Il libro di Don Winslow, ”Il potere del Cane” pubblicato nel 2009 (Einadi) ha il grande merito di aver messo a fuoco il problema della droga, affermando, finalmente e con coraggio, “la inutilità di una guerra ai trafficanti e coltivatori di droghe”, lunga e dispendiosa, senza risultati evidenti ed apprezzabili. Evidente ed apprezzabile è invece, la enorme crescita del volume di affari, in particolar modo nel Messico, dove i cartelli della droga, hanno raggiunto e superato il Pil del paese ed un potere superiore a quello del governo.
La guerra alla droga è iniziata nel 1973. Da quella data, sono stati spesi miliardi di dollari (solo in America) per arginare l’entrata di droghe nel paese che, solitamente provengono dal Messico e dalla Colombia. Non solo, a questa enorme quantità di dollari, vanno aggiunte le tante vittime. Si parla di oltre 50.000 vittime, solo negli ultimi anni e solo in Messico, tra queste, giudici, sindaci, poliziotti, soldati, donne e bambini. A fronte di tutto questo costosissimo impegno, le droghe sono sempre più disponibili e più costose, riempiendo le carceri per reati ad esse legati. L’America, dice Winslow, ha il triste primato di consumare da sola circa il 25% di tutta la produzione mondiale di droga.
Così avviene che, da una parte il governo Americano è impegnato su tutti i fronti e con tutti i mezzi, per arginare e combattere la droga, dall’altra, una fetta considerevole di cittadini, compra quotidianamente tantissima droga, spendendo un fiume di dollari.
Ha senso la guerra alla droga, si domanda Winslow. “Finché ci saranno compratori ci saranno venditori”. Ed ancora, quanto incide sulla crescita della droga il fatto che le droghe siano illegali? Perché non si combattono alla stessa maniera alcol e tabacco, che pure uccidono più delle droghe? A questo punto Winslow vede la soluzione, solo nella fine della "guerra", nella legalizzazione e depenalizzazione, ribadendo che, il problema è di salute pubblica e dunque sociale. Il 6 novembre scorso, il Colorado e lo stato di Washington, hanno votato a favore della legalizzazione della marijuana con tutti i risvolti che si possono immaginare.
Anche il sud America si sta muovendo in questa direzione, con l’Uruguay in testa, che metterà sul mercato lo spinello di stato. L’Inghilterra, ha preso atto dei risultati della Drug Policy Commission, formata da medici, scienziati, giuristi, poliziotti, politici e Kofi Annan. La commissione, senza riserva alcuna, ha affermato: La lotta alla droga comporta solo uno spreco continuo di risorse, con il solo risultato di riempire le carceri. L’Inghilterra si accinge, dunque, a far parte dei paesi europei che hanno già affrontato e da tempo il problema droga, come: Olanda, Portogallo, Lussemburgo, Belgio, Spagna, Rep. Ceca ed altri, anche se con soluzioni diverse.
L’Italia, che pure si era mossa bene con due referendum, 1980 e 1996, anche se dichiarati poi inammissibili dalla Suprema Corte, oggi si ritrova con la legge N°49 del 2006 che ha inasprito le pene, anche nei confronti dei consumatori; così in Italia per un grammo di droga si può finire in carcere. Nelle nostre carceri ben il 28% dei detenuti è legato all’uso di droghe. Quasi 20.000 unità, tanto quanto i detenuti in eccedenza. Basterebbe, che la politica affrontasse e risolvesse il problema, così come gli altri paesi europei e non, per risolvere il problema dei carcerati. Un detenuto, pur in quelle precarie condizioni, costa alla comunità 113 euro al giorno.
Non si può continuare a risolvere un fenomeno sociale con la carcerazione.
L’Italia deve adeguare la propria legislatura, ai due Stati Americani e all’Inghilterra, dove i conservatori hanno promosso la legalizzazione. Anche se in Italia tutto diventa più difficile, per le ragioni a tutti note, la terza repubblica deve imboccare la strada della legalizzazione, guardando soprattutto ai benefici che ne derivano.
Vitangelo Solimini
Coordinatore Cittadinanzattiva - Molfetta