Non risalta agli occhi, ma è la testimonianza lampante della situazione idrogeomorfologica di tutta la zona compresa tra la SS 16 bis e Cala san Giacomo. L’area depressa tra via Bisceglie e la spiaggia, su cui confluiscono Lama Marcinase e i suoi affluenti, è spesso oggetto di allagamenti dovuti all’eccessiva acqua zenitale. E, aggiungendo quella proveniente dalle Murge e dai territori di Corato, Ruvo di Puglia e Terlizzi (drenati oltre 150 km di superficie di acqua), sarebbe completamente inondata. Inoltre, il ponte sotto via Bisceglie, quasi del tutto nascosto da terreno e rifiuti ingombranti, è l’emblema non solo di tutte le tombinature insufficienti, mal posizionate e obliterate di Molfetta, ma anche di quegli interventi urbanistici di rado compatibili con la normativa vigente per la tutela del territorio (es. la fogna bianca con le opere di potenziamento previste non è dimensionata per smaltire le acque provenienti dai bacini imbriferi). Cosa potrebbe accadere se la zona tra la SS 16 bis e Cala san Giacomo fosse edificata, con la conseguente ostruzione e obliterazione delle aste fluviali? La normativa nazionale e regionale vieta l’edificazione nelle aree ad alta pericolosità idraulica, proprio come la zona in questione (comparto 21): ma è proprio qui che il Comune di Molfetta ha collocato l’autoporto (centro di servizio, sosta e cambio intermodale funzionale all’erigendo porto), adottato nel 2006 con l’amministrazione Tommaso Minervini. Numerose le polemiche nel consiglio di adozione (marzo 2006). Quali insediamenti sono stati previsti all’interno? Perché l’autoporto è stato adottato prima che gli organi regionali approvassero il Piano regolatore del Porto? Ad esempio, molti furono i dubbi sollevati per il subcomparto b, in cui si prevedeva «un’attività pur privata, ma d’interesse pubblico». Nessuno seppe mai spiegare cosa quel “privato” avrebbe dovuto realizzare, soprattutto considerando l’ampia libertà concessagli. VINCOLI MAI RISPETTATI? Nessuno, però, si è posto mai una domanda prioritaria: l’autoporto può costruirsi nel comparto 21, pur tagliato dalle lame? Già nel gennaio 2006 il dott. Guglielmo Facchini, portavoce dei proprietari terrieri delle zone soggette a esproprio per il Pip3, aveva segnalato al dirigente del Settore Territorio del Comune di Molfetta, l’ing. Giuseppe Parisi, al sindaco dell’epoca, Tommaso Minervini, e ai progettisti dell’autoporto (lo studio dell’ing. Rocco Altomare) le eventuali violazioni che quella progettazione esecutiva avrebbe concretizzato. Ma anche in quel caso l’amministrazione di centrodestra tirò dritto. «Quell’infelice progettazione potrebbe rappresentare un concentrato di possibili abusi, perché su quell’area si riversano decine di milioni di metri cubi al giorno provenienti dalle lame Scorbeto e Marcinase, oltre alla confluenza delle lame Vincenza e dell’ Aglio a pochi metri dal comparto - ha spiegato Facchini a Quindici -. La progettazione mi sembra priva dei minimi requisiti imposti dalla legge, dallo studio DAU del 2000 e dal PAI del 2006, per non parlare di un lungo elenco di altre eventuali violazioni che l’amministrazione corrente, pur conscia, ignora». Infatti, nel 2006 Molfetta era già dotata dello Studio DAU, ovvero lo studio del territorio comunale eseguito dal Dipartimento di Architettura e Urbanistica dell’Università di Bari nel 2000. Un adempimento necessario per l’approvazione del Prgc nel 2001, che a sua volta impone l’inedificabilità per le aree a vincolo idrogeologico. Non solo, ma nel 2005 l’Autorità di Bacino (AdB) aveva approvato il primo Piano di Assetto Idrogeologico (Pai). A questi vincoli, come già Quindici ha ampiamente segnalato nel numero di aprile, devono essere aggiunti quelli imposti dalla normativa italiana (infatti, Lama Marcinase e i suoi affluenti sono acque pubbliche, secondo il R.D. del 15 maggio 1902, il R.D. n.523/04 il D.M. n.2/38) e regionale (ad esempio, il PUTT/p fissa una serie di prescrizioni per la tutela delle lame che considera corsi d’acqua naturali). In pratica, come il Pip3, nemmeno l’autoporto sarà edificabile. Dunque, il Comune di Molfetta e il Consorzio ASI non avrebbero rispettato negli ultimi 15 anni numerose normative nazio-regionali? Perché le amministrazioni di centrodestra che si sono succedute tra il 2006 e il 2008 non hanno considerato i vincoli