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Crisi della pesca a Molfetta un documento del 1927
15 luglio 2008

Con il ricorrente e gravoso aumento del costo del gasolio, verificatosi negli ultimi tempi, molte categorie di imprenditori si sono trovati in grosse difficoltà per l'aumento dei costi di produzione. Una categoria molto sensibile a questo aumento, per l'alta incidenza che ha sui profitti è quella della marineria che si dedica alla pesca; Non è solo il gasolio la causa della crisi del comparto della pesca; essa è anche una crisi strutturale in quanto la politica economica dell'Europa stenta a trovare una via d'uscita unitaria per salvaguardare diversi posti di lavoro. La marineria molfettese che si dedica alla pesca con l'avvento della motorizzazione del naviglio, negli anni subito dopo la I Guerra Mondiale, si trovò a fronteggiare la concorrenza di altre marinerie per cui diminuirono di molto i relativi guadagni. Solo il trasferimento del naviglio da pesca verso altri paesi mediterranei diminuì in parte il disagio economico. Negli anni Venti del secolo scorso il regime fascista per consolidare il suo governo varò a più riprese diversi provvedimenti a sostegno dei pescatori, ma alcune volte erano le leggi locali emanate dal Comune che erano in discordanza con le stesse leggi nazionali. Tale fu nel 1927 l'applicazione di una tassa comunale sull'industria: forte fu la protesta degli armatori che si vedevano colpiti da una tassa ingiusta. Già nel 1925 i proprietari di barchette da pesca, rimasti inoperosi per le continue avverse condizioni meteorologiche e per il mancato guadagno, furono esonerati dal pagamento della tassa di esercizio1. Riportiamo integralmente il documento di protesta degli armatori nell'intento di far conoscere come anche in tempi non tanto lontani il comparto della pesca si dibatteva tra mille difficoltà. “Ill.mo Comandante Commendatore Stefano De Dato Podestà di Molfetta Altomare Antonio di Pasquale, Camporeale Bartolomeo fu Giuseppe, Camporeale Francesco Michele fu Giuseppe, Cappelluti Ruggiero di Nicolò, Caputo Vito di Salvatore, Caputo Vitonofrio di Leonardo, Cormio Matteo di Raffaele, Cuocci Michele fu Francesco, De fazio Felice fu francesco, De Pinto Corrado fu Luigi, De Pinto Giuseppe fu Luigi, Germinario Giuseppe fu Mauro, Giancaspro Giacinto di Sergio, Giancaspro Sergio di Giacinto, Mezzina Francesco fu Cosmo, Mezzina Matteo di Giovannangelo, Mezzina Michele e Giuseppe di Sergio, Paparella Angelo fu Onofrio, Paparella Giuseppe fu Giuseppe Domenico, Paparella Giuseppe fu Giuseppe Domenico, Paparella Corrado fu Cosmo, Paparella Mauro fu Cosmo, Paparella Mauro fu Cosmo, Paparella Cosmo di Corrado, Pappagallo Giuseppe fu Antonio, Petruzzella Vitangelo di Raffaele, Petruzzella Giacinto fu Raffaele, Piccinni Corrado fu Carlo, Pisani Francesco di Sergio, Salvemini Antonio fu Domenico, Salvemini Antonio di Vincenzo, Salvemini Domenico fu Mauro, Salvemini Mauro fu Onofrio, Salvemini Onofrio di Mauro, Salvemini Giuseppe e Giacomo di Corrado, Salvemini Sergio fu Onofrio, Salvemini Nicola fu Onofrio, Salvemini Mauro fu Michele, Salvemini Ignazio fu Giacomo, Salvemini Michele fu Giacomo, Salvemini Francesco fu Domenico, Sancilio Crescenzo fu Gaetano, Squeo Vincenzo fu Ignazio, Turtur Mauro Domenico fu Natale, Crocetta Mauro fu Giuseppe tutti in qualità di armatori proprietari di bilancelle da pesca e di moto- pescherecci, residenti a Molfetta, anche nella loro qualità di soci della Società Cooperativa Armatori da Pesca (SCAP) di Molfetta, avverso agli accertamenti di reddito