Don Gino: una chiesa accogliente per un solo grande quartiere
Una piccola croce lignea su un suolo incolto. Appare così l'area dove sorgerà il nuovo complesso parrocchiale della Madonna della Rosa. A stagliarsi verso il cielo non sono ancora i campanili ma le braccia delle gru nell'incessante opera di edifi cazione edilizia. Abbiamo incontrato don Gino Samarelli, parroco della chiesa in questione, per capire, quale sarà il ruolo e il futuro della nuova parrocchia nella comunità che si sta intanto insediando. Come procede l'iter per la costruzione del nuovo complesso parrocchiale? “Dopo l'approvazione del progetto di massima, si sta ora concludendo la fase di elaborazione di quello esecutivo che, se tutto procederà secondo i programmi stabiliti, verrà sottoposto all'approvazione dell'Uffi cio della Conferenza Episcopale Italiana nel mese di ottobre. Con questi ritmi, l'augurio è che per la fi ne dell'anno si possa procedere alla posa della prima pietra”. Che comunità è quella dell'attuale quartiere/zona e come vive l'imminente trasferimento? “Come tutte le Comunità, sia quelle civili che religiose, anche la nostra vive nella molteplicità delle esperienze e formazioni individuali; pertanto, la comunità che partecipa alla vita parrocchiale ne condivide la soddisfazione per il raggiungimento di tale traguardo e si fa carico della preoccupazione per gli impegni che verranno assunti sia sul piano fi nanziario ma soprattutto su quello religioso e spirituale per una testimonianza cristiana adulta e matura. Ma è altrettanto evidente che vi siano persone, praticanti e non, che non sono direttamente coinvolte in questa esperienza e che guardano dall'esterno con la curiosità, mi auguro bonaria, dello spettatore di passaggio”. Cosa comporterà l'imminente trasferimento? Quali invece le aspettative per la nuova comunità? “L'attuale porzione della parrocchia subirà inizialmente il trauma della perdita di un riferimento così vicino e immediato; mi auguro però che subito dopo prevalga l'entusiasmo per una nuova e inedita realtà parrocchiale che con l'ampiezza del territorio e la ricchezza delle diverse esperienze dei suoi abitanti aspirerà a diventare per la città un buon esempio di convivenza civile e dinamica oltre che una comunità religiosa entusiasta e solare. Quantitativamente, questo quartiere si prepara a passare dagli attuali 3.000 agli oltre 12.000 abitanti e certamente tra questi non mancheranno buoni operai del Vangelo” Quali saranno le differenze tra le due comunità? “Mi auguro che questa differenza duri il tempo della costruzione, anzi della prima pietra; sarebbe molto bello che tutto il quartiere respiri con due polmoni ma in un unico corpo perché è interesse di tutti costruire insieme una comunità che si riprova unita intorno ai grandi temi della convivenza, condivisione, testimonianza”. Da quanto ci racconta, la parrocchia sarà un punto di aggregazione importante, quali i suoi progetti a questo proposito? “Nella realizzazione dei nuovi complessi parrocchiali sono previste anche strutture di ricreazione e di aggregazione giovanile e non. Un tempo l'oratorio ha formato intere generazioni, ora, con nuove forme e ritrovati entusiasmi, la parrocchia si prepara ad offrire al suo quartiere e anche a tutta la città luoghi di incontro, di sereno svago e di formazione. La piazza, le strutture sportive, l'auditorium, contribuiranno certamente ad offrire sul piano delle strutture un valido contributo alla crescita umana e religiosa del quartiere”. Quale sarà il ruolo della parrocchia nel nuovo quartiere? “Certamente rivestirà un ruolo di primo piano, sia per l'imponenza della sua presenza ma soprattutto per le potenzialità che la parrocchia porta con sé. Il quartiere, quello che si sta formando, nasce su un terreno incolto, senza storia e tradizioni e lentamente dovrà acquisire una sua dimensione e riconoscibilità; ciò che già esiste dovrà invece integrarsi con impegno e intelligenza perché anche fi sicamente è tagliato fuori da una grande strada, Via Berlinguer, che lo attraversa. La sfi da comune è che insieme si possa dar vita ad un solo grande quartiere e in questo, un ruolo determinante spetta alla parrocchia. E per chi non condivide l'esperienza religiosa? “Potranno trovare posto anche loro. Anche a causa della carenza di strutture sociali, come è tipico delle periferie di Molfetta, dove a parte i negozi di alimentari, non sopravvivono altre attività. La nostra città rimane un grande paese, non è in grado di integrare il suo centro naturale: Corso Umberto con nessuna altra zona. Spesso la periferia geografi ca fi nisce per coincidere con la periferia civile”.