Come affrontare lo stress da quarantena “parlami, ti ascolto”
In questo particolare periodo in cui il Coronavirus ha fatto irruzione nella vita di ciascuno non è affatto semplice gestire le restrizioni che costringono i cittadini a rimanere a casa. Non è semplice riorganizzare la giornata, crearsi nuove abitudini e rinunciare a tutto ciò che faceva parte della normalità. Senza contare che questa situazione d’emergenza dovuta alla pandemia mette a dura prova anche la salute psicologica di ciascuno. Le preoccupazioni e l’incertezza aumentano con l’aggiornamento quotidiano dei dati su contagio e letalità del virus e sul suo approssimarsi ai luoghi in cui viviamo. Per non parlare poi dell’effetto devastante che una comunicazione non responsabile e carente sugli aspetti psicologici può avere sulla comunità. Per questa ragione l’A.V.S. di Molfetta – in collaborazione l’Amministrazione Comunale e la Misericordia di Molfetta – sta intensificando il proprio operato anche attraverso il lancio di iniziative come la campagna “Parlami, ti ascolto”: una forma di aiuto telefonico per i cittadini – istituita per l’emergenza COVID-19 – che si traduce in supporto psicologico e sostegno emotivo per quanti sono in quarantena e in isolamento al fine di preservare e promuovere il benessere psico-fisico dei cittadini molfettesi durante l’emergenza Coronavirus. Il servizio – totalmente gratuito - sarà principalmente volto a fornire informazioni utili e pratiche al fine di ridisegnare l’organizzazione delle giornate, favorendo nuove abitudini ma soprattutto adottando stili di vita salutari; gestire situazioni di ansia e panico fornendo strategie funzionali di regolazione emotiva; prevenire stati depressivi sostenendo il tono dell’umore delle persone più psicologicamente fragili e vulnerabili. Chiamando il 3294903866 (attivo dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19) sarà dunque possibile usufruire della consulenza gratuita delle psicologhe dott.ssa Mariagrazia Petruzzella (A.V.S.), dott.ssa Valeria Rosaria Minervini e dott.ssa Lidia Spada (Misericordia). Dell’aspetto psicologico ed emotivo della pandemia Quindici ne ha parlato la dott.ssa Mariagrazia Petruzzella già collaboratrice del giornale. Lostravolgimento delle abitudini di ciascuno e della routine quotidiana possono rappresentare in questo particolare momento un fattore di stress? E se sì, in quale misura? «Certamente il cambiamento in sé mette tutti quanti in uno stato di allerta e adattamento al nuovo. Questo vale per qualsiasi tipo di cambiamento nella vita personale, professionale, relazionale. Tale cambiamento di routine incide e parecchio perché indotto da una condizione esterna. Lo stress percepito da ognuno è relativo nel senso che dipende da vari fattori in primis la resilienza di ognuno e la messa in atto di strategie di coping ovvero strategie funzionali in un dato momento e contesto». Ci sono fasce della popolazione più deboli e che dunque possono risentire in misura maggiore degli effetti che il coronavirus sta producendo nelle proprie vite? «Dai primi dati statistici emerge una prevalenza di anziani e donne over 55: i primi attanagliati da un senso di solitudine e le seconde da tecno stress. Di fatti spesso si tratta di donne – mamme e lavoratrici - che devono gestire i bisogni dei figli e magari barcamenarsi col lavoro. Certamente gli anziani sono esposti perché in un clima in cui i pensieri sono più catastrofici si allea il fattore solitudine visto che tra l’altro sono i meno tecnologici. Altra fascia importante riguarda tutti coloro che in passato hanno sofferto di disturbi di ansia o dell’umore in senso diagnostico stretto o sottosoglia (ovvero quando non si soddisfano tutti i criteri diagnostici per fare diagnosi)». Come superare il senso di solitudine di chi è costretto all’isolamento da solo in casa? «Il senso di solitudine o in ogni caso il senso di frustrazione lo si supera - o per lo meno si cerca di combatterlo - attraverso una “tabella di marcia” giornaliera, ovvero cercando di fare un