Prima di riportare un documento inedito quattrocentesco riguardante la nostra città, è necessario contestualizzarlo storicamente, accennando brevemente a due eventi bellici che interessarono la nostra regione nella seconda metà del quindicesimo secolo, regnante Ferrante I d’Aragona. Il 28 luglio 1480 la flotta turca, al comando di Keduck Achmet forte di circa 150 vele, sbarcava sulla costa otrantina circa 10.000 uomini. L’assalto si inquadrava in una fase di forte espansionismo ottomano, incoraggiato anche dalla benevola neutralità veneziana. Ma fu più che altro un assaggio della potenzialità difensiva napoletana, più che un deliberato progetto di invasione del regno. La resa immediata, con promessa di salvaguardia, fu rifiutata. Il 13 agosto la città fu conquistata e saccheggiata. Centinaia di abitanti furono trucidati. Mentre gli invasori si fortificavano nella città, ricevevano rinforzi da Valona, e compivano numerose scorrerie sulla costa e nell’interno, re Ferrante, per fermare l’invasione ed impedire ai nemici di avanzare nell’interno, chiese aiuto al Papa, al re d’Ungheria, ai duchi di Milano e Ferrara e ad altri. Tutti aderirono, e mandarono truppe e vettovaglie, ma senza esagerare. Venezia rifiutò l’adesione adducendo il pretesto, difficilmente oppugnabile, di aver fatto per 15 anni la guerra al Turco, abbandonata da tutte le potenze italiane, e di non aver nessun motivo di mancare alla parola data di non intervento, che era solita mantenere. Chi invece si mobilitò subito e fattivamente, furono le città pugliesi, che sentivano più direttamente la minaccia ottomana. Il Conte di Conversano Giulio Antonio Acquaviva fu tra i più validi comandanti in quella sanguinosa guerriglia che si scatenò per mesi nelle campagne e sulle coste della Puglia meridionale. Giulio morì presso la terra di Muro il 7 febbraio 1481 sorpreso con pochi uomini da una sortita della cavalleria turca. In una sua relazione inviata da Bari il 13 ottobre 1480 a Ludovico il Moro, al tempo Duca di quella città, il Commissario ducale riferisce che nel corso di una scorreria lungo la costa, i turchi «smontorno tra Trani et Malfhetta, et brusorno una bella giesia el stracio et vituperio che fecino a quelle figure et crucifixi, e cossì per tuto non ardisco narrarlo. La intentione loro fu de bruxare uno borgo de Malfhetta non poteno, perchè el conte Iulio et altre gente d’arme, li disturbò, che alhora se imbattevano a passare de lì venendo di toschana, ma sono si maligni et callidi, che non se ne lassano havere a la tratta». Si tratta evidentemente della chiesa della Madonna dei Martiri. Il provvidenziale sopraggiungere dell’Acquavia, risparmiò dunque Molfetta da un assalto con probabili tragiche conseguenze. Ferrante, dopo mesi di estenuanti trattative diplomatiche con gli Stati italiani, riuscì finalmente ad armare un esercito ed una flotta capaci di snidare gli occupanti, e il 2 maggio 1481 pose l’assedio a Otranto. Erano con lui i principali Signori del Regno, tra i quali Alfonso di Avalos, Marchese di Pescara, il conte di Sarno, il Duca di Melfi, il Principe di Salerno. Il 10 settembre la città si arrese. La vittoria cristiana fu celebrata, la crudeltà degli infedeli esecrata, la verità sulla scarsità degli aiuti sotterrata. Anima dell’assedio fu il Duca di Calabria Alfonso, soldato fra i soldati, inesausto, alieno da quei privilegi che avrebbe potuto pretendere, data la sua dignità regia. Ai fini della comprensione del documento che andiamo a pubblicare, va ricordato che a quasi tutte le città pugliesi, sia demaniali che infeudate, furono chiesti contributi in danaro, bestiame, uomini e vettovaglie. Il rimborso, quando ci fu, assunse la forma di sgravi fiscali, che furono tardivi e, spesso, invano sollecitati. Per sopperire alla endemica mancanza di denaro, e far fronte alle spese belliche, Ferrante si rivolse, inoltre, ai suoi abituali e ricchissimi finanziatori privati, tra i quali il Conte di Sarno; ma si procurò denaro anche tramite la vendita di città demaniali, arrendamenti, immobili, cariche venali e tratte commerciali. Occorre ora fare un breve accenno ad un altro evento bellico. Verso la fine del 1481 sorsero dissapori fra Venezia e gli Estensi, soprattutto per le delimitazioni confinarie. La Repubblica entrò in guerra il 2 maggio 1482: il suo maggiore avversario, a parte l’Estense, era l’Aragona di Napoli. Gli altri Stati italiani, come al solito, si divisero fra i due principali