Dialetto, Zurigo chiama Molfetta… e Molfetta risponde
Progetto di dottorato della ricercatrice Federica Breimaier
Molfettesi brava gente, gente laboriosa, generosa che anche questa volta non si smentisce. Federica Breimaier è una ricercatrice dell’Università di Zurigo, che per il suo progetto di dottorato ha avuto un’idea che ci riguarda da vicino: lo studio del dialetto molfettese attraverso una ricerca sperimentale, mai usata prima in dialettologia italiana. Federica Breimaier, dottoranda e assistente presso la cattedra di linguistica italiana all’Università di Zurigo, può essere considerata molfettese d’adozione. Lo studio sperimentale di cui si occuperà dal 17 maggio al 6 giugno costituisce la terza e ultima tappa di un progetto più esteso per portare avanti il quale è stata ospite gradita della nostra città per ben quattro volte dal 2018. Dottoressa Breimaier, la domanda è ovvia ma, per chi non è a conoscenza di questo progetto, dovuta. Come nasce questo interesse per quello che per altri è dialetto e per noi è lingua? «Diciamolo subito: la distinzione tra dialetto e lingua è politica, ma non strutturale. Non è vero che i dialetti sono una versione sporca o volgare dell’italiano! Al contrario sono sistemi linguistici fratelli dell’italiano, con una struttura grammaticale autonoma. Il problema è che i dialetti non sono istituzionalizzati come lingue, e questo è un problema politico. Il mio interesse nasce dalla volontà di trattare il molfettese come una lingua e di studiarla con i metodi con cui sono state studiate le lingue. Per questo voglio portare avanti uno studio sperimentale, mai applicato sui dialetti italiani, ma moltissime volte sulle lingue standard. Voglio ampliare il raggio d’azione della disciplina, cercando di capire se e come le conclusioni cui siamo arrivati in questi anni valgono anche per i dialetti». I dialetti, in generale, sono lingue utilizzate prevalentemente da una popolazione anziana, da una popolazione con basso grado di istruzione? E nel caso della nostra città, è utilizzato in determinate zone piuttosto che altre? «Per molto tempo purtroppo si è pensato che insegnare il dialetto ai propri figli comportasse uno svantaggio e molti genitori si sono imposti di parlare italiano standard in casa. Questo ha comportato una drastica diminuzione dell’uso del dialetto nelle generazioni più giovani e un suo concentrarsi nelle fasce più anziane della popolazione. Ora come ora molti dialetti stanno scomparendo e uno degli scopi della dialettologia è proprio quello di documentarli prima che muoiano del tutto. Non tutto è perduto, però, soprattutto a Molfetta, dove ho trovato giovani che parlano il dialetto per lo più con amici e che sono poi la nostra speranza per il futuro di questa varietà, che senza parlanti rischia di estinguersi». La sua ricerca di volontari che risultati ha prodotto? È possibile tracciare un identikit del volontario? «Proprio per quanto detto sopra, la ricerca di volontari ha dato ottimi frutti per la fascia di parlanti più adulti, gli over 45, mentre sto riscontrando qualche difficoltà nel rintracciare parlanti di molfettese sotto i 45 anni. Ai giovani chi ci leggono dico: se parlate dialetto, contattatemi tramite il mio indirizzo mail federica. breimaier@uzh.ch oppure compilate questo breve modulo di adesione e sarò io a contattarvi: https://forms.gle/8cEKV8u48wUVYUVG9 Questi sono i criteri per poter partecipare: Parlare dialetto molfettese quotidianamente con amici e/o parenti avere un’età compresa tra i 18 e i 45 anni non essere daltonico o dislessico». Esiste un dialetto molfettese antico ed uno più “moderno”? «Non farei una divisione così netta, ma certamente come ogni sistema linguistico anche il molfettese subisce dei mutamenti che sono endogeni, ovvero naturali, ma in parte causati anche dalla pressione dell’italiano che per le ragioni dette sopra viene preferito purtroppo in molti contesti». La collaborazione con l’Associazione Molfettesi nel mondo ha dato un contributo importante alla sua ricerca. Come è nata questa collaborazione e con la sig.ra Angela Amato, già presidente dell’Associazione? «Conobbi Angela e quindi l’Associazione Molfettesi nel mondo nell’oramai lontano 2018, durante la prima inchiesta sul campo, insieme al mio collega Giovanni Manzari. Fu una delle prima molfettesi intervistate in quella che all’epoca era la sede dell’Associazione. Da lì Angela ha dato un aiuto enorme, anzi è stata una vera colonna per me che dalla Svizzera dovevo organizzare le varie inchieste da lontano. Non posso che ringraziare davvero di cuore Angela che in questi anni si è tanto prodigata per trovare volontari alle varie inchieste e darmi un posto in cui condurre i vari studi». La ricerca della dottoressa Breimaier non può che riempirci d’orgoglio. Il dialetto, considerato a pieno titolo, patrimonio immateriale, chiede attenzioni e cure per non essere dimenticato. La molfettesità è ricchezza, è identità, condivisioni di radici, è posto sicuro nel quale ritrovarsi. E la dottoressa Federica Breimaier ce lo insegna. © Riproduzione riservata