Dimissione Benedetto XVI Il vescovo mons. Martella: un atto di coraggio
Giovedì 28 febbraio Benedetto XVI ha lasciato il Vaticano e, mentre le campane di Roma suonavano a distesa, ha raggiunto in elicottero il Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo, sua nuova residenza, come indica la bandiera gialla e bianca della Città del Vaticano ammainata sul pennone. Le guardie svizzere hanno poi deposto le alabarde e chiuso il portone in legno del Palazzo apostolico, a sancire che il soglio pontificio è vacante. Dalle ore 20 la Chiesa Cattolica resta temporaneamente senza guida. Il pontificato di Benedetto XVI, iniziato il 19 aprile del 2005, secondo la sua rinuncia comunicata ai cardinali l’11 febbraio scorso, è terminato. Dall’ovazione della folla e dai lunghi applausi si direbbe che le dimissioni del pontefice siano state accettate, capite, perdonate. Non c’era lo stesso clima qualche giorno fa, quando l’annuncio della rinuncia aveva lasciato il Vaticano stesso sotto shock, imponendogli la convocazione di un Conclave d’urgenza per la nomina del successore. Nessuna motivazione particolare alla base del ritiro, solo la sopraggiunta incapacità psicofisica di assolvere le responsabilità del suo incarico, comprensibile per un ottantaseienne. Ma fino a che punto tollerabile per un Vicario di Gesù Cristo? È giusto che un Pontefice rinunci al ministero di Pastore della Chiesa Universale dichiarando che ciò che ha fatto può bastare, come se il suo fosse un mandato come tanti? Queste le domande che serpeggiavano tra la gente, mescolandosi col ricordo commosso di Papa Wojtyla, che tenne fede al suo ufficio fino alla fine, sofferta, della sua vita, sostenendo che «dalla croce non si scende». Alla fine, nonostante il paragone più gettonato dai media, quello con Celestino V, il pontefice del XIII secolo che Dante collocò tra gli ignavi nella Divina Commedia etichettandolo come «colui che fece per viltade il gran rifiuto», si può dire che l’opinione pubblica si sia risolta a rispettare la scelta del “Papa emerito” (è così che si qualificherà d’ora innanzi Benedetto XVI) una scelta di dignità e coraggio, compiuta «per il bene della Chiesa». Intanto, tra le eminenze ecclesiastiche l’atmosfera è da “silenzio stampa”. Lo stesso Mons. Luigi Martella, vescovo di Molfetta, contattato da Quindici per fare il punto della situazione, ha rifiutato di rilasciare interviste in merito all’accaduto. Il suo solo commento sull’inaspettata abdicazione è rintracciabile sul sito ufficiale della diocesi: «Stupore e meraviglia è stata la prima reazione, come quella di tanti, della maggior parte, in tutti i continenti. Man mano, però, che sono passate le ore, l’emotività ha ceduto il posto alla ragione. Mi sono ricordato che è un diritto del Papa rinunziare al governo della Chiesa, anzi un dovere qualora si accorga che con le forze fisiche e psicologiche non ce la fa più. Benedetto XVI si è avvalso di questo diritto, e lo ha esercitato - come egli stesso ha affermato - “in piena libertà”. Immagino che l’evento scatenerà la fantasia dei dietrologi. C’è, invece, da credere, conoscendo il pensiero e anche l’animo del Pontefice, che egli abbia compiuto un atto di coraggio, di responsabilità, di amore verso la Chiesa di Dio». Parole, le sue, che riecheggiano quelle del papabile cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, che ha dichiarato che di fronte all’inaspettato gesto di rinuncia al Pontificato da parte di Benedetto XVI non va dato peso ai nostri sentimenti quanto alla limpidezza del suo gesto di fede e testimonianza. Ma, anteponendo la ragione al cuore, non è possibile lasciar passare inosservato un simile atto, tanto più nell’Italia della crisi, e non soltanto perché priva il popolo della stabilità di una guida spirituale nella cruciale (e caotica) fase di passaggio ad un nuovo governo, ma perché grava sulla già delicata situazione economica del nostro Stato. Secondo i Patti Lateranensi, infatti, i costi dell’elezione del nuovo pontefice sono (e saranno) completamente a carico dello Stato Italiano e si stima che, tra organizzazione dell’ordine pubblico, danni all’indotto economico della città di Roma e spazi televisivi, le spese ammonteranno a circa 8milioni di euro. Senza contare che, dalla prossima fumata bianca, la Chiesa cattolica avrà per la prima volta nella storia due papi. Alcuni hanno parlato dell’inizio di una nuova era, “l’era dei due papi”. Si tratta di una svolta storica. E pensare che una volta si diceva «morto un papa se ne fa un altro». Per ora, non resta che attendere l’esito del Conclave, che inizierà intorno alla metà di marzo. Ma, data la singolare situazione, pare durerà più a lungo del previsto
Autore: Giulia de Vincenzo