nemici, cambiando spesso bandiera, cooperando alla propria rovina e correndo a capofitto verso la non lontana conquista straniera della penisola. Il conflitto, combattuto per terra e per mare, conobbe fasi alterne, anche perché la fotta aragonese, comandata da don Federico, figlio di Ferrante, riuscì nell’estate del 1483 a mettere in difficoltà quella veneziana. Nella primavera dell’anno successivo, la Repubblica tentò il colpo di mano contro un suo antico obiettivo: la costa pugliese. Il 19 maggio Gallipoli fu presa. Nell’assalto morì Giacomo Marcello, ammiraglio comandante, sostituito da Domenico Malipiero. Cadde anche Pietro Bembo, sopracomito di galera. Il giorno dopo Nardò si arrese senza resistenza, anche se questo particolare è vivamente contestato dagli storici neritini. Nonostante questo successo la guerra, estremamente dispendiosa, cominciava ad estenuare i due contendenti, anche per il consueto sganciamento dei rispettivi e malfidi alleati. Il 7 agosto 1484 si firmava la pace di Bagnolo, che rimetteva le cose al punto di prima, dando a Venezia il Polesine e Rovigo, obbligandola a restituire a Ferrante Gallipoli e gli altri luoghi della Puglia che aveva occupato. Così come era successo per la guerra d’Otranto, anche in quest’ultima occasione le città pugliesi avevano dovuto contribuire in vari modi alle esorbitanti spese militari. Passiamo ora a descrivere il nostro documento, che risale a febbraio 1487, ed è prodotto a Napoli dalla Reale Camera della Sommaria. Questa fu un organo amministrativo, giurisdizionale e consultivo che operò nel regno di Napoli dal 1269 al 1806: controllava i conti del tesoro regio dei percettori provinciali, i rendiconti dei pubblici amministratori e quelli relativi alle imposizioni fiscali delle Università. Trattava tutte le cause in cui fosse coinvolto come attore o come convenuto il regio fisco, e i contenziosi finanziari che riguardavano privati, le città demaniali e i feudatari. Svolgeva inoltre anche attività giurisdizionale di primo grado, producendo atti noti come Consulte che potevano avere carattere consultivo o cogente, a seconda del merito, dell’entità della somma in oggetto, e delle circostanze in cui si era consumato il presunto danno all’erario. Dunque il 14 febbraio 1487 da Napoli Giulio de Scorciatis, uno dei luogotenenti della Sommaria, e Francesco Coronato, Cancelliere Generale, informano Fabrizio de Scorciatis, Percettore di Terra di Bari di un decreto reale, emesso a Pozzuoli il 10 febbraio dello stesso anno firmato per conto del Re da Giovanni Pontano, Luogotenente del Gran Camerario. Era il Pontano il vero capo dell’istituzione essendo ormai quella del Camerario una carica puramente onorifica. Nei mesi precedenti l’Università di Molfetta aveva inviato a Ferrante una Supplica, che riassumiamo. Durante le guerre di Otranto e Gallipoli per ordine reale era stato requisito a Molfetta un certo numero di cavalli ad alcuni cittadini per un valore di circa 10 once. La somma era stata sborsata ai proprietari delle bestie dall’Università e il Re aveva imposto più volte per iscritto ai due percettori dell’epoca, Angelo Serraglia e Filippo Carduccio, funzionari della Sommaria della Provincia di Bari, di scomputare tale somma dalle tasse annuali dovute da Molfetta al Fisco. Ma non solo tali ordini non erano stati eseguiti: i solleciti a che la Percettoria barese ottemperasse alle disposizioni centrali erano costati, senza risultati, altre 10 once. Ora Molfetta, che in queste due guerre aveva perduto quasi tutto il bestiame, oltre ad altri danni nel suo agro, ed era in grandi difficoltà economiche chiedeva che il nuovo Percettore Fabrizio de Scorciatis ottemperasse alle reali disposizioni di Pozzuoli. Questo, in sintesi, il merito della Supplica. Come leggiamo più avanti, le richieste vengono accolte. Il nuovo Percettore dopo aver verificato che la nostra città non sia stata soddisfatta del suo credito, e che non sussistano altri ostacoli di varia natura, dovrà immediatamente procedere ai pagamenti, restando inteso che in caso di dubbio si dovrà avvisare comunque la Sommaria. La requisizione dei cavalli era avvenuta per ordine di due comandanti dell’esercito aragonese: Moncelio Arcamone e Pirro del Balzo, principe di Altamura. Il primo, patrizio barese era signore di Ceglie e Binetto, ed operava in stretto contatto con il barone Matteo Crispano, comandante di cavalleria, Castellano di Taranto, signore di