Da Molfetta al cielo di Macallè - II Parte
Il 9 agosto 1935, dopo aver conseguito il brevetto civile, e poi quello militare, il sottotenente pilota Domenico Pappalepore, veniva trasferito da Capua a Ferrara, in forza al XV Stormo bis (47° Gruppo, 54ª Squadriglia bis). Poco meno di due mesi dopo, l’Italia invadeva l’Etiopia. Il conflitto si concluse con rapidità: il 5 maggio 1936 Badoglio entrava in Addis Abeba alla testa delle truppe italiane. Quella italo-etiopica fu una classica guerra manovrata, nella quale per la prima volta fanterie e aviazione operarono sul campo di battaglia in strettissima e immediata cooperazione tattica. Un passo indietro. Alla fine di agosto del 1935 si era costituita a Ferrara la 61ª Squadriglia (49° gruppo, XIV Stormo). Domenico, previo accoglimento della sua domanda di arruolamento volontario, viene aggregato alla 61ª, che il 19 febbraio 1936 salpa da Napoli e il 26 sbarca a Massaua. Dopo una settimana, aerei e piloti si trasferiscono ad Asmara dove il 13 marzo iniziano le operazioni belliche. Il 19 marzo Domenico effettua il suo primo volo di guerra, con partenza e ritorno a Macallè. Da questo giorno, fino al 24 giugno 1936, data dell’ultimo volo segnato dal pilota, il suo Libretto Personale costituisce l’unico documento, attualmente disponibile, atto a ricostruire le ultime settimane di vita del Nostro. L’aeroporto di partenza è sempre Macallè, tranne sei decolli da Dessiè, e sette da Addis Abeba. L’aereo è sempre il Caproni Ca.133, del quale parleremo più avanti. Vale la pena di ricordare che Domenico, in un suo appunto, definisce la 61ª come “Squadriglia Ca.133”, come se essa si identificasse con l’aereo che aveva in dotazione. Possiamo leggere nelle Note poste nell’ultima finca a desta delle pagine del libretto, lo scopo delle missioni: 20 bombardamenti, 25 ricognizioni, 35 trasporti truppe, materiale, e viveri, 5 prove motori, 6 rientri per maltempo. Seguono vari servizi, compresi quello postale e sanitario. Il 12 maggio 1936 è segnato: “Parata aerea Addis Abeba”. La zona geografica oggetto dei voli è compresa, grosso modo nel quadrilatero Macallè, Gondar, Addis Abeba. Il 15 aprile 1937 fu conferita al tenente pilota Domenico Pappalepore la medaglia d’argento al valor militare alla Memoria. Nella motivazione, si accenna alla sua audacia e perizia di pilota, e in particolare ad un episodio durante il quale, pur avendo un piede fratturato dalla contraerea, lo nascondeva al comandante, e proseguiva l’azione, “contribuendo alla risoluzione del combattimento”. In calce, non vi è una data precisa, ma soltanto “Cielo dell’Africa Orientale, marzo – maggio 1936”. Sulla lapide posta all’inizio della strada che a Molfetta gli fu intitolata si legge: “Cielo di Gondar, 31- 7- 1936”. Alcune fonti attribuiscono la morte ad una tempesta di sabbia, con conseguente grave perdita della visibilità. La sorella Ada mi riferiva che fosse “finito contro un’amba”. Infine, come già detto, l’ultima data segnata sul libretto è 24 giugno 1936. Se la lapide indica presumibilmente il giorno della morte, che manca nella motivazione della medaglia, perché il Libretto è bianco dal 25 dello stesso mese? E’ una discrepanza temporale di non poco conto, da approfondire, e, sperabilmente risolvere. Ecco la descrizione delle fotografie 1. Aeroporto di Ferrara, senza data. Pappalepore, al centro, è appoggiato alla coda di un Savoia Marchetti S.M. 81. Monoplano ad ala bassa, carrello fisso e rivestimento misto, fu progettato come bombardiere, ma ebbe diverse versioni da trasporto. Entrò in servizio nella primavera del 1935. Lungo 18 metri, con un’apertura alare di 24, montava tre motori radiali Alfa Romeo da 780 c.v. ciascuno. Aveva una velocità di crociera di 290 chilometri orari, una autonomia di 2.000 chilometri, armava sei mitragliatrici da 7,7 mm, e portava un carico di bombe di circa 1.500 chili. L’equipaggio era composto da sei uomini. 2. Macallè, 16 maggio 1936. Pappalepore davanti al suo Caproni Ca. 133. Questo aereo multi-ruolo medio, con fusoliera realizzata in tecnica mista, con due semiali alte a semisbalzo, montava tre motori radiali Piaggio da 460 c.v. ciascuno. Il carrello era fisso. Aveva una velocità di crociera di 200 chilometri orari, una autonomia di 2.000 chilometri ed era armato da quattro mitragliatrici calibro 7,7 mm. L’equipaggio era formato da due piloti e un navigatore. Macchina solida e versatile, fu impiegato come bombardiere, ricognitore, trasporto misto, civile e sanitario. Aereo tipicamente coloniale fu in dotazione presso numerose squadriglie in Nord Africa e Africa Orientale. Sul retro di questa foto Domenico scrisse: “Il mio 133, il più bello aereo del mondo!”. 3. Come riferii nella puntata precedente Pappalepore, da allievo pilota, compì insieme ai commilitoni del Corso “Leone”, due crociere, la prima in Africa Occidentale, la seconda nel Mediterraneo Orientale e un viaggio in Istria, Dalmazia, e ai Sacrari della Grande Guerra. Sul retro di questa foto che potrebbe risalire alla primavera del 1933 e che lo vede secondo da sinistra al di qua del muro a secco, scrisse: “posti di frontiera. Il maggiore consulta le carte aiuto! abbiamo sconfinato in Croazia!”. 4. Questo disegno, dal forte impatto emotivo, è posto nell’ultima pagina dell’album di Domenico. Un giradischi ed una bottiglia di champagne aspettano l’aereo che ancora una volta ritorna dal mare. Purtroppo così non fu. I giorni felici si dileguarono insieme alla sua vita. © Riproduzione riservata