paesaggistico-ambientali? Perché il Consiglio comunale non ne ha mai discusso e le opposizioni di centrosinistra non hanno posto prima la questione? Gli uffici comunali competenti hanno considerato la legislazione vigente per la tutela del paesaggio e per l’assetto idrogeologico del territorio? QUALE PERICOLOSITA IDRAULICA PER L’AUTOPORTO? Secondo l’ing. Enzo Balducci, dirigente ad interim del settore Territorio, intervistato da Quindici sul Pip3 (aprile 2012), il vincolo dell’alta pericolosità idraulica sarà rimosso proprio con l’esecuzione dell’opera di mitigazione idraulica di Lama Scorbeto sul Gurgo. Caustica la critica del dott. Facchini, secondo cui quell’opera potrebbe addirittura aumentare il rischio idraulico con «la devastazione di estese aree protette, come il Pulo e la dolina del Gurgo, collegata idraulicamente al primo, e l’esposizione della città a un’inondazione e a possibili crolli di palazzine edificate incautamente in due doline collegate anch’esse con il Gurgo». «Quell’opera, pur se autorizzata dall’AdB e munita delle altre necessarie autorizzazioni regionali, potrebbe essere, anzi sarà sicuramente fermata dalla Magistratura - ha sottolineato Facchini -. Del resto, è insufficiente perché non può contenere i milioni di metri cubi di acqua al giorno che vi si riverserebbero in caso di onda di piena, come dimostrano i calcoli eseguiti dall’AdB e dai geologi di Città della Scienza “San Corrado di Baviera” che coincidono». Proprio per questo, la progettazione del “canalone” è stata più volte bocciata dall’AdB. Per il dott. Facchini con quell’opera non si libererebbero né i com-parti 21, 22, 25 (tra Cala san Gicomo, il cimitero, la SS 16bis e la strada vicinale Padula), né il Pip3 e il Pirp (con il quartiere Madonna dei Martiri), perché vi confluirebbero comunque le acque deviate di Lama Scorbeto che, unite a quelle di Lama Pulo, devasterebbe l’area intera. Per di più, «i tombini della 16 bis e della ferrovia sono stati ostruiti da costruzioni abusive, poi fermate dalla Magistratura, e nel 2009 è stato ostruito e deviato l’alveo di lama Pulo, il cui bacino imbrifero occupa metà dell’area nord del Pip3 e tutto il Pirp». Inoltre, come si nota dalla cartina della Regione Puglia, l’alveo delle lame Scorbeto e Pulo (che attraversano l’area dell’autoporto) è a modellamento attivo, dunque privo di solchi erosivi: secondo alcuni tecnici, questo carattere testimonierebbe la perdita della funzionalità imbrifera delle lame molfettesi. Invece, è la notevole permeabilità della piattaforma carbonatica a far apparire inattive le lame, che entrerebbero in funzione nel caso in cui fossero convogliate su di loro notevoli quantità di acqua dopo precipitazioni intense ed estese. Perciò, in caso di un’onda di piena, l’acqua non avrebbe un percorso definito da seguire, bensì inonderebbe tutta l’area a macchia d’olio e senza una direzione precisa. L’amministrazione Azzollini conosce le sue eventuali conseguenze di questo aspetto morfologico? O preferisce tirare dritto e misconoscere persino gli eventi di piena del sec. XX, documentati negli archivi di tutti i comuni di Italia? «Nell’azienda agricola della mia famiglia sono stati eseguiti otto saggi, proprio dove dovrebbero sorgere le torri gemelle del Pip3, ma si è potuto andare oltre gli 80 m - ha raccontato a Quindici Facchini -, a causa delle frane, perché il sottosuolo è costituito da un unico fronte omogeneo di argille rosse molli, franoso, con infiltrazioni di acque e crolli, quindi inidoneo per le costruzioni che l’amministrazione Azzollini vorrebbero attuare in loco». Il ricorso in Cassazione contro la sentenza del TSAP è l’estremo tentativo per annullare la procedura burocratica amministrativa del Pai con un cavillo giuridico: ma la Cassazione non potrà mai invalidare la pericolosità idraulica perimetrata nel 2009, che resta per Molfetta immutata. Anzi, l’AdB potrebbe emettere un nuovo Pai peggiorativo per l’urbanizzazione selvaggia degli ultimi 3 anni, stralciando completamente la pianificazione urbanistico-finanziaria di Azzollini&Co. In quale fascicolo della Procura di Trani sarà finito l’autoporto? La Magistratura sta indagando sulle eventuali violazioni di legge del comparto 21? Se gli eventuali reati fossero aggravati dalle scelte sciagurate del comune, dovremmo aspettarci altri clamorosi risvolti?
Autore: Marcello la Forgia