Laterza, nonché delegato alle forniture di cavalli e salmerie. Il secondo, tra i maggiori baroni del Regno, Gran Connestabile, subito dopo a caduta di Gallipoli era stato convocato da Ferrante perché fronteggiasse l’emergenza e organizzasse la riscossa. Fu tra i maggiori protagonisti della famosa Congiura dei Baroni, volta ad abbattere la dinastia aragonese. Catturato nell’estate del 1487, ed imprigionato insieme al figlio Beltrando in Castel Nuovo, non ne uscì più vivo. La guerra di Otranto e quella di Gallipoli mostrarono ancora una volta quanto fosse precario l’equilibrio degli Stati italiani, perennemente in lotta tra di loro, senza che nessuno riuscisse a consolidare un predominio duraturo sulla penisola. Incombevano intanto gli eventi che avrebbero portato nel volgere di pochi anni alla rovina della dinastia napoletana, e all’inizio del dominio franco-spagnolo su buona parte del Paese. Il 3 settembre 1494 Carlo VIII Re di Francia varca i confini d’Italia; il 22 febbraio dell’anno dopo entra trionfalmente in Napoli. Al nuovo Re Ferdinando II detto Ferrandino non servirà più requisire uomini e cavalli. Il 2 settembre 1502 Federico, ultimo Aragona di Napoli, si imbarca alla volta della Francia, dove Luigi XII gli ha assegnato la contea del Maine, con una rendita di 30.000 scudi: quanto li basta per vivere decorosamente un triste esilio. Muore a Tours il 9 novembre 1504. Perceptore: per parte de la università et homini de molfecta de quessa provincia de terra de bari e stato presentato in quessa camera uno memoriale porrecto al signore Re et per sua maesta decretato del tenor sequente. S. M. la università et homini de la terra de molfecta humili sclavi et vaxalli de quella exponeno como in la guerra de otranto et de gallipoli foro tolti certi cavalli per servicio de Vostra Maiesta per Moncelio Archamone et per lo prencipe de altamura a certe particolari persune citatini et quilli foro pagati a dicti citatini per epsa università in summa de unze chirca vinte Et vostra maiesta piu litere ha facto scrivere et comandare ali percepturi passati como e stato angelo serraglia et felippo carduccio havessero excomputati dicti dinari dali pagamenti fiscali et fochi et non lo hanno voluto fare dove sonno spese chirca unze dece in obtinere de fare pagare dicti dinari per questo se supplica per parte de dicta università se digne vostra maiesta de comandare al perceptore novo fabricio de scorciatis habea ad passare tali dinari de dicti cavalli ali pagamenti fiscali secondo lo tenore et forma de le letere de vostra maiesta ali percepturi passati non obstante omne altra commissione vostra maiesta havesse cmmisso a dicto percettore actento che dicta università per havere perduta la intrata in questa guerra et tucto l0 bestiame et li altri guasti et ruine in lo tenimento suo non porria rendere al presente ad quill che e tenuta: tenor vero regie decretacionis talis est Camera Summarie provideat observari cmmissiones regias et literas in talibus emanatas provi sum per dominum regem In civitate puteolorum X februari 1487 Iohannes pontanus . lo quale preinserto memoriale in dicta camera presentato volendono obedire ali comandamenti de lo signore re secondo simo tenuti ve facimo per cio la presente per la quale ve dicimo et officii authoritate qua fungimur comandamo che ve debeate diligentemente informare de le dicte litere del signor Re directe tanto ad angelo Serraglia, quanto ad filippo carduccio vostri predecessori chirca la satisfactione da farese a dicta università de lo preczo de dicti cavalli et trovandovo non essereno state quelle in tucto o in parte per loro exequto et che dicta università non sia stata per altra via satisfacta de loro preczo de dicti cavalli debeate vuj dicte regie litere ad unquem exequire iuxta loro continencia et tenore iuxta la forma de la preinserta regia decretiacione nonce essendo pero altra causa in contrario per la quale non se devessero quelle exequire quo casu s’intende debeate per vostre letere advisare ad cio che se possa provedere ad quanto serra de iusticia Et non fate lo contrario per quanto havite cara la gratia de lo signore re. Datum neapoli in eadem camera summarie die XIIII februarij 1487. Post datum: quanno in quisso ve occorresse alcuno dubbio perche non devissivo dicte letere exequire ncende avisarite. Datum ut supra. Iulius de scortiatis locumtenens. F. Coronatus pro magistro actorum. Fabricio de Scorciatis. © Riproduzione riservata