La seconda guerra mondiale costò all’umanità oltre 55 milioni di morti e 3 milioni di dispersi, ma c’è chi parla addirittura di 71 milioni di vittime. La sola Italia ebbe 450 mila perdite. Cifre pesantissime, terribili, dietro le quali i roventi e oscuri drammi individuali a malapena s’intravedono. Scopo di queste note, come delle precedenti, è dare un nome ai caduti militari e civili di tale conflitto in una città raramente memore del sacrificio dei suoi figli. Qui si prendono in considerazione, in particolare, i molfettesi deceduti nel 1942 in Egitto e in Libia. Dopo l’invio in Libia dei rinforzi aerei e delle truppe corazzate dell’Africa Korps al comando di Erwin Rommel, detto der Wüstenfuchs (la Volpe del deserto), le truppe italo-tedesche avevano riconquistato la Cirenaica e avevano oltrepassato il confine egiziano, ma non erano riuscite a riprendere Tobruk, tenuta dalla 9a divisione australiana, che aveva ricacciato con gravi perdite gli attacchi di Rommel dell’11, 12, 13 e 27 aprile 1941. Per liberare Tobruk dalla morsa dell’Asse e avanzare in Cirenaica, gl’inglesi nel giugno successivo avevano lanciato l’operazione Battleaxe, ma erano stati respinti dagli italo-tedeschi con pesanti perdite di carri e aerei. Per il fallimento della manovra, il gen. Archibald Wavell, comandante in capo delle forze armate britanniche in Africa e Medio Oriente, era stato sostituito con sir Claude Auchinleck. L’offensiva inglese in Cirenaica, agli ordini del gen. Alan Cunningham, il vincitore dell’Africa Orientale Italiana, riprese il 18 novembre con l’operazione Crusader. L’VIII armata britannica, dotata di un buon appoggio aereo e forte di 770 mezzi corazzati contro i 414 italo-tedeschi, avanzò su Bardia e Tobruk, accerchiando una parte delle forze dell’Asse, tra cui si distinsero la divisione corazzata Ariete e i Giovani Fascisti passati alla storia come «i ragazzi di Bir el-Gobi». Contro il parere dei generali italiani – a Italo Gariboldi era subentrato in luglio Ettore Bastico – il 7 dicembre 1941 Rommel, vista la superiorità del nemico in uomini, armamenti e materiali, decise di ripiegare sul Golfo della Sirte per salvare la Tripolitania. L’operazione Crusader era costata agli italo-tedeschi 2.300 morti, 6.100 feriti e 29.000 prigionieri e dispersi; agli alleati 2.900 morti, 7.300 feriti e 7.500 prigionieri e dispersi. Mentre era iniziata la ritirata dell’Asse ed erano in corso gli scontri nella Marmarica, la divisione Savona del generale Fedele De Giorgis, coadiuvata da rinforzi tedeschi, rimase isolata presso il Passo di Halfaya, in Egitto. Assediata dalla IV divisione anglo-indiana, che venne sostituita dalla II divisione sudafricana rinforzata da una brigata carri e da alcuni reparti francesi, resistette per due mesi ai ripetuti assalti nemici e soffrì la fame e la sete. Nonostante l’eroica resistenza, finiti i viveri e l’acqua, dovette arrendersi il 17 gennaio 1942. Il giorno prima morì in combattimento l’artigliere molfettese ventitreenne Nicola De Bari di Vincenzo e di Elisabetta Scardigno, in forza al 12° reggimento di artiglieria divisionale Savona. Ottenuti cospicui rinforzi, il 21 gennaio Rommel sferrò un’audace controffensiva, riconquistando in due settimane Bengasi e tutta la Cirenaica fino ad Ain el-Gazala, a circa 50 chilometri a ovest di Tobruk. Dopo queste vittorie, aerei italiani del 47° Stormo Bombardieri Terrestri, nella notte sul 9 febbraio, devastarono le installazioni navali e aeroportuali di Alessandria d’Egitto. Nell’incursione purtroppo venne abbattuto il ventunenne sottotenente pilota di complemento Giovanni Pomodoro, nato a Terlizzi dal molfettese Vito e da Rosaria Longo. Il caduto sarà insignito di medaglia d’argento al valor militare e a Molfetta gli sarà intitolata una strada, mentre a Terlizzi gli sarà dedicata una sezione dell’Associazione Arma Aeronautica. In séguito tra i molfettesi furono