a ciascuno di essi notificati agli effetti della tassa sulle industrie e patenti, espongono a V. S. Ill.ma quando appresso: E' notoria la crisi che incombe sull'industria della pesca in generale, ed in particolare a Molfetta, ove la detta industria viene esercitata in pura perdita, per forza di atavismo e di passione per il mare, e per la necessità di cose non potendo i singoli interessati esercitare altro mestiere, che essi non saprebbero esercitare, anche per non accrescere il numero dei disoccupati. Su questo essi si mostrano mortificati e dolenti di non potere attuare il suggerimento di V. S. Ill.mo, e ne rassegnano le più ampie scuse. La scarsità del prodotto ittico in tutte le zone del nostro mare, il ribasso artificiale dei prezzi del pesce dovuto ai prezzi d'imperio come sono attualmente congegnati; il costo degli attrezzi da pesca, che non subiranno mai ribassi di sorta, ad onta della rivalutazione della lira, gli elevati salari delle maestranze per il riattamento delle barche, giustificherebbero la completa esenzione di ogni imposta e tassa a carico di un'industria che, secondo il concetto dei nostri Supremi Governanti, va protetta e agevolata. L'accertamento del reddito di £ 4.000, per ogni paranza, non risponde allo stato delle cose, e su ciò i sottoscritti invocano un'inchiesta Ministeriale per poter stabilire se c'è un reddito netto da colpire oppure un deficit da colmare, e se sia giusto che il deficit di esercizio venga colpito da tasse o imposte. Anche i fondi rustici ed i fabbricati, quando non producono rendita, vengono esentati dalle imposte e tasse. In virtù dell'articolo 1° della Legge 24 marzo 1921 n. 312, che reca provvedimenti in favore della pesca e dei pescatori (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 2 aprile 1921 n.78) sono concerne “le esenzioni dalle relative tasse ed imposte per un periodo di 10 anni a chi fra il 30 giugno1919 e il 30 giugno 1925 avrà messo in uso scafi di stazza lorda non inferiore a 4 tonnellate, con o senza motore ausiliario sia per esercitare la pesca che pel trasporto dei prodotto pescherecci”. Nell'ultimo comma dello stesso art. 1° è detto testualmente: “I redditi delle imprese nazionali di pesca, sino al 10 per cento, sono esenti dalle imposte di ricchezza mobile ed da ogni altra imposta sui redditi industriali, per 10 anni dalla data della presente legge”. Che un'industria cosifatta, che nessuno potrà affermare renda il 10 per cento, tanto vera che essa viene sussidiata direttamente ed indirettamente dal Ministero, medianti premi di incoraggiamente ed esenzioni fiscali decennali, ad una tale industria sorretta anche da provvide leggi dall'attuale Regime, a conferma della citata legge 24 marzo 1921, l'applicazione di una imposta o tassa di natura comunale, come quella in discussione, avrebbe carattere di incostituzionalità e d'illegalità, per cui i sottoscritti confidando nell'alto senno e sui sentimenti di giustizia e di equità di V. S. Ill.ma, ritengono che la presente istanza sarà pienamente accolta, esonerandoli dal pagamento della suddetta tassa. E per la firma delegano i signori che si sottoscrivono: Altomare Antonio, Salvemini Nicola fu Onofrio, Mezzina Francesco fu Cosmo, Salvemini Antonio di Vincenzo. Molfetta, 8 dicembre 1927 - Anno VI2. A margine di questa vicenda segnaliamo che anche nel Secondo Dopoguerra si verificò come oggi un aumento del gasolio a cui seguì il fermo dei motopesca e il susseguirsi di riunioni con le Autorità centrali.
Autore: Corrado Pappagallo
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