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Dacia Maraini a Molfetta: il suo libro, le sue donne, le sue storie
20 novembre 2010

MOLFETTA - E’ il libro Di Dacia Maraini. Ed è una preposizione che nasce necessariamente maiuscola, perché La ragazza di via Maqueda, presentato giovedì sera a Molfetta per iniziativa della libreria Il Ghigno, non è solo un libro scritto dall’autrice fiorentina, ma è un libro che parla di lei, di Dacia Maraini, della sua vita, del suo viaggio, e di chi nel corso di questo viaggio ha incontrato.

“Ventiquattro racconti nella vita di Dacia Maraini e nella storia del nostro Paese, da Palermo, a Roma, all’Abruzzo”, spiega la giornalista Anna Maria Minunno (Antenna Sud), “ritratti di donne come lei, raccontate con una scrittura dolce e coraggiosa, senza filtri”.

La scrittrice, che proprio in giornata ha ricevuto dall’Università degli Studi di Foggia la laurea honoris causa in quanto donna impegnata per i diritti civili, in particolar modo quelli delle donne, inizia parlando soprattutto di loro, delle donne, “osservate da lontano con affetto. Oggi in Italia, dove ci sono meno aiuti rispetto agli altri Paesi europei, le donne restano indietro, quando fare dei figli significa rinunciare alle proprie ambizioni. Non amo la parola carriera, preferisco la parola professione, e una donna ha diritto ad avere passione per la propria professione, senza il sacrificio che la scelta tra essa e la maternità comporta”.

Tratta con affetto le parole, Dacia Maraini, non solo quando scrive. Cioè sempre: persino durante la conferenza scrive, con una penna a sfera. L’aria è quasi quella di una consumata professoressa di lettere, austera ed appassionata. Ma ha un profumo di storia condivisa, di tempi andati, chiama Raitre “il terzo programma”, e con i ragazzi delle scuole molfettesi ha il tono colloquiale di chi parla solo per loro, spiegando ogni cosa e ogni dettaglio degli accadimenti storici di cui parla, non dando per scontato che si sappiano. Con cura, con affetto, appunto.

Come quando parla di Pier Paolo Pasolini: una chance unica di sentir raccontato, da chi lo ha vissuto, il più grande intellettuale italiano del secolo scorso. “Voleva raccontare la gioia di vivere”, dice la scrittrice, che per Pasolini scrisse la sceneggiatura de Il fiore delle mille e una notte, “era un intellettuale a tutto tondo, gli piaceva molto viaggiare. Un amore comune: abbiamo fatto tanti viaggi insieme, con Davoli, con Citti, con Maria Callas. Era piacevole stare con lui, non si stancava mai, ed era affezionatissimo a sua madre. Anche in Africa, capitava che facesse 100 km in più, con la Land Rover, per cercare un telefono per chiamare sua madre”. Parla anche della sua morte, dei misteri di Petrolio, di un caso ancora aperto: “quando hanno chiuso il caso, noi amici ci siamo stupiti. Fu ucciso a calci e pugni, e con un bastone, ma lui era molto forte, giocava tanto a calcio, era atletico. Un ragazzino non ce l’avrebbe mai fatta, e Pino Pelosi quando fu arrestato non aveva neanche una macchia di sangue. Pier Paolo era una fontana di sangue. Noi amici lo dicemmo, che non era possibile. Dopo trent’anni, Pelosi ha confessato che non era solo: oggi ci sono solo delle ipotesi, come gli scritti di  Pasolini sul caso Mattei, ma certamente quel che noi pensavamo era la verità, anche se ci sono voluti trent’anni…”.

L’autrice racconta anche di Aspra, vicino Bagheria, della Sicilia dei suoi primi anni di vita, e di quella attuale: è la possibilità anche per parlare della tematica ambientale, di cui il libro è pieno. “la protezione per ciò in cui abitiamo era un sentimento molto sentito in famiglia, e la Sicilia è stata devastata dagli abusi edilizie. Il mare era di tutti, era proprietà comune. Ora il mare non c’è, chiuso tra le colate di cemento. Leggiamo di città abbruttite dall’immondizia, ma bisognava pensarci prima, non a catastrofe avvenuta. Se non ci pensiamo prima, il Paese va a fondo”.

E poi l’attualità. Alla domanda sull’esistenza oggi di scrittori veri, Dacia Maraini parla di Saviano, “persona di grande semplicità e umiltà, e di grande coraggio. Faceva da ragazzo quello che dovrebbero far ei giornalisti: quando c’era un fatto di sangue, prendeva il motorino ed era sempre lì, con i Carabinieri. Ha finito per conoscere bene la camorra, andandoci in mezzo”, ma parla anche di questi giorni, che inevitabilmente portano il discorso ad Avetrana: “è giusto parlare di violenza e di famiglia, che le statistiche dicono sia il luogo più pericoloso, ma i processi si fanno in tribunale, non alla televisione. La televisione ormai ha sostituito anche il Parlamento. I deputati invece che stare alla Camere, stanno in televisione…”.    

© Riproduzione riservata

Autore: Vincenzo Azzollini
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