Caso Cooperativa Antares, parte il processo: il Comune tra le parti offese
Sul banco degli imputati il presidente e un componente del CdA
Si svolgerà il 17 giugno prossimo l’udienza preliminare, in relazione alla richiesta di rinvio a giudizio del Pubblico Ministero Luigi Scimè, nei confronti di Gianni Luigi Sallustio, presidente della cooperativa Antares e di Antonio Luigi Rinaldi componente del CdA della cooperativa. Per il PM in più occasioni il Sallustio minacciava ingiustamente sei soci di escluderli dalla cooperativa e dall’assegnazione degli alloggi, al fine di indurli a non opporsi all’assegnazione in suo favore, dei locali a piano terra dell’edificio in costruzione. Un profitto ingiusto, che veniva poi realizzato, con la complicità del componente del CdA della cooperativa Luigi Rinaldi, il quale ammetteva nella compagine sociale cinque soci di comodo al fine di alterare fraudolentemente la maggioranza, ed escludeva dalla cooperativa i sei soci che si opponevano alle pretese del presidente. Una esclusione motivata dal fatto che si erano opposti al pagamento di 30.500 euro da versare in breve tempo, per i lavori di costruzione dell’edificio. Sistemata la compagine sociale Sallustio provvedeva alla illegittima assegnazione dei locali in suo favore a prezzo vantaggioso, concretizzando così l’illecito profitto e l’ingiusto danno dei soci esclusi. C’è da dire che sul piano civilistico i soci esclusi hanno avuto ragione. Infatti, il Tribunale Civile, sulle decisioni del Giudici Unico nominato dalla Camera di Commercio di Bari, li ha reintegrati nella cooperativa. Atra condotta illecita del presidente Sallustio, la falsa la dichiarazione di denuncia di smarrimento del registro delle assemblea della cooperativa, proprio nel giorno della visita ispettiva del Ministero delle Attività Produttive. Per il Pm, l’intento del Sallustio era di impedire che gli ispettori scoprissero delle irregolarità nella gestione della cooperativa. Per il Pm i suddetti fatti configurano un preciso disegno criminoso, tale da chieder il rinvio a giudizio. La prima udienza doveva tenersi il 5 maggio scorso, spostata su richiesta dei legali degli imputati al 17 giugno prossimo. Di questa vicenda nel passato ne abbiamo parlato diffusamente, non tanto per scrivere di una lite condominiale, ma per le implicazioni pubbliche. Quando i soci non disponibili ai voleri del presidente chiesero al Comune la verifica dei requisiti degli assegnatari, ebbero la percezione di trovarsi di fronte ad una burocrazia reticente, che non voleva impicciarsi della cosa e quando lo ha fatto è stato a senso unico. Controlli sui requisiti dei soci molto labili (a campione), soci che prima venivano sospesi per mancanza di requisiti e poi venivano successivamente riammessi, sulla base di perizie di parte veramente curiose. Uno attestò di vivere in un’abitazione di 3 vani, 1/3 di proprietà, con deficienze igieniche e sanitarie, un altro invece dichiarò di essere proprietario di 2 immobili in Milano (1,5 vani e 4 vani), che messi insieme producono un reddito figurativo (Che significa?) inferiore a quello dell’immobile in costruzione. Decisioni forse sufficienti per il formalismo burocratico, percepite però come poco affini alla terzietà e imparzialità della pubblica amministrazione. Forse in questo campo c’è una fragilità di sistema, regole poco chiare e maglie troppo larghe, che permettono comportamenti che avvantaggiano troppo alcuni e penalizzano troppo altri. Politici e funzionari preferiscono non interferire lasciare che gli interessati se la sbrigano da soli, per poi agire quando l’Amministrazione teme di essere tirata in ballo, per un eventuale peccato di omissione, con tutto ciò che potrebbe conseguire sul piano civilistico. Infatti, in questo caso, il Comune ha comunicato all’autorità giudiziaria, di essere parte offesa nel procedimento, insieme ai 6 soci della cooperativa Antares.
Autore: Francesco Del Rosso