Dal pizzarello alla scarcella: la sommelier Betty Mezzina spiega all’Aneb di Molfetta quali sono gli abbinamenti del vino
MOLFETTA - Nouvelle cuisine, cucina tradizionale, cucina reinventata, fusion gastronomica, cucina finger food, cucina etnica. Ogni pretesto è buono per parlare di cibo e di vino se si considera tutti i tipi e le mode di cucine che si sono avvicendate dalla notte dei tempi in poi. Ad oggi per l'importanza data al settore gastronomico è inevitabile riuscire ad accostare il vino giusto al cibo servito in tavola. Chiaro è che l’abbinamento non è sempre semplice e l’errore spesso è dietro l’angolo.
Benché i moderni sommelier spieghino che non esiste più un rigido codice da applicare alla scelta del vino a seconda del piatto ma la fa da padrone il gusto personale, in ogni caso ci sono sempre delle regole base che è meglio rispettare. Ad esempio, ogni piatto ha il suo vino ideale di accompagnamento che va servito alla temperatura corretta. È altrettanto importante considerare le varie tipologie di vino, ognuna con il suo livello di invecchiamento al fine di offrire l’accostamento più appropriato. E non ultimo sarebbe indicato seguire la concordanza di odori e sapori.
Di questo e molto altro ancora ha parlato la prof.ssa Betty Mezzina – apprezzata sommelier nonché degustatrice ufficiale e relatrice AIS – durante la conferenza enogastronomica organizzata presso l’ANEB di Molfetta dal titolo “Dal pizzarello alla scarcella: il vino e i suoi abbinamenti”.
Una serata piacevolissima dedicata alla tradizione molfettese che ha incentrato il suo focus sull’analisi delle caratteristiche organolettiche delle pietanze tipiche nostrane nel periodo quaresimale e pasquale e sulla metodologia ottimale per ottenere gli abbinamenti più aromatici e gustativi, proponendo una selezione accurata di vini pugliesi e non.
Ad aprire la serata, il presidente Michele Laudadio – che dopo una breve introduzione – ha subito lasciato spazio alla graditissima ospite. Partendo dal presupposto fondamentale che oltre a conoscere il vino bisogna saperlo accostare, la prof.ssa Mezzina – prima di addentrarsi nel tema principe della serata – ha voluto fare una piccola ma interessante digressione riguardo i criteri generali di abbinamento. Il primo è quello per tradizione, ovvero quando si abbina la pietanza tipica del posto con un vino locale.
A seguire il criterio stagionale (in estate si sceglie un vino meno strutturato che in inverno), quello psicologico (il vino viene scelto a seconda dell’occasione e non deve per forza seguire il principio dell’abbinabilità) e in ultimo quello per valorizzazione (il vino valorizza il cibo o viceversa). Ma in linea di massima – con buona pace delle regole di concordanza e contrapposizione – due sono le massime da seguire sempre per non sbagliare. I dolci vanno associati a vini dolci mentre le pietanze salate vanno a braccetto con vini secchi/acidi o al massimo con le bollicine.
Dopo questa doverosa lectio, l’illustre relatrice è entrata nel vivo dell’argomento, partendo dalla domenica delle palme. Di solito nelle case dei molfettesi in questo giorno particolare si usa mangiare il ragù di seppie, un piatto di grande struttura poiché articolato e ricco di ingredienti. Per l’occasione la Mezzina propone un vino rosso con una buona persistenza gustativo – olfattiva, aromaticità e speziatura. Con il pizzarello arriviamo poi al giovedì santo.
Ma qui è doveroso fare una precisazione per indovinare il giusto abbinamento. Di fatti se il panino tipico della tradizione molfettese viene farcito con del semplice tonno e un giro d’olio d’oliva, un vino spumante o un bianco frizzantino sono ideali – come si usa dire in gergo – per pulire la bocca. Ma se invece lo inflazioniamo con capperi, acciughe, pomodorini sott’olio e altre leccornie, la bollicina va sempre bene ma ideale sarebbe un buon rosato.
A ruota segue per il venerdì santo il tanto amato calzone, piatto di grande struttura con un odore persistente che richiede necessariamente un vino rosso di una certa importanza come il Negroamaro o il Nero di Troia. Da non dimenticare i classici spaghetti con le acciughe, tipici del sabato santo. Una pietanza di media struttura ma piuttosto untuosa che richiede pertanto o delle bollicine o un vino acido o - perché no – un rosso tannico. Consigliati, dunque i bianchi della zona di Locorotondo, Martina Franca e Gravina.
Tra una leccornia e un’altra, arrivati al giorno di Pasqua il banchetto diventa più ricco e variegato. Dai frutti di mare crudi agli antipasti più disparati, dai primi al forno all’agnello con le patate il passo per la scelta del vino è breve e presto fatta. Si inizia con delle bollicine per l’entré e si prosegue con un vino rosso importante e strutturato. Importante è non utilizzare troppi vini diversi durante il pranzo o la cena.
E per il giorno di Pasquetta? Come tradizione vuole, in casa dei molfettesi la fa da sovrano l’agnello con i piselli in abbinamento ad un buon rosso corposo (come il Primitivo di Manduria, ad esempio) e a seguire la pizza rustica, eccellente accompagnata da un rosato. E per finire testa d’agnello e interiora rappresentano le pietanza tradizionali della domenica dopo Pasqua. Cibi strong da accompagnare di certo ad un vino intenso e di grande capacità olfattiva come l’aglianico che pulisce la bocca e restituisce a chi lo beve una sensazione piacevole di astringenza.
In ultimo la Mezzina ha voluto precisare la temperatura alla quale vanno serviti i vini per non alterarne l’autenticità gustativa e olfattiva. Gli spumanti vanno degustati tra i 6/8 gradi, i bianchi ad un massimo di 10gradi e i rossi tra i 18 e i 20 grandi.
Insomma una lectio magistralis che di sicuro aiuterà ad aggiungere un tocco in più alle tavole dei molfettesi non solo a livello enogastronomico. E d’altronde - come sosteneva anche Leonardo da Vinci – “Da noi, gli homini dovrebbero nascere più felici e gioiosi che altrove, et però credo che molta felicità sia agli homini che nascono dove si trovano i vini buoni”.
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Autore: Angelica Vecchio