programma giornaliero bilanciando lavoro (per chi è in smart working) e attività piacevoli in base alle differenze e preferenze personali. Tale azione permette da un lato di favorire l’incremento di eu-stress e di-stress ossia bilanciando stress positivo e stress negativo. In sostanza si tratta di prevenire il normale aumento del cortisolo che altrimenti prenderebbe il sopravvento». Qual è il modo migliore per spiegare ai bambini quanto sta accadendo? «Per qua to concerne i bambini credo che se da un lato stiano finalmente giovando del fatto che i genitori siano a casa e che magari rispolverino il vecchio Monopoli o Risiko, d’altro canto sono più esposti in termini di riadattamento su tutti i fronti: scolastico, alle regole e al confronto con i pari». Anche per gli studenti l’avvento del coronavirus ha rappresentato un completo stravolgimento della routine scolastica. Come aiutare gli studenti che in questo momento si sentono demoralizzati perché pensano di aver perso una parte importante del loro percorso formativo? «Circa i ragazzi, tifo molto per loro: credo che stiano imparando tanto dalla vita. Proprio loro, i cosiddetti “nativi digitali” quasi per contrappasso dantesco sono costretti senza volerlo a contattarsi solo online. Invece circa l’attività didattica è dura specie per chi ha difficoltà dell’apprendimento e per l’automatismo che genera lo stare ogni giorno davanti al pc piuttosto che incontrare in classe compagni e docenti. Un consiglio – che mi sento di rivolgere ai ragazzi – è di dedicarsi anche ad attività creative come suonare uno strumento o imparare a farlo, disegnare, dipingere, scrivere: tutte attività catartiche e di espressione emotiva che ben possono compensare l’impegno scolastico. Confido molto anche nei docenti affinché al di là della semplice prestazione siano coach dei loro ragazzi e siano motivatori nel vero senso del termine soprattutto per gli adolescenti e per nelle scuole a maggior rischio di dispersione scolastica». Pensieri, parole ed emozioni ai tempi del coronavirus: in che modo la flessibilità psicologica può essere d’aiuto? «Pensieri emozioni e comportamenti sono tra loro correlati. Se ho un pensiero razionale riduco la mia stessa intensità emotiva e di conseguenza avrò un comportamento di miglior e maggior adattamento. Argomento che si lega a doppio filo proprio al concetto di resilienza personale. Circa la flessibilità cognitiva, più sono flessibile più riesco ad adattarmi al contesto, più ho risorse e meno attivo emozioni negative di rabbia, tristezza e frustrazione. Abbassando l’intensità emotiva riduco di molto ruminazioni mentali e quindi godo del momento nel qui e ora». Quali potrebbero essere i risvolti post lockdown? «Come sempre avviene nell’ambito psicologico non esiste un ricetta uguale per tutti. Non si può certo generalizzare. Dagli studi e dai risultati dei questionari che gli studiosi stanno promuovendo a livello nazionale emerge che chi possiede già una certa flessibilità cognitiva è sicuramente più in grado di adattarsi con facilità all’emergenza in corso. Questo migliore adattamento consente a ciascuno di auto percepirsi capace di affrontare l’imprevisto, migliorandone inevitabilmente l’umore. Questo comporta di conseguenza un minor rischio di conseguenza psichica. Al contrario, c’è chi sin dal principio ha avvertito ansia e abbassamento del tono dell’umore. Per questi soggetti la fine della pandemia potrà aumentare la percezione del mancato controllo di sé. Quindi, ad esempio potrà emergere un profilo ipocondriaco. Dalla mia personale esperienza clinica ma anche analizzando la storicità dei marco eventi è possibile notare – in questo tipo di circostanze – una maggiore esposizione a fenomeni di stress acuto e post traumatico. Diagnosi questa che rientra nei disturbi d’ansia e che vengono esacerbati da situazioni traumatiche stressanti. Da non trascurare le ricadute psicologiche su medici, infermieri, OSS ed educatori che sono in stato di forte allerta e in alcuni casi a rischio burnout». © Riproduzione riservata