Disciplina del costruire, onestà intellettuale in Marisa Carabellese
Vitruvio Pollione e Mies Van Der Rohe: due personalità complesse che hanno rappresentato due momenti di svolta dello sviluppo architettonico europeo e di rifl esso anche statunitense. Due profi li apparentemente lontani ma che, attraverso gli occhi di una artista, vengono a ritrovarsi vicini e sotto alcuni aspetti anche profondamente legati. Marisa Carabellese in questi due dipinti facenti parte del ciclo “Congetture sugli architetti contemporanei” riesce a focalizzare l’attenzione su aspetti comuni alla poetica miesiana ed alla letteratura vitruviana. Entrambi i dipinti riportano in modo esplicito l’aspetto comunicativo della poetica dei due architetti, proponendo subito una rifl essione su principi assoluti introdotti da questi: da un lato c’è il motto miesiano “Less is more”, dall’altro i tre requisiti vitruviani fondamentali dell’architettura: fi rmitas, utilitas e venustas. Entrambi i dipinti sono studiati in modo rigoroso dall’autrice, anche attraverso la tripartizione compositiva in senso verticale che accomuna le due tele, la quale in modo sottile ci introduce nello spazio isomorfo e proporzionato di Mies Van der Rohe attraverso l’utilizzo di linee e piani che si combinano nello spazio illusorio del quadro, ma ,sempre attraverso uno spazio ben equilibrato che riprende la categoria architettonica dell’Armonia, l’autrice ci trasmette la solidità e la ieraticità dell’architettura classica di cui Vitruvio è senza dubbio uno dei migliori testimoni. L’occhio analitico di Marisa ci permette di cogliere quanto la semplifi cazione e la purifi cazione dell’atto costruttivo siano due aspetti del requisito teorico vitruviano dell’utilitas che diviene concretizzazione architettonica in tutta l’opera di Mies, ma che diviene anche valore aggiunto di onestà intellettuale dell’autrice che ci propone uno sguardo concreto e personale dell’opera dei due architetti, subordinandosi alla realtà delle cose: punta diritto all’essenziale permettendo di cogliere subito ed in modo completo la vera identità delle architetture: i toni metallici del quadro su Mies Van Der Rohe in cui l’aria notturna e rarefatta del dipinto permette di delineare in modo rigoroso architetture basate sulla semplifi cazione formale e sul rigore costruttivo trasmettendo il valore materico dell’acciaio e del travertino tanto cari all’architetto, cosi come i toni dolci e caldi del marmo rosa e di un drappo scolpito nel marmo che all’ombra di un arco di memoria romana ci ricordano la venustas dell’architettura classica. Ma il rigore compositivo delle due tele ci ricorda un tema caro ai due architetti: l’accoglimento della vita. Ricordando la massima, assunta da Berlage e tanto casa a Mies, “costruire è servire”, lo spazio rigoroso nella tela esprime bene il concetto dell’accettazione della vita all’interno della forma che nella prospettiva miesiana si ottiene mendiante una rigida disciplina della stessa e non attraverso un abbandono dell’architettura alla casualità della vita o tramite improbabili spontaneità, mentre nel pensiero vitruviano si sostanzia nel requisito dell’utilitas intesa come capacità di funzionalità dell’architettura capace di rispondere in modo completo ai bisogni dell’uomo. Ma l’accoglimento della vita è anche l’invito che in modo implicito ci fa l’autrice, permettendoci di avere un punto di vista privilegiato su due autori molto complessi e, come il gabbiano sempre presente nelle sue tele, ci invita a godere dell’intensità dell’architettura in modo completo ricordandoci di coglierne sempre l’essenziale, puntando diritti al cuore delle emozioni che questa sa regalarci. “Less is more”. Appunto.