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Donne in giunta, dopo il caso-Molfetta, al setaccio della Regione tutti i Comuni La vicenda, danno per la città di Molfetta ma non per la carriera politica di Azzollini
03 ottobre 2008

MOLFETTA - Dopo quello che ormai può essere definito il caso-Molfetta per il rifiuto di accettare una presenza femminile in giunta, ormai balzato alla ribalta nazionale per la vasta eco che ha suscitato in tutti i media l'ira del sindaco Antonio Azzollini (foto) contro alcuni consiglieri di opposizione che chiedevano il rispetto dell'art. 37 dello Statuto comunale, ora scende in campo la Regione Puglia. Le donne della commissione regionale per le Pari opportunità, presieduta da Marta Terrevoli, oltre a promettere ancora battaglia ad Azzollini, insieme con la consigliera della stessa commissione Serenella Molendini e con l'associazione “Tessere” hanno deciso di passare al setaccio tutti gli statuti dei Comuni per verificare se hanno ottemperato all'obbligo, sancito dalla riforma dell'art. 51 della Costituzione, che prevede l'inclusione di norme antidiscriminazione. Intanto il film dell'ira del sindaco in consiglio comunale continua a girare e, ci sembra anche che si stia un po' esagerando, quasi che non ci fossero più notizie più importanti, ma forse, alla fine il tutto potrebbe tornare utile allo stesso Azzollini, baciato da improvvisa e imprevista popolarità. E, magari, su questo episodio è arrivato il momento anche di scherzarci un po' su, soprattutto per sdrammatizzare la situazione e riportarla nei giusti binari. Riepiloghiamo la vicenda. Molfetta è tornata agli onori della cronaca nazionale, questa volta non per fatti tragici ma per la ben nota vicenda della mancanza delle donne in giunta e per la reazione alquanto “scomposta” del sindaco in occasione del primo dibattito in consiglio comunale risalente al 28 giugno. A rimbalzare sono state le immagini scoperte a distanza di mesi, tratte dalla ripresa integrale della massima assise cittadina finite nell'ordine su “Repubblica multimedia”, su Youtube (nel video in basso)dove in un solo giorno ha registrato quasi duemila visite e su “Studio Aperto”. In particolare la parte in cui il sindaco si rivolgeva ai consiglieri della minoranza gridando e parlando in dialetto, tanto che il telegiornale di Mediaset ha anche sovraimpresso i sottotitoli in lingua italiana. Quest'ultima trovata ha anche il suo profilo ridicolo, “uannà” è stato tradotto con “amico mio” e a ben vedere ricorda la performance di due noti comici baresi che hanno trasformato la band inglese Oasis in Oesais (nel video), appunto in stile molfettese. Quindici aveva già condannato il comportamento irriguardevole di Azzollini sul mensile in edicola a luglio e tutto questo clamore fa quasi sorridere chi come i molfettesi è abituato agli exploit del buon Tonino, magari dagli spalti di un palazzetto durante una partita di basket. Qualche oppositore esulta per il risultato raggiunto e per l'imbarazzante posizione in cui si sarebbe messo il sindaco nei confronti dell'opinione pubblica nazionale. Ma siamo sicuri sia davvero così? Un tempo forse lo sarebbe stato, ma oggi la logica televisiva berlusconiana ha ribaltato le prospettive, così anche gli uomini pubblici che alzano la voce non sono solo legittimati a farlo ma sono indicati come esempio, nel partito che non c'è del Cavaliere, fatto di personalismi e strilloni. Sicuramente, però, non rappresenta un motivo di orgoglio per la città di Molfetta. A ben vedere si tratta a tutti gli effetti di una forma di pubblicità che torna tutto a suo favore di Azzollini che anche al Tar, che ne aveva congelato la Giunta, ha ribadito le sue decisioni, rivendicando nella scelta degli assessori la discrezionalità, l'indispensabile rapporto di fiducia e il criterio adottato di privilegiare il dato politico a quello tecnico. Dunque anche questo fuoco è destinato a spegnersi. Ma sotto il profilo comunicativo il nome del sindaco-senatore Azzollini è ormai associato a un volto ricordato da molti, figura con quel piglio decisionista caro al leader Berlusconi, al quale resta allineato e coperto sulle scelte politiche, e più vicino ora su quelle medianiche, se pensate alle corna fatte in un meeting di capi di governo europei o al dito medio alzato in campagna elettorale. E con il suo leader potrà sempre giustificarsi dicendo che non ha trovato una donna bella almeno quanto Mara Carfagna o rivoluzionaria come la Gelmini. Ora magari sarà anche più simpatico alla Lega considerando la rivalutazione del vernacolo. Con questi ingredienti e con il pacchetto di voti crescente che riesce da tre elezioni politiche a questa parte ad assicurare Azzollini sarebbe pronto per il grande salto, perché una presidenza di commissione ormai non basta più. Perché saremo pure nella Terza Repubblica ma resta sempre valido il detto di Oscar Wilde: “Che si parli di me, nel bene o nel male, purché se ne parli”.
Autore: Michele de Sanctis
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