soprattutto i civili a perdere la vita a causa della guerra. Mentre faceva la spola tra l’Italia e la Libia, la nuova motonave da carico Monginevro, di 5.324 tonnellate, requisita dalla Regia Marina nel 1941, alle ore 21:55 del 26 febbraio 1942 fu attaccata da aerei inglesi e seriamente danneggiata in coperta. Tra gli altri, rimase gravemente ferito il quarantaduenne capitano di macchina Salvemini Vincenzo fu Angelo e di Chiara Caldarola, che morì il 4 marzo successivo. Il 18 maggio 1942, nell’ospedale da campo n. 158 – P. M. 85, spirava poi il marinaio quarantenne Giovanni Minervini di Sergio e di Marta De Palma. Era a stento scampato all’affondamento del Bolsena, piroscafo da carico di 2.384 tonnellate, salpato da Bengasi la sera del 17 maggio e silurato all’1:12 del giorno seguente a 55 miglia a nord della città libica dal sommergibile britannico Turbulent, quello stesso che il 16 aprile 1942 aveva affondato il piroscafo Delia nei pressi di Brindisi, causando la morte di tre molfettesi: il capitano di macchina Vito de Santis e i fuochisti Mattia Camporeale e Pietro Sallustio. Il 31 maggio morì il marinaio trentanovenne Domenico Pansini di Paolo e Cecilia Pinto imbarcato sulla Gino Allegri. La nuovissima motonave, di 6.836 tonnellate, carica di munizioni, in navigazione da Brindisi a Bengasi, fu attaccata alle ore 0:15 da bombardieri Vickers Wellington del 221° Squadron della R.A.F. Alle 4:45, nonostante il fuoco contraereo del cacciatorpediniere di scorta Euro, la motonave, centrata da alcune bombe, s’incendiò ed esplose inabissandosi rapidamente a circa 80 miglia a ovest di Bengasi. All’affondamento partecipò anche il vecchio sommergibile inglese Proteus col lancio di siluri. I n t a n t o il 26 maggio Rommel aveva mosso all’attacco l’ACIT (Armata Corazzata Italo- Tedesca) contro l’VIII armata britannica di Neil Ritchie. Disponeva di tre divisioni tedesche, di cui due corazzate con 300 carri e 68 autoblinde, sei divisioni italiane, di cui due con 230 carri medi e 80 autoblinde, e oltre 600 aerei italo- tedeschi. I 50 battaglioni di fanteria dell’Asse (31 italiani e 19 tedeschi) affrontarono 55 battaglioni alleati supportati da 650 carri armati, 300 autoblinde e un migliaio di aerei. Con un’astuta manovra avvolgente durante la battaglia di Ain el-Gazala, dopo venti giorni di duri combattimenti, Rommel isolò a Tobruk una parte delle forze alleate, che si arresero il 21 giugno, mentre il grosso dell’armata inglese si ritirò frettolosamente in Egitto. Gli italo- tedeschi avrebbero dovuto attestarsi sulla linea Sollum-Halfaya, per liberare gli aerei da trasferire in Sicilia per il progettato sbarco aereo-navale a Malta (Operazione C3), ma il successo di Rommel fece sperare a Hitler e Mussolini che la conquista dell’Egitto fosse a portata di mano e l’invasione di Malta fu perciò malaccortamente sospesa. Di conseguenza gli italotedeschi il 29 giugno occuparono il porto egiziano di Marsa Matruh e ai primi di luglio giunsero alla stretta di el-Alamein, a 105 chilometri da Alessandria. Qui vennero bloccati dalla necessità di rinforzi di truppe e rifornimenti di carburante, armamenti e viveri e dalla resistenza degli inglesi, che si protrasse fino al 31 luglio. Il 7 agosto Auchinleck fu rimpiazzato al comando supremo dal gen. Hadirold Alexander. L’ACIT si era inoltrato per 600 chilometri, catturando 60.000 prigionieri e distruggendo un migliaio di carri armati nemici, ma da allora in poi le difficoltà logistiche italo-tedesche si faranno sempre più gravi. Nella tragica battaglia dei convogli nel Mediterraneo, il 3 agosto perirono altri due marinai molfettesi: il trentaduenne Natale Amato di Domenico e Lorenza De Vincenzo, e il ventiseienne Sabino De Bari di Michele e Maria Gadaleta. La morte li colse per l’affondamento della nuovissima motonave da carico Monviso, di 5.322 tonnellate, in viaggio tra Brindisi e Bengasi (via Navarino), colpita alle 15:20 da due siluri lanciati presso Sidi Sueicher, a circa 50 km a nord-est di Bengasi, dal sommergibile inglese Thorn. Inseguito inizialmente dai cacciatorpediniere di scorta Corazziere e Alpino, il sottomarino fu affondato con bombe di profondità il 6 agosto dal cacciatorpediniere Pegaso a circa 30 miglia a sudovest dell’isola greca di Gavdos. Tra i mezzi da sbarco che avrebbero dovuto partecipare all’invasione di Malta vi furono le motozattere da 239 tonnellate armate con un cannoncino antiaereo 76/40 e una mitragliera Scotti- Fraschini 20/77. I comandanti delle bette da sbarco MZ 712, 718, 719 e 723, da poco varate a Monfalcone, giunti a Brindisi, appresero che la missione non riguardava più Malta, ma Tobruk, con il compito di trasportare munizioni e altri materiali per il rifornimento delle truppe italiane in Egitto. La rotta doveva toccare Prevesa, Patrasso, il canale di Corinto, il Pireo e la rada di Suda in Candia, prima di giungere a destinazione. Il 29 luglio la motozattera MZ 718 fu distrutta da un bombardamento aereo su Tobruk. Il 4 agosto la MZ 723 venne assalita da aerei inglesi e affondata presso Marsa Matruh. Il 7 agosto la MZ 712 fu attaccata e mandata a fondo da aerei britannici mentre era in navigazione tra Marsa Matruh e Tobruk. Il 16 agosto la MZ 719 affondò in séguito a un bombardamento aereo su Marsa Matruh. Su una di queste motozattere morì il diciannovenne molfettese allievo nocchiero Giuseppe Valentini di Michele e Francesca Porcelli, che sarà insignito della croce di guerra alla memoria. Altri civili molfettesi perirono il 4 settembre 1942 sul piroscafo Padenna, di 1.589 tonnellate, che trasportava combustibili tra il Pireo e Tobruk. Si tratta del marinaio quarantanovenne Pantaleo Bufo di Corrado e Lucia Aurora, del carbonaio trentacinquenne Domenico Ferri, nato a Taranto da Michele e Maria Vincenza Albanese, e del “giovanotto” diciannovenne Luigi Silvestri di Antonio e Angela Pellegrini. Separatosi dall’originario convoglio più volte attaccato da aerei nemici e rimasto con le torpediniere Polluce e Calliope, il vecchio Padenna alle 3 di notte, a circa 50 miglia da Tobruk, fu colpito da due siluri lanciati dal sommergibile inglese Thrasher, s’incendiò e dopo mezz’ora s’inabissò. La Polluce, colpita da una bomba d’aereo, era già affondata durante il rimorchio. Il Thrasher il 19 maggio 1942 aveva affondato presso Monopoli il piroscafo Penelope, di 1.160 tonnellate, causando anche la morte dei molfettesi Lazzaro Binetti di Giulio e Anna Maria Zanna, marittimo di 41 anni, e di Cosmo De Gioia di Cosmo e Lucia Rosa Farinola, fuochista di 37 anni. Il 5 settembre 1942 morì pure il “giovanotto” ventenne Vincenzo Mongelli di Tommaso e Margherita Azzollini. Era a bordo del vecchio piroscafo Albachiara, di 1.245 tonnellate, in navigazione tra Bengasi e Tobruk, silurato all’1:35 dal sommergibile inglese Traveller e affondato a 24 miglia al largo di Ras el-Tin. Un’unità inizialmente destinata al lancio paracadutato su Malta e poi trasferita in Egitto fu la divisione Paracadutisti, che venne prima denominata Cacciatori d’Africa e poi 185a divisione di fanteria Folgore. Un destino analogo subirono il battaglione San Marco e le altre truppe speciali da sbarco. A el-Alamein la divisione Folgore fu schierata sull’ala destra presso la depressione di Deir el-Munassib. Nel primo scaglione a sinistra del dispositivo divisionale fu collocato il 187º reggimento della Folgore. A questo reggimento apparteneva il ventunenne paracadutista molfettese Giuseppe Uva, morto il 23 settembre 1942. A el-Alamein cadde pure il concittadino ventunenne Andrea Ventura di Giacinto e Filomena Palmiotti, in forza al 20° reggimento di fanteria della Brescia. Il soldato morì il 23 ottobre, quando il nuovo comandante dell’VIII armata britannica, Bernard Montgomery, alle 20:40 ordinò alla sua artiglieria un terrificante fuoco di sbarramento con oltre 2.000 cannoni lungo un fronte di 65 chilometri, prima di lanciare all’assalto quattro divisioni e 1.230 carri armati contro 540 carri e 670 cannoni dell’Asse. Il 31 ottobre, poi, Montgomery iniziò l’operazione Supercharge con un nuovo attacco a nord, costringendo il feldmaresciallo Rommel, dopo due giorni di aspri combattimenti (230.000 alleati contro 80.000 italo- tedeschi), a comandare l’arretramento sulla linea di Fuka. A ripiegamento già cominciato, giunse però l’ordine di Hitler di resistere fino alla morte. Ma ne furono informate solo le divisioni più vicine al fronte, che finirono così per sostenere da sole l’urto alleato. Le divisioni corazzate Ariete e Littorio vennero annientate dopo una difesa eroica. Le divisioni di fanteria Trento, Bologna, Pavia e Brescia (le ultime due senza acqua e senza veicoli) furono in gran parte disperse dalle soverchianti forze nemiche. La battaglia di el-Alamein si concluse in sostanza il 4 novembre, ma i 304 paracadutisti superstiti della Folgore si arresero solo il 6, quando finirono tutte le munizioni, ottenendo l’onore delle armi. Churchill, in un discorso alla Camera dei Comuni, il 21 novembre dichiarò: «Dobbiamo davvero inchinarci davanti ai resti di quelli che furono i leoni della Folgore». La battaglia era costata agli italo-tedeschi 25.000 tra morti e feriti e 30.000 prigionieri (20.000 italiani); invece gli alleati avevano avuto circa 12.000 perdite. Mentre Montgomery in Egitto scatenava l’inferno a el-Alamein, nel mar di Libia il 23 ottobre il sommergibile inglese Umbra affondò con un siluro il rimorchiatore dragamine G 42, cioè il piroscafo Pronta da 182 tonnellate, quando, verso le ore 16, alla testa del molo di Homs assisteva il piroscafo da carico Amsterdam già colpito da un aerosilurante nemico al largo di Misurata, rimorchiato a Homs e poi silurato presso il molo dallo stesso sottomarino. Sul rimorchiatore perse la vita a 32 anni il sottocapo fuochista molfettese Mauro De Cesare di Giuseppe e Anna Maria Murolo, ma il suo corpo fu recuperato. Dopo el-Alamein la carenza di rifornimenti e le perdite di navi cisterna gettarono in una condizione di estrema precarietà i resti dell’ACIT. L’ennesima perdita fu quella della nuova e grande motocisterna Giulio Giordani, da 10.534 tonnellate, requisita all’AGIP nel 1941 e partita da Taranto per Tripoli alle 22:15 del 15 novembre 1942 con un prezioso carico di 7.400 t di carburante, scortata da due soli cacciatorpediniere, il Bersagliere e il Granatiere. Dettagliatamente informata da Ultra, il sistema britannico di decodifica dei messaggi cifrati tedeschi e italiani, la R.A.F. attaccò a colpo sicuro. Alle 21:40 del 17 novembre a nord-nord-est di Misurata aerei bengalieri nemici illuminarono a giorno la Giordani e gli aerosiluranti britannici si gettarono accanitamente sulla preda. I cacciatorpediniere italiani reagirono violentemente con la contraerea e cercarono di coprire con cortine fumogene la petroliera, ma nel fondale era in agguato il sommergibile inglese Porpoise, che con un siluro colpì e immobilizzò la Giordani. Alle 22 un secondo siluro fece scoppiare l’incendio a bordo. Al mattino del 18 novembre il relitto era ancora in fiamme sul mare libico. Tra gli altri, persero la vita due molfettesi: lo sguattero ventisettenne Sergio Amato di Antonio e Vittoria Paparella e il marinaio trentaduenne Pasquale Mezzina di Sergio e Carmela Abbattista. Undici giorni dopo una sorte simile toccava al diciannovenne marò molfettese Giovanni De Palma di Giuseppe e Angela Amato. Fatto prigioniero in Africa Orientale Italiana, morì il 28 novembre 1942 con altri 654 italiani in seguito al siluramento del piroscafo britannico Nova Scotia, che trasportava prigionieri e soldati inglesi e sudafricani da Aden a Durban, da parte di un sottomarino tedesco, l’U-Boot 177, al largo della costa del Natal.