attestazione che certifichi la giustezza del costo dell’alloggio e delle clausole della compravendita, nonché la loro conformità con i provvedimenti amministrativi assunti dal Comune di Molfetta». Infatti, la “scheda superfici”, allegata alla comunicazione comunale, riportava l’incremento di alcune superfici, in particolare per il piano rialzato (+50/60m2), rispetto a quanto pattuito nel preliminare di vendita. Implementato da 30mila a 60mila euro il prezzo complessivo in base alla superficie dell’alloggio e sue pertinenze, per gli assegnatari acquirenti è stato quasi impossibile richiedere il mutuo. Del resto, nel caso specifico, gli aumenti di superficie delle verande non avrebbero potuto avere incidenza sul costo dell’alloggio, secondo quanto stabilito dall’art.6 della delibera GR n.766/10, che riprende il D.M. del 5 agosto 1994: la superficie non residenziale (somma delle superfici di logge, balconi, cantinole, soffitte, ecc.) «dovrà essere contenuta entro il 45% della superficie utile abitabile», limite «riferito al totale della superficie utile dell’organismo abitativo». Perché questo incremento? Una nuova perimetrazione dopo la redazione di un verbale comunale di linee e quote, la motivazione dell’impresa nella missiva del 21 ottobre. Più grave la nota del Settore Territorio dell’1 giugno a firma dell’ing. Rocco Altomare: «pur considerando che l’incremento di superfici non residenziali è scaturito da varianti regolarmente autorizzate, appare opportuno precisare che quanto sottoscritto dagli aspiranti acquirenti in epoca antecedente alle varianti edilizie non risponde all’attuale situazione progettuale». Perciò è «necessario allegare all’atto di vendita […] dichiarazione di accettazione della nuova situazione progettuale e, quindi, dell’incremento delle superfici a ve- Edilizia convenzionata: impresa contro il Comune. Ma la verità è un’altra La cartina del comparto 5 randa e/o balconi». Dunque, il Comune ha autorizzato delle varianti che non rispecchiavano il progetto guida e le NTA del PdZ 167? Gli assegnatari acquirenti sono stati informati di queste varianti? A quanto pare, manca l’autorizzazione formale degli stessi, nonostante per l’impresa gli acquirenti «sono stati resi edotti (accogliendo anche favorevolmente tale aumento di superficie)». Sono stati violati gli artt. 14, 15, 16, 17 del Regolamento comunale sul Procedimento amministrativo? Gli assegnatari sono stati privati del diritto di opposizione a varianti che hanno di fatto stravolto la sagoma dell’immobile? Cosa si nasconde dietro questo “movimento amministrativo”, se in edilizia convenzionata il disciplinare delle caratteristiche minime, approvato con delibera GC n.316/00, può essere variato solo dal Comune con previa autorizzazione degli acquirenti? Se gli acquirenti fossero stati davvero edotti, perché gli stessi avrebbero inviato l’impresa nel giugno 2011 ad attenersi al quadro economico d’intervento? Di fronte al perdurare della situazione, il Comune con comunicazione del 10 novembre ha ordinato all’impresa la consegna delle chiavi degli appartamenti agli assegnatari entro 3 giorni dalla notifica della stessa, a meno di denuncia all’Autorità Giudiziaria «per inottemperanza agli obblighi di legge, avviando la procedura di revoca ai sensi dell’art.13 della convezione». Anche perché, trattandosi di edilizia convenzionata, «il margine di discrezionalità dell’impresa è praticamente nullo, dovendo realizzare l’opera secondo i fatti, tempi e modi stabiliti nella convezione», senza alcuna imposizione per «scelte e realizzazioni non richieste che producano maggiori costi per l’utente» (dunque, «l’aumento arbitrario delle superfici complessive dell’alloggio»). Passati i 3 giorni, il costo complessivo degli alloggi a mq è stato ridotto di circa 100 euro. L’impresa ha, però, iniziato a liquidare gli acquirenti, ricorrendo al Tribunale di Trani per la risoluzione contrattuale. Non è compito del Comune escutere l’acquirente per comprovate motivazioni? “DO PPIA” CON VENZION ATA Quella del comparto 5 è la seconda palazzina che Altalucedue realizza in regime di edilizia convenzionata (la prima nel comparto 7, tra Lama Martina e via Spadolini). Infatti, dopo la rinuncia nel dicembre 2004 della ditta Favuzzi, prima aggiudicataria, l’immobile è stato aggiudicato all’ATI Co.me.r coop - Euro 2000 (passaggio costato uno scarto del 5,5% tra il ribasso della Favuzzi e quello dell’ATI, con l’aumento del costo dell’alloggio). Nel novembre 2009 il Settore Territorio ha autorizzato Euro 2000, che aveva già acquistato la quota della Co.me.r coop, alla cessione ad Altalucedue del 100% della quota di proprietà del suolo nel comparto 5 per la realizzazione dell’immobile in questione. Come mai il Comune ha autorizzato questo trasferimento che di fatto viola i criteri di assegnazione, approvati con delibera CC n.108/02, secondo cui «si può essere aggiudicatari per una sola unità edilizia»? QUALE PIANO COMMERCIALE? Nel ricorso l’impresa ha richiesto un risarcimento di quasi 550mila euro per la mancata realizzazione dei locali commerciali, come previsto dalla convenzione del settembre 2008, stipulata con l’aggiudicataria ATI Comer coop - Euro 2000. In effetti, nella convenzione si fa riferimento al piano commerciale. Ma, la convenzione è subordinata alla lex specialis dell’avviso pubblico del 2004 (asta pubblica dei comparti 5, 7 ed 8), in cui l’immobile indicato è un patio duplex (unità con ampio cortile interno), con piano interrato, piano rialzato e primo piano. Assente, perciò, il piano terra per il piano commerciale. È evidente l’errore materiale della convenzione, che l’impresa strumentalizza ad hoc nel ricorso (a questo punto, avrebbe dovuto anche rispettare il numero fissato per gli alloggi, 12 e non 18). Anche se gli acquirenti attendono la consegna del progetto originario “guida”, che scioglierebbe ogni dubbio sulla vicenda. CON VENZION ATA, UN A CLOACA Questi alcuni retroscena di una vicenda molto articolata, esemplare per tutta l’edilizia convenzionata a Molfetta, acquitrinoso business del mattone. Intanto, gli assegnatari acquirenti non possono accedere alle proprie abitazioni, pur avendo eseguito l’accollo del mutuo contratto dall’impresa, come pattuito nel preliminare di vendita (ma la ditta, che ha effettuato già il frazionamento, li considera inadempienti). Una famiglia è già per strada, altri in difficoltà abitative, cui si aggiunge il danno economico per i fitti pagati da quasi 7 mesi. 9 assegnatari, tra acquirenti e locatari, hanno avuto la consegna dell’appartamento: secondo quali criteri? È stata rispettata la graduatoria comunale? Molte altre le domande. Lapalissiane le risposte. Sarebbe, però, opportuno che gli assegnatari della convenzionata a Molfetta controllassero le modalità di calcolo del prezzo di prima cessione degli alloggi e la documentazione dei vari costi aggiuntivi. Ma, soprattutto, verificassero che sui lastrici solai di uso condominiale non siano stati costruiti altri alloggi, spacciati per vani tecnici, in attesa di sanatorie e/o venduti al di fuori della graduatoria comunale. Un primo passo per ottenere quanto dovuto per legge.

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