Cè se fasce pe chèmbà” il teatro delle cose semplici
Il teatro popolare delle cose semplici, quelle che sollecitano un sorriso raccontando le peripezie di una famiglia di albergatori in difficoltà che si inventano la presenza di fantasmi per sopravvivere, pe chèmbà, appunto. Questo il tema dell’ultimo lavoro di Giorgio Latino che, forte dei suoi 50 anni di mestiere di attore, teatrante, autore e soprattutto profondo conoscitore dell’animo umano e molfettese in particolare. “Cè se fasce pe chèmbà”, è una commedia in vernacolo del teatro popolare La Rocca di Molfetta, che si svolge all’interno dell’Albergo Angelo d’oro a conduzione familiare - cucina casalinga - prezzi modici, un albergo dove la mancanza di clientela ha portato alla trascuratezza anche delle norme più elementari di pulizia: dalle formiche a qualche topone che gironzola per le stanze. I due coniugi che lo gestiscono, non hanno nemmeno il denaro per derattizzare le stanze e sperano che i rarissimi clienti non si accorgano degli indesiderati ospiti. La moglie del titolare dell’albergo mostra tutta la sua saggezza popolare e femminile quando scopre che l’albergo vicino è ricco di clienti per la fortunata circostanza della presenza di fantasmi. E si sa, molti turisti, attratti dal brivido di un incontro ultraterreno, non lesinano a spendere il proprio denaro, pur di vivere un momento elettrizzante. Così la donna convince il marito e tutto il personale, a trasformarsi in finti fantasmi (basta un lenzuolo e qualche urlo sovrannaturale) per attrarre clienti. E la cosa funziona, al punto che perfino una vedova (interpretata dalla bravissima e collaudata interprete Mena Pischettola) alla ricerca dell’anima del marito per conoscere dove ha seppellito il denaro, prenota una stanza nella speranza dell’incontro celestiale (e interessato). Facile intuire le gag e le situazioni comiche tipiche della commedia italiana e soprattutto di quella dialettale nel gioco degli equivoci. In un momento in cui, l’incertezza della nostra vita quotidiana, che ci rende più tristi, non è facile l’arte di far ridere. Ma Latino ci riesce perché caratterizza i suoi personaggi popolari nei quali tutti riconoscono la vicina di casa o il vanitoso intellettuale, cultore di se stesso. Ma è l’effetto sorpresa a provocare la risata che non è più semplice sorriso, quando le situazioni diventano paradossali. C’è qualcosa di metafisico in questa allegria semplice che contiene sempre un seme di saggezza popolare nella quale ci riconosciamo. Come diceva Bergson il riso va compreso perché è un’espressione della vita, la comicità di parola è indispensabile quanto e forse più del gesto, specie quando si presenta maldestro e suscita il riso. Ma l’abilità di Giorgio è stata quella di riuscire a far sì che anche noi ci riconoscessimo nei personaggi e nelle situazioni che ci portano a ridere di noi stessi nelle medesime condizioni. E la morale dei veri fantasmi dell’albergo vicino che, alla fine irrompono sulla scena, impaurendo veramente i falsi spiriti, è tutta nel premio alla genuinità e alla buona fede dei mestieranti per necessità, che vengono premiati perché riescono a liberare i veri personaggi dell’aldilà che hanno compito un’opera buona. Insomma, sembra dire Latino, la bontà premia sempre. Una commedia che permette di trascorrere due ore in allegria in compagnia di bravi attori, con una recitazione convinta e credibile, frutto dell’abile regia, ma anche dell’esperienza acquisita in tanti anni di teatro dal Collettivo “La Rocca” di Molfetta. E anche questa volta ha fatto centro.
Autore: Felice